Lo ha detto il presidente della Corte d’appello di Perugia, Mario Vincenzo D’Aprile. Sergio Sottani fotografa lo stato della giustizia in Umbria
Il presidente Mario Vincenzo D’Aprile, della Corte di Appello di Perugia aprendo l’inaugurazione dell’anno giudiziario ha affrontato vari problemi attinenti il delicato settore della magistratura umbra : i reati, le problematiche del territorio ed affrontato la situazione del distretto che reputa “complessivamente positiva” con “la produttività generalmente aumentata, il settore civile, ovunque, in miglioramento, sia pure con risultati differenziati tra i vari uffici”.
Il presidente ha aggiunto “Nell’anno giudiziario che sta per iniziare gli uffici giudiziari dell’Umbria, pur tra le difficoltà sapranno continuare il processo di miglioramento che già è in atto e sta manifestando i primi risultati. Noi tutti non ci illudiamo che si tratti di un compito facile, ma siamo abituati a fronteggiare quotidianamente difficoltà di ogni tipo e continueremo a farlo. Alcune criticità si registrano solo nel settore penale, in particolare presso il Tribunale di Spoleto e, quanto al dibattimento collegiale, anche al Tribunale di Perugia. La causa è rappresentata principalmente da un accumulo di arretrato negli anni pregressi, sostenuto da notevoli sopravvenienze e, anche per questo, difficilmente eliminabile, in breve tempo, con le risorse a disposizione”
Di seguito l’intervento del Procuratore Sergio Sottani
Nell’esame sull’andamento della criminalità, ci si accorge come la nostra regione è afflitta da attività criminali comuni al territorio nazionale, ma con una spiccata propensione per quelli legati al traffico di sostanze stupefacenti, reati contro il patrimonio, soprattutto furti in abitazione, oltre a quelli informatici, vorticosamente aumentati negli ultimi anni. La risposta delle forze di polizia e della magistratura inquirente sembra essere adeguata, anche se la durata dei dibattimenti è spesso eccessiva. Rimangono troppi gli omicidi colposi in materia di infortuni sul lavoro e quelli stradali: per questi ultimi si è stipulato un protocollo regionale per l’accertamento dello stato alterato di guida per effetto di sostanze stupefacenti od alcoliche.
Sono in costante aumento i reati commessi da minori, sintomo evidente di una difficoltà generazionale. Malessere frutto anche delle scarse prospettive di mobilità sociale ascensionale per i giovani del territorio. Al contagioso violento ribellismo 2 adolescenziale, non può rispondersi con la sola repressione penale. Per questo appare fondamentale il ruolo svolto dagli uffici requirenti nel settore civile. In ordine ai reati ambientali, la recente modifica costituzionale dell’art. 9 impone un maggiore impegno, in quanto troppi procedimenti giungono alla sconfortante conclusione della dichiarazione di prescrizione per avvenuto decorso del termine per il loro accertamento. Per quanto riguarda i reati di genere, si sono tenuti continui incontri formativi, volti allo scambio di buone prassi organizzative e stipulato protocolli. Quindi non solo un’attività repressiva, ma convinta promozione di una cultura di prevenzione, a cominciare dall’attività dell’Osservatorio in materia di linguaggio giuridico. In una regione come l’Umbria, storicamente aliena da radicamenti di consorterie mafiose, forte è invece il rischio concreto, così come emerso da indagini oltre che da interdittive prefettizie, di una presenza ormai stabile di personaggi, la cui occupazione principale consiste nel riciclaggio di proventi dell’attività criminosa di associazioni mafiose.
I settori a maggiore rischio sono quelli tradizionalmente trainanti l’economia locale, quali l’edilizia, l’agroalimentare, il turistico alberghiero. Dalle infiltrazioni mafiose non ci si difende con l’illusione dell’essere provincia, come tale impermeabile a fenomeni criminali mafiosi. Semmai è l’integrità dell’ambiente sociale che può arginare l’attività criminale in quanto quello moralmente corrotto è inevitabilmente disponibile alle lusinghe delle associazioni mafiose. Particolare cura, dunque, va prestata al perseguimento di reati di evasione fiscale, al pericolo di infiltrazione mafiosa negli appalti pubblici ed ai reati di corruzione dei pubblici amministratori.
E’ innegabile la difficoltà di accertamento dei reati in tema criminalità economica, finanziaria e contro la pubblica amministrazione, tradizionalmente definiti dei c.d. “colletti bianchi”, per le ramificate collusioni e gli intrecci occulti che li caratterizzano, ma ciò non può far riemergere quella distinzione tra il codice penale applicato ai “galantuomini” da quello inflitto ai “briganti”. In tali procedimenti, così come insegna il recente passato in questo distretto, appare essenziale, il ricorso all’uso di intercettazioni di conversazioni, se non altro per superare il nesso omertoso che lega i compartecipi dei sodalizi criminosi e per ricostruire la rete di collegamento. A chi lamenta la commissione di abusi da parte di magistrati o di pubblici ufficiali, sia nel momento dell’utilizzo dello strumento investigativo che della divulgazione del contenuto delle conversazioni captate, si deve replicare che anche qualora tali 3 abusi venissero effettivamente accertati e non genericamente denunciati, ciò non potrebbe certo comportare il divieto in generale di tale indispensabile mezzo di accertamento di condotte criminose di enorme gravità.
La tutela della riservatezza, soprattutto dei terzi coinvolti nei procedimenti penali, da estendersi ai dati estratti dalle copie forensi dei dispostivi elettronici, è un valore essenziale ed irrinunciabile a cui questo Procuratore Generale ed i Procuratori del distretto hanno dedicato appositi incontri e redatto linee guida. Così come si è dedicata particolare cura al rapporto con gli operatori di informazione giudiziaria della regione con i quali si è creato un Osservatorio per individuare un “modello umbro”, capace di delineare un non facile equilibrio tra esigenze di segretezza e dovere di comunicazione . Nell’anno trascorso vi è stato un imponente sforzo organizzativo degli uffici requirenti umbri con risultati tangibili in tema di trasparenza della propria attività, automazione delle procedure, reingegnerizzazione dei siti internet, redazione di bilanci sociali.
Sforzo organizzativo ancor più meritorio se si consideri come inopinatamente le risorse del PNRR confluite nell’Ufficio del Processo sono state destinate esclusivamente agli uffici giudicanti e non a quelli requirenti, che pure hanno estremo bisogno di personale specializzato in materia di contrattualistica pubblica, di statistica e di informatica. In collaborazione con la Corte d’Appello, ci si è dotati di un servizio trasversale in materia di banca dati che ha realizzato un progetto innovativo per offrire una visione aggiornata e completa dell’evoluzione giurisprudenziale del distretto. Tale collaborazione, unica a livello nazionale, è stata segnalata dal Procuratore Generale della Cassazione nella sua relazione dell’altro giorno. Queste sono le risorse di cui gli uffici giudiziari requirenti hanno bisogno! Possibilmente a tempo indeterminato e non solo per un biennio, come attualmente previsto dal PNRR per l’UPP. Nell’anno appena decorso si sono modificati i codici di procedura penale e civile, oltre che la normativa in tema di ordinamento giudiziario. La magistratura requirente del distretto ha coinvolto quella giudicante e la locale avvocatura sull’interpretazione di un dettato normativo non sempre univoco ed in alcuni casi palesemente contraddittorio. 4 In generale, le modiche introdotte hanno talvolta determinato appesantimenti burocratici che rendono inutilmente gravoso il lavoro delle procure ordinarie, senza alcun beneficio in termini di garanzie della difesa. Non convince neanche l’istituto dell’improcedibilità in appello, per i suoi sospetti di illegittimità costituzionale oltre che per la sua natura di mannaia, ad effetto ritardato, su processi nei quali è stato già definito il dibattimento di primo grado. È indubbia l’accelerazione informatica che da tempo si auspicava. Assolutamente meritoria la previsione degli istituti di giustizia riparativa, per superare l’obsoleta concezione carcerocentricea del sistema penale. Anche in questo distretto emerge come i condannati appartengano essenzialmente a fasce disagiate delle società, nei cui confronti il carcere non esercita un’efficace forza dissuasiva dalla commissione di reati, senza considerare il dato drammatico dei quattro suicidi e ben 58 tentativi di suicidio verificati negli istituti penitenziari regionali. L’occasione è propizia, inoltre, per rinnovare la richiesta dell’istituzione in Umbria della REMS. Nonostante le recenti profonde modifiche normative, già si parla di nuove ed ulteriori riforme. Il diritto ha necessità di stabilità e certezze ed il quotidiano servizio giurisdizionale non può vivere in uno stato di continuo assestamento.
Inoltre, ad oggi manca un articolato progetto di riforma, eppure i toni del dibattito hanno già raggiunto livelli così accesi, da far riemergere una conflittualità che si riteneva e si sperava definitivamente abbandonata al passato. In questo contesto il magistrato che lavora in silenzio sembra quel pianista dei vecchi film western che continua a suonare mentre tutt’intorno gli altri stanno sparando. Invocare come priorità del sistema la riforma della separazione delle carriere dei magistrati, significa mistificare il dato di fatto per cui ormai sono estremamente marginali i casi in cui un magistrato passi da una funzione all’altra. Chiedere l’abbandono del principio costituzionale dell’obbligatorietà dell’azione penale, sulla falsariga di ordinamenti stranieri di origine anglosassone, dovrebbe fare i conti con elementari principi di geopolitica giuridica internazionale che segnalano le crisi di rigetto di innesti tra sistemi giudiziari profondamente differenti tra loro, quali, innanzi tutto, quelli di civil law e di common law. Basti ricordare al riguardo l’utilizzo decisamente inferiore alle attese dei riti alternativi nel processo penale introdotto nel 1989 o la scarsa percentuale numerica 5 di procedimenti ai sensi della legge 231 del 2001 sulla responsabilità “quasi penale” degli enti amministrativi.
Al termine di queste sintetiche considerazioni piace ricordare come saper conciliare la dimensione quantitativa degli affari con la qualità del servizio continua, nonostante tutto, ad essere la sfida più impegnativa dell’attività del magistrato. Il necessario recupero di efficienza del sistema giudiziario, di cui è testimonianza lo sforzo organizzativo degli uffici requirenti del distretto, non può tuttavia ridursi all’esasperata ricerca del mero dato numerico degli affari definiti, in quanto la Costituzione impone che l’amministrazione giudiziaria garantisca l’effettiva eguaglianza dei cittadini, intesi come persone in un’accezione universalistica dei diritti, e che la giustizia non sia mai l’utile del più forte. Una magistratura che deve manifestarsi autorevole, forte della sua professionalità, e non rapsodica ed imprevedibile, la cui funzione essenziale per la democrazia è stata in questi giorni riaffermata dal Presidente della Repubblica. Una magistratura che deve essere autentica espressione di autonomia e indipendenza, sinonimo non di privilegi corporativi di una casta, ma come convinta affermazione di valori strumentali alla bussola costituzionale del principio di uguaglianza e sideralmente distante dai centri di potere economico, finanziario, politico, mediatico ed affaristico. Lontananza che deve ancor più marcarsi in distretti piccoli come quello umbro.
Particolare attenzione va dunque riservata al lavoro del Consiglio Giudiziario. Peraltro, va constatato come anche in questa Regione, in occasione di pubbliche cerimonie, non sempre si riconosce il ruolo propulsivo della magistratura quasi che la partecipazione fattiva a protocolli con altre istituzioni territoriali non rappresenti un significativo contributo all’evoluzione culturale e quindi sociale del territorio stesso. Così come il controllo di legalità non può essere percepito dal potere politico, economico e mediatico come un lacciuolo burocratico ma, al contrario, dovrebbe essere vissuto come fattore di sviluppo, proprio perché garantisce il rispetto delle regole e la tutela dei diritti. La speranza di una rinascita del paese che coincida con il recupero di autorevolezza della magistratura può apparire mera utopia. Caduta l’illusione dei novelli Don Abbondio sul ruolo salvifico della “scopa della Provvidenza”, per cui il covid avrebbe spazzato via le cattive abitudini, rimangono i burrascosi tempi che viviamo, in cui è impossibile restare spettatori passivi. 6 Anche nel mondo del diritto. dove, con una citazione finale, che si aggiunge ad altre mimetizzate in quest’intervento, “il segreto della giustizia sta in una sempre maggior umanità e in una sempre maggiore vicinanza umana tra avvocati e giudici nella lotta contro il dolore”. Umanità e vicinanza che, mi permetto di affermare a chiusura di quest’intervento, devono essere patrimonio comune di tutti i magistrati della nostra piccola e bella Umbria.