L’esempio di un giornale studentesco di quasi mezzo secolo fa
di Adriano Marinensi
Volevo presentarlo io, ma ha orgogliosamente preteso di presentarsi da solo. E allora, prego, si accomodi. Dice: Mi chiamo L’Archibugio, giornale studentesco di idee, fatti e polemiche, come sta scritto sulla testata. Sono nato nel lontano 1954, quindi, se appartenessi al genere umano, sarei un anziano di anni 68, nato a Terni, nella scomparsa Tipografia Nobili. Aggiungo, edito per iniziativa di un gruppo di giovani, in prevalenza ternani, organizzati dal mio Direttore responsabile Sandro Boccini. Però, con la fattiva collaborazione di studenti di Rieti, Foligno e Orvieto. Otto pagine, bianco e nero con foto, formato quotidiano, composte elusivamente a mano, lettera per lettera, riga per riga, da valenti artigiani della stampa.
Raccolsi l’eredità del gemello Il Ficcanaso, pure lui policentrico, per continuare un percorso di notevole interesse all’epoca, finalizzato ad aprire un confronto costruttivo intorno ai problemi della scuola ch’era autorevole, però ancora un po’ autoritaria. E poco disponibile alle spinte del mutamento didattico e politico espresse da una parte del mondo studentesco. Sono stato – intendo precisarlo – un periodico scritto dagli studenti per gli studenti, dai giovani per i giovani.
Ritenni quindi d’esser idoneo a suscitare interesse intorno a questioni importanti e di difficile composizione, quando ancora, per il soggetto principale della scuola, non esistevano spazi di inserimento dialettico. La “materia prima” che mi aveva dato vita, era rappresentata dallo spirito critico e dalla voglia di essere, in qualche modo, partecipe del processo sociale e dello sviluppo democratico. I giovani che mi sostennero avevano giurato di diventare – si legge nell’editoriale – l’onesto megafono dei nobili sentimenti studenteschi, muovendo lungo i binari della serietà, dell’indagine oculata, dell’inchiesta su quanto ruota dentro e attorno al mondo della scuola. Infine, l’ardita esternazione: Saremo intransigenti nei confronti di coloro che ci avversano per motivi di parte.
Annota L’Archibugio che gli incontri redazionali per allestire il periodico, furono pure l’occasione per fare gruppo, per stare insieme, per attivare sani sentimenti di amicizia. Per costruire una idea, una proposta, un progetto. Si può aggiungere che, nella azione degli archibugieri, si avvertì il desiderio di mettere a disposizione della scuola, lo spirito giovanile che è sempre alimento di sviluppo sociale e culturale. E senso civico di partecipazione costruttiva a favore di una città (Terni) allora cosparsa di ferite aperte dalla guerra, conclusa da appena un decennio. Era una comunità popolare, attiva e impegnata nella ricostruzione, con l’apporto di tutte le sue componenti.
Dunque, dall’autopresentazione appena pronunciata da L’Archibugio par di intendere che fu una esperienza positiva e utile. Fece passare il messaggio del protagonismo che rende attivo l’impegno e l’operosità. Nella fattispecie, il richiamo diffuso da un agguerrito manipolo di ventenni, soprattutto ternani, per muovere le acque in un mare (di provincia) non ancora pienamente investito dalle onde della democrazia. Il desiderio di rendersi disponibili nell’aprire il confronto intorno alle chiusure di un sistema didattico un po’ troppo autoreferenziale e timido di fronte al cambiamento. Un tentativo di sollecitazione con l’ arma bianca di un giornale di carta che pure riuscì a scuotere taluni ambienti orientati alla conservazione. C’era pure bisogno di libertà per ragazzi che avevano vissuto uno spicchio di fascismo e, per intero, la sua disastrosa guerra.
Va rimarcata, oggi come allora, la disparità di stile tra uomo politico e politicante: in questa operazione di lealtà, l’apporto del mondo giovanile è imprescindibile. L’arte del politicante è far credere bianco ciò ch’è nero; invece il politico vero dice bianco al bianco e nero al nero. Che ci fa pure rima. C’è inoltre (oggi) un gran bisogno di riscoprire la libertà della politica da elementi fuorvianti, per suscitare verso di essa passioni nuove e maggiore rispetto del servizio che la buona politica offre alla comunità. Senza escludere la necessità di modificare il profilo di presenza dei partiti che si mostrano (e non devono esserlo) arroccati oltre il ponte levatoio. Nel panorama ternano, va rimossa l’azione inadeguata del governo locale.
A Terni e nel Paese, esistono almeno due pericoli per la democrazia: 1) la crescente diserzione degli elettori dalle urne, testimoniata fortemente dalla occasione di domenica scorsa; 2) l’avanzata costante delle espressioni reazionarie (e qualcuna pure revancista), dietro le quali si affollano sempre i cultori del perbenismo egoista e, peggio ancora, i cosiddetti poteri forti. Sarebbe amaro osservare che (oggi), a Terni, esistono gli strumenti per il rinnovamento, però non ci sono più i giovani interessati a farne parte attiva.
Allora, la conclusione diventa un invito: Giovani ternani, abbandonate le inani tiepidezze del disimpegno (pure gli ozi infecondi della movida), allo scopo di riconquistare il ruolo che vi spetta, in campo culturale, civile, amministrativo. La città, purtroppo assuefatta alla mediocrità, necessita di sollecitazioni al rilancio e spinte progressiste. Giovani ternani, se decidete di fare la rivoluzione (pacifica, si capisce) datemi una voce: vorrei essere presente. Con lo stesso entusiasmo che mi vide in prima fila nella redazione di quel periodico di idee, fatti e polemiche. Nota Bene: Il discorso de L’Archibugio l’ho proposto soltanto quale esempio generoso, seppure remoto.