Le leggi razziali scompaginarono il gruppo di giovani scienziati italiani
di Adriano Marinensi
Se chiedete ad un umbro dove si trova il paese di Pozzuoloè difficile che vi sappia rispondere. A meno che non sia di quelle parti. Cioè della zona pregiata, dal punto di vista ambientale, attorno al Lago Trasimeno. Eppure Pozzuolo Umbro, una discreta notorietà la merita per aver dato i natali e custodito la memoria di Franco Rasetti, uno dei Ragazzi di Via Panisperna. Durante gli anni ’30 del secolo scorso, un gruppo di studiosi aveva avviato una ricerca nel campo della radioattività. In particolare sulle proprietà dei neutroni lenti, “parenti” non troppo lontani della bomba atomica.
Enrico Fermi (Premio Nobel nel 1938)ne fu la guida e gli altri – oltre a Rasetti – Emilio Segrè, Edoardo Amaldi, Bruno Pontecorvo, Ettore Majorana, Oscar D’Agostino (il chimico).Li chiamarono “ragazzi” per la giovane età, ma erano già scienziati. Tutti “millennium”, essendo nati dopo il 1900 (dal 1901 al 1913). Lavorarono nel Regio Istituto di fisica dell’Università di Roma, in Via Panisperna, appunto.
Le leggi razziali, emanate del fascismo, costrinsero gli “ebrei italiani” Segré, Pontecorvo e Fermi (aveva una moglie giudea) ad emigrare. Anche Rasetti andò all’estero. Non se la sentì di far parte del Progetto Manhattan e, dopo la guerra, rivolse i suoi interessi verso studi pacifici. Era nato nel 1901 e morì cento anni dopo, in Belgio. Per inciso, una curiosità a proposito di Fermi: Sulla copertina della sua tesi di laurea, ritrovata per caso, invece di Enrico Fermi c’era scritto Enrico Terni. Oltre la rilevanza scientifica della esperienza romana, due avvenimenti si legano ad essa: il sopracitato Progetto Manhattan e la misteriosa scomparsa di Ettore Majorana.
Il Progetto Manhattan
In quegli anni ’30, gli USA decisero di creare un organismo scientifico per la ricerca e sviluppo sull’uranio a fini bellici. Quando, il 7 dicembre 1941, i giapponesi attaccarono la base navale di Pearl Harbor nel Pacifico, con la conseguente entrata in guerra degli americani, nacque il laboratorio unico sulle armi atomiche definito Progetto Manhattan.
Gli storici affermano che l’inizio dell’era nucleare ha una data certa, il 2 dicembre 1942, quando al Presidente F. D. Roosevelt fu inviato il messaggio in codice: “Il navigatore italiano è giunto nel nuovo mondo”. Significava che Enrico Fermi aveva realizzato “la prima reazione nucleare a catena auto alimentata” (Chicago pile). Entrò in attività una macchina di ricerca e produzione, divenuta presto gigantesca (fino a 130.000 occupati e 2 miliardi di dollari dell’epoca). Si potrebbe pensare alla genesi dell’Apocalisse. All’inizio del 1941, i servizi segreti inglesi avevano confermato che in Germania erano iniziate le procedure per venire in possesso delle armi nucleari.
Gli scienziati del “Manhattan” – guidati dal fisico americano Robert Oppenheimer, con Fermi primo attore – chiamarono THE GADGET (l’arnese) il prototipo degli ordigni di distruzione di massa della storia, fatto esplodere per verifica nel deserto del New Mexico. La seconda atomica prese nome LITTLE BOY (il ragazzino) e fu sganciata (6 agosto 1945) su Hiroshima; la terza, FAT MAN (uomo grasso) distrusse Nagasaki (3 giorni dopo). Una ecatombe di persone e cose. Provocarono la resa del Giappone e la fine della 2^ guerra mondiale. Ci furono, a metà degli anni ’40, seri contrasti nel rapporto tra scienza e morale: non servirono ad impedire l’uso degli ordigni di distruzione di massa che annientarono intere città e pure gli esseri umani che le abitavano. Iniziò poco più avanti la rincorsa a riempire gli arsenali che, ancora oggi, spaventano l’intera umanità.
La scomparsa di Majorana
C’è un vecchio Decreto ministeriale che stabilisce: !I prof. Ettore Majorana, per l’alta fama di singolare perizia cui è pervenuto nel campo degli studi di fisica, è nominato Ordinario di fisica teorica presso la facoltà di Scienze matematiche, fisiche e naturali della Regia Università di Napoli”. Un altro riconoscimento per uno dei “ragazzi”, dopo che Emilio Segré era diventato Direttore dell’Istituto di fisica dell’Università di Palermo.
Il 13 gennaio 1938, per Majorana si apre il corso di insegnamento, ma durerà poche settimane. Il 25 marzo successivo, sale, a Napoli, sul traghetto diretto a Palermo e il giorno dopo scompare. Inizia allora uno dei misteri italiani ancora oggi irrisolti, perché di lui non si è saputo più nulla. Ha dato vita ad una sorta di caccia all’uomo, nutritasi di una serie di ipotesi, nessuna con il credito della verifica di credibilità. Qualcuno ha sostenuto si fosse suicidato, gettandosi dalla nave durante il viaggio di ritorno a Napoli, altri che si fosse ritirato in Convento oppure rinchiuso in una Certosa calabrese “per sfuggire al mondo”.
Si è scritto dell’ avvistamento, a Palermo, nelle vesti di un barbone. Poi, il solitario in barca a vela sul Tirreno, la tesi del finto suicidio per nascondere la fuga in Sudamerica, lo strano inventore di un cannone ad antimateria. Ancora la foto che lo ritrae – affermarono – accanto al “burocrate” dell’Olocausto, Adolf Eichmann, per sostenere l’illazione del suo arruolamento tra gli scienziati alla ricerca delle armi nucleari per il Terzo Reich. Ipotesi alla quale ha lavorato, per anni, un avvocato di Assisi. Non ci ha creduto neppure la Magistratura italiana. In epoca attuale, la telefonata alla trasmissione “Chi l’ha visto?” di un tizio, vissuto in Venezuela nel 1958, sicuro di aver conosciuto una persona rivelatasi per Ettore Majorana.
Nessuna di queste e molte altre “fantasie” ha trovato conferma. E il fantasma dello scomparso ha continuato ad alimentare la dimensione di un giallo interminabile. Con un interrogativo all’origine: Perché uno studioso, già affermato nel campo delle “scienze nuove”, decide, a soli 31 anni, di uscire di scena? Dove è finito e per quale ragione? Uomo di alta sensibilità, solitario e geniale, forse un po’ misogino, faceva da colonna portante in Via Panisperna.
Tra i “cercatori di verità” ci sono stati lo scrittore Leonardo Sciascia con il libro La scomparsa di Majorana (1975) e Gianni Amelio regista del film I ragazzi di via Panisperna (1984). Dicono che lo stesso Mussolini fece pressione sugli investigatori al fine di risolvere rapidamente quello che poteva essere un inopportuno garbuglio per il regime. Non è stato di certo il mistero del secolo, però il mistero durato quasi un secolo si. Con il probabile rinvio alle prossime puntate.