Pubblicata la relazione della Commissione parlamentare d’inchiesta
di AMAR
Per dimostrare l’importanza della notizia richiamata nel sottotitolo, riferita al più drammatico sinistro della Marina civile italiana, occorre fare, seppure in estrema sintesi, il riassunto delle puntate precedenti. Iniziando dalla notte tra il 10 e l’11 aprile 1991. E’ già notte quando il traghetto Moby Prince, salpato dal porto di Livorno, inizia la traversata verso Olbia, in Sardegna. Ci sono a bordo 65 persone di equipaggio e 75 passeggeri.
Da poco uscito dalla rada, il piroscafo entra in collisione con la petroliera AGIP Abruzzo. La prua della Moby si infila in uno dei compartimenti della Abruzzo, contenente 2700 tonnellate di petrolio. La gran parte si riversa in mare e dalle 100 alle 300 tonnellate investono il traghetto. Lo sfregamento delle lamiere innesca l’incendio. Viene lanciato l’SOS. A bordo ovviamente è il panico. Le fiamme si propagano, mentre partono i soccorsi che dovrebbero essere immediati perché il sinistro è accaduto non distante dalla banchina.
Però, il buio è pesto e i motori della Moby continuano a funzionare con l’effetto di spostare la nave distante dal punto d’impatto verso il quale sono diretti i soccorritori. Che cominciano a spegnere le fiamme circa un’ora e mezza dopo l’incidente, quando il fuoco aveva avvolto lo scafo. Una parte delle persone a bordo muoiono subito; le altre per asfissia dovuta alla combustione del petrolio in fumo e gas. Nelle perizie, nelle inchieste e nelle aule di giustizia sono state prese in esame numerose cause della sciagura: dall’errore umano, alla disattenzione del personale ai comandi. Disattenzione provocata dalla partita Juventus – Barcellona, trasmessa la sera in T. V.
Un ruolo non marginale venne attribuito alla nebbia improvvisa, che può essere provocata dalla discesa di aria calda sulla superficie fredda del mare. Seguirono approfondimenti in sede giudiziaria e politica. E’ del 2015, la nomina della prima Commissione parlamentare d’inchiesta che se l’è presa un po’ con tutti ed ha smentito alcune deduzioni d’accusa. Per “ricercare e valutare nuovi elementi sulle cause del disastro”, nel 2021, il Parlamento ha nominato un’altra Commissione che – il 15 settembre 2022 – (ieri) ha pubblicato la sua relazione. C’è una novità non marginale che può determinare una svolta investigativa: La presenza, sul luogo del sinistro, di una terza imbarcazione. Pare fosse di nazionalità somala, alquanto chiacchierata per via di un certo traffico illecito di petrolio e d’armi, imbarcazione risultata quel giorno attraccata nel porto di Livorno.
Avrebbe tagliato la rotta alla Moby Prince, “costringendola ad una brusca virata” che l’ha indirizzata verso l’AGIP Abruzzo, peraltro ancorata in posizione non consentita. La relazione sostiene pure che “le ipotesi di una bomba a bordo, della nebbia incombente, della distrazione degli uomini di comando hanno contribuito a creare confusione su ciò che è realmente accaduto la notte del 10 aprile 1991”. Sul piano giudiziario, tre processi e una inchiesta archiviata non sono riusciti a togliere i veli e accertare le ragioni di alcuni depistaggi. Ha detto, tra l’altro, il Presidente della Commissione: “Abbiamo suggerito due piste da seguire in futuro”, a significare che la telenovela non è ancora finita. Cosicché, a questo punto, è possibile affermare: Si sa per certo che 140 persone persero la vita e sono trascorsi 31 anni (più 158 giorni) dalla data della strage ad oggi. Salvo l’impegno profuso, un po’ poco nella individuazione della assoluta verità. Accrescendo il naturale disagio dei familiari delle vittime.