Aria pulita, nessuna sonorità, ambiente verde dappertutto
di Adriano Marinensi
Per alcune settimane, al mare, ho fatto una fugace esperienza di vita nuova. Immaginate il territorio racchiuso nel cerchio avente un raggio di circa trecento metri e pensatelo completamente privo di accesso ai motorizzati. Esclusi perché non avrebbero posto dove mettere le ruote: tra il costruito, esiste soltanto una trama di viottoli accessibili ai pedoni, alle biciclette e basta. Dentro quello spazio, sono tornato pure a riveder le stelle, nascoste dalle luci della città.
Territorio – due passi dall’arenile, a bandiera blu – appena oltre la pineta e le dune di sabbia, nella Maremma toscana; territorio grande pressappoco quanto tre stadi di calcio. Durante tale tempo e in tale luogo, stando in giardino, non ho visto motori a scoppio, né udito scoppio di motori. Mi è parso un sospiro di sollievo.
Ricco il patrimonio ambientale, la pineta silente che corre parallela al mare e ti fa respirare il salmastro e il profumo di resina insieme. E’ animata dal frinire delle cicale, servita in mezzo da un’ampia strada sterrata, chiusa al principio ed alla fine. L’unico “motore” che vi transita è della nettezza urbana, però ad alimentazione elettrica. Come dire la cultura ecologica.
Tutto verde nel cerchio magico, enormi prati di gramigna, rasati a due dita da terra, chilometri di siepi di arbusti, alte e squadrate, quasi fossero di mattoni. Per delimitare le aree d’uso privato e ornare i vialetti. Ovunque, pini maestosi, folta chioma a cupola, a fare ombre impenetrabili; oleandri fioriti, rossi, rosa, bianchi, gialli. Attorno alla circonferenza, i centri sociali e commerciali, i parcheggi di attestamento, la mobilità tradizionale.
E allora vediamole alcune regole di orientamento interdisciplinare dell’abitare, che sia rispettoso degli abitanti. L’organizzazione viaria che allontani il traffico dagli usci delle case, zone di rispetto antirumore, il territorio utilizzato con razionalità, considerazione del verde quale elemento di arredo urbano, riduzione delle cacofonie che oggi percuotono le città grandi e piccole. E affliggono ogni momento dell’esistenza quotidiana.
Poi, tenersi lontani dalle speculazioni che hanno carcerato l’uomo dentro il cemento: un nemico pericoloso il cemento (lo ripeto per l’ennesima volta e chiedo scusa) perché è armato. Un’arma semmai da usare contro il metodo palazzinaro. Aggravato dal raggiro dell’edilizia perpendicolare, realizzata – sostengono i suoi teorici – per riservare ampi spazi di aggregazione civile: nella realtà i grattacieli sono sorti, le infrastrutture di comunità assai meno del promesso.
Torno al racconto della mia breve vacanza balneare, invasa dalla siccità. Tranne dentro il cerchio sopradescritto, sempre verde secondo natura, perché dotato di un esteso impianto di irrigazione, attivo ogni notte, a tutela della vegetazione mantenuta rigogliosa, anche per la cura dei solerti giardinieri in servizio permanente. Impianto basato su un doppio circuito: l’idrico potabile e l’altro per il resto. Come dovrebbe esserci laddove – per esempio, a Terni – esiste una fonte (il fiume) che potrebbe fornire acqua per l’agricoltura e per ogni altro settore ove la potabilità non è necessaria.
Ho frequentato alcune volte pure l’ombrellone, nel mondo giulivo del far nulla. C’erano il nonno sedicente Ingegnere capo del Genio civile a dirigere – secchiello, paletta e il patetico costume da bagno, strabordante d’adipe – il nipotino impegnato nell’ erigere costruzioni vane; i fanatici della tintarella, stoicamente esposti alla canicola, le donne per esibirla al ritorno in ufficio, gli uomini sui campi del Tennis club; il bell’imbusto che rischia l’asfissia, stando in apnea permanente; la ragazza bionda smielata a ronzare intorno all’aitante bagnino.
Quindi il babbo balengo che tira per i piedi il figlioletto, onde tracciare, a mezzo del sedere di lui, la pista da corsa con le palline di plastica. Il “vu cumprà” invitato, con grinta, a non disturbare il riposo della clientela. Nel bar dello stabilimento mi hanno riferito che vanno, questa estate, alla grande il tanga e il minitanga, un filo sottile in mezzo al “rovescio della medaglia”. Nel dritto, poco più di un francobollo, sopra la raccomandata. C’è addirittura chi (non sono pochi) – abituato ad una esistenza molto attiva – dopo qualche giorno di vacanza, comincia a soffrire di oziofobia, la paura delle giornate vuote, la mente senza pensieri. Lo certificano psicologi e psichiatri.
Poi c’è l’altra “fauna” della spiaggia libera. Dove prevale il “fai da te”. Famiglia media prevalente: marito, moglie, due o tre figli, la suocera fisicamente ingombrante appresso. Arrivano presto, a ranghi compatti, per la conquista del posto più prossimo a dove l’onda fa la risacca. Corredo minimo: l’ombrellone o due, dentro la custodia di tela a tracolla, un paio di sdraio e altrettante sedie da regista, teli multicolori da sciorinare attorno, il “ciambellone” e l’enorme caimano gonfiabili per il bagno dei più piccoli. Spesso presente il frigo da pic nic per la colazione sull’erba, pardon, sulla sabbia. Sono alcune figurine da spiaggia, immagini di un trascorrere vuoto e perduto.
Avviandomi alla conclusione, tengo a sostenere due cose. La prima che sono sopravvissuto pure senza lo spessore culturale della movida, privato degli spettacoli estivi di musica altisonante, orbato degli oziosi nottambuli; la seconda, a ribadire che, senza motore a scoppio, nella natura, in ambiente salutare, vivere si può. Io ho potuto, durante un periodo purtroppo breve.
Quindi sono tornato a Terni, costretto a sopportare la “voce della città”, vale a dire il concerto dei decibel in libera uscita, che ti aggredisce di giorno e di notte, costretto a respirare aria pesante (chiamo a testimoniare le centraline di rilevamento); laddove l’unico silenzio profondo è quello della politica amministrativa che dovrebbe risolvere i problemi ambientali e invece non fa manco … il minimo rumore. Pazienza!
Digressione finale. Come ho già scritto, c’è un ritorno strepitoso sul palcoscenico dell’alta politica: Si tratta di nonno Silvio (il Berlusca). Dopo un momento di eclissi (parziale di luna), si dà per certo che, in caso di vittoria elettorale della destra, sia candidato ufficiale alla seconda carica della Repubblica: La Presidenza del Senato, Vice di Mattarella. L’“Oscar alla carriera”, pienamente dovuto, malgrado l’accresciuta senilità. Lo certifica il proverbio: Con il tempo e con la paglia …
Mi pare giusto dimenticare i processi, le imputazioni prescritte (fatte prescrivere?), le condanne, le olgettine (cavalle del Cavaliere) che godevano del loro sponsor, quando lo sponsor ce la poteva ancora fare. Poi, le cene eleganti, il lettone di Putin, il corrotto avvocatone inglese, l’igienista dentale, promossa al rango di Consigliere regionale lombardo, la quale si assunse il delicato incarico di custodire la nipotina di Mubarak. Etc., etc, etc. Il tempo trascorre veloce e fa mutare le mogli, le fidanzate, gli usi e i costumi. Dunque, scurdammoce ‘o passato. E l’omino di Arcore (grazie Giorgia!) sia elevato a Presidente del Senato. Eia, eia, eia alalà!