Il dittatore russo ordina la distruzione a tappeto dei simboli più cari alla memoria del popolo di Kiev. Violato il diritto internazionale
di Bruno Di Pilla
Fingendosi ossessionato dalle invasioni nei secoli scorsi di Napoleone e Hitler, il tiranno Putin continua a mentire sulle reali motivazioni che lo hanno indotto a scatenare la guerra nella malcapitata Ucraina. In realtà, egli sa bene che nessuno Stato al mondo, oggi, si sognerebbe di attaccare la Russia, se non altro per l’innegabile potenza nucleare del Cremlino e dei suoi alleati, non esclusa la Cina. La verità è che il settantenne erede di Stalin, nella cartesiana “glandula pinealis” (in senso lato il cervello), si prefigge con ostinazione un duplice fine: ricostituire l’impero della defunta Unione Sovietica e destabilizzare l’alleanza tra le libere democrazie occidentali, denunciandone la presunta corruzione interna.
E’ un incallito manipolatore di carte, lo zar. Il suo stesso Ministro degli Esteri, Lavrov, forse il più moderato esponente del regime, riferì senza mezzi termini quali sono i tre personaggi che continuamente “frullano” nella mente del dittatore: Pietro il Grande, Ivan il Terribile e Caterina la Grande, come dire il fior fiore dello schiavismo zarista, protrattosi sulla pelle dei russi per oltre 4 secoli.
Al di là delle feroci epurazioni interne di ex amici oligarchi e giornalisti, delle repressioni operate sin dal 2008 ai danni dei ribelli georgiani e ceceni, nonché dei tanti crimini perpetrati in Ucraina, la sua più esecrabile colpa consiste nel tentativo di annullare per sempre l’essenza stessa dell’identità spirituale del popolo ucraino. Per cancellarne ogni anèlito d’indipendenza e libertà ha ordinato alle sue milizie di distruggerne addirittura opere d’arte, monumenti, centri culturali e luoghi di culto, ciò che di più caro anima la memoria affettiva e la sopravvivenza di una comunità nazionale. E’ questo, in definitiva, il vero obiettivo di Putin: privare l’Ucraina della sua dignità e renderla “sicut tabula rasa in qua nihil est scriptum”, come tavola rasa in cui non v’è nulla di scritto, per citare il “De anima” di Aristotele.
Il grande filosofo greco riassunse così l’empirismo di cinici, epicurei e stoici, negatori (come in epoca moderna avrebbero sostenuto anche Bacone, Locke e Hume) di ogni idea innata nell’essere umano, le cui conoscenze sarebbero unicamente il frutto di esperienze sensibili. Non ha limiti il cinismo di Putin, il cui spietato modus operandi calpesta i concetti innati, anche in guerra, di temperanza e rispetto del diritto internazionale.