Ricordate nel film “La Ciociara” con il quale Sophia Loren vinse l’Oscar
di Adriano Marinensi
Furono chiamate le marocchinate di Cassino. Fanno parte, a pieno titolo, degli orrori vissuti in Italia, durante la II guerra mondiale. Non solo Cassino, la cittadina ciociara in provincia di Frosinone, patì le violenze dei nord africani; anche numerosi dei centri storici che gli stanno attorno. Una pagina sporca per l’esercito anglo – americano ch’era sbarcato in Sicilia il 10 luglio 1943, appena due settimane prima che il Gran Consiglio del fascismo dichiarasse la sfiducia a Benito Mussolini (25 luglio) e il Re Vittorio Emanuele III lo facesse arrestare. Lo sconvolgimento che ne seguì venne completato il successivo 8 settembre, quando fu stipulato l’armistizio tra l’Italia e gli Alleati, che provocò l’invasione nazista del nostro Paese (settembre ’43 – aprile ’45).
Allo sbarco, dalle parti di Licata, parteciparono la 7^ armata USA, comandata dal gen. George Patton e l’8^ britannica del gen. Bernard Montgomery. La risalita dello stivale non trovò grandi ostacoli nell’isola. Passato però lo stretto di Messina, l’avanzata venne frenata dai nazisti all’altezza della Linea Gustav, una fortificazione militare che andava dalla foce del fiume Garigliano, sul versante tirrenico, sino ad Ortona in Adriatico. Cassino e il suo Monte stavano nel mezzo. E sul Monte, c’era la secolare Abbazia fondata, nell’anno 529, da S. Benedetto da Norcia, definita la “culla del monachesimo occidentale”. Scambiata per un presidio del Comando tedesco, la distrussero le bombe il 15 febbraio 1944.
Quattro gli scontri che fecero parte della Battaglia di Cassino, tutti particolarmente sanguinosi da gennaio a maggio 1944, durante i quali persero la vita 135.000 uomini delle due parti. La testimonianza si trova nei numerosi Cimiteri di guerra presenti nel territorio dello scontro. Lo sfondamento della Linea Gustav avvenne l’11 maggio del ’44 ed aprì la via verso Roma, liberata il 4 – 5 giugno dalle truppe del gen. Mark Clark. Più avanti, a metà della catena degli Appennini, il feldmaresciallo Albert Kesselring, capo dell’esercito nazista d’occupazione (quello della famosa “invettiva” di Calamandrei) realizzò un secondo sbarramento con la Linea Gotica, sul tracciato che attraversava anch’essa l’Italia, dal fiume Magra, tra La Spezia e Massa Carrara sino a Pesaro, sull’altro versante.
Alle operazioni di assalto della Linea Gustav partecipò anche il contingente nord africano dei marocchini, aggregato al Corpo di spedizione francese. Fu proprio questa partecipazione a giustificare le 50 ore di libertà assoluta, concesse dal loro Comandante. Pare abbia detto ai suoi (che erano alcune migliaia) “oltre quei nemici che domani ucciderete, c’è una terra ricca di donne e di vino e tutto ciò che troverete sarà vostro”. Al limite della istigazione a delinquere. Che questa espressione di stimolo fosse vera non si sa; è certo invece che quei feroci masnadieri si dettero ad un’orgia incontrollata – le marocchinate, appunto – nei giorni 16 e 17 maggio (oggi fanno esattamente 79 anni), usando violenza a migliaia di donne d’ogni età, in un turbine di barbarie rimasta scritta nella storia della Campagna d’Italia, a lettere di fuoco.
Quello della “battaglia di Cassino”, fu un periodo di vessazioni per la popolazione in un clima da prima linea, nel quale si inquadrano i due giorni di assalto sfrenato dei marocchini in libertà. Il superamento delle fortificazioni nemiche aveva creato un clima di euforia nelle file alleate. Che però non ammise alcuna giustificazione alla tolleranza dei comandi militari. Anzi, la narrazione riferisce che vi furono casi di intervento da parte di soldati bianchi per fermare i colored scatenati. Si sentirono rimproverare: “Voi siete qui per combattere i tedeschi, non i francesi”.
Agirono sulla base di una sorta di diritto di preda, di saccheggio sessuale indiscriminato, senza neppure escludere ragazze minorenni, contagiate pure da malattie veneree. Un ufficiale britannico, testimone oculare, ha scritto nelle sue memorie: “I marocchini, di solito, aggrediscono le donne in due. Uno ha un rapporto normale, mentre l’altro la sodomizza”. Pure tali immondi episodi accaddero a Cassino, quasi 80 anni fa. Venne consentito agli stupratori, veri e propri criminali di guerra rimasti incensurati, di compiere atti che nulla avevano a che fare con l’azione militare. E questa divenne l’aggravante per tutti, d’ogni ordine e grado.
Si è parlato di suicidi tra le donne violentate e di infanticidi per eliminare i “figli della colpa”, così considerati nelle campagne della Ciociaria del tempo, ancora in arretrato con l’avanzamento sociale. Si aggiunse il rifiuto verso i neonati delle marocchinate: l’Orfanotrofio di Veroli ospitò circa 400 bambini. Il Sindaco di un piccolo Comune (2.400 abitanti) affermò che 700 donne avevano subito l’affronto e alcune di esse morirono per gli effetti delle ripetute aggressioni. Questa infamia subì quella parte di Ciociaria, dove il fronte s’era fermato. Un inciso: Il termine Ciociaria viene da ciocia, calzatura tradizionale, in uso, nel passato, da quelle parti.
Il cinema ha ricordato gli avvenimenti con le immagini simboliche del film La Ciociara, tratto dal romanzo di Alberto Moravia, protagonista Sophia Loren, che per tale interpretazione ebbe il Premio Oscar, nel 1962 (il secondo, nel 1991, alla carriera). E’ la nostra “attrice monumento”, nata Sofia Scicolone, poi Sofia Lazzaro nei fotoromanzi, ora quasi 90 anni ottimamente portati. L’abbiamo conosciuta anche protagonista nel film (ne cito soltanto un altro, per esempio) Ieri, oggi, domani, nel triplice ruolo di Adelina, venditrice abusiva di sigarette a Forcella; Anna, ricca signora milanese, impegnata per noia in una tresca amorosa. Infine Mara, ragazza squillo romana d’alto bordo, con garconniere in Piazza Navona.
Nella letteratura e nel teatro, le marocchinate hanno trovato ampio spazio narrativo. Molte Municipalità della zona sono state insignite di medaglia d’oro o d’argento. E, a qualcuna delle donne, a distanza di tanto tempo, c’è stato il riconoscimento del diritto all’indennizzo “per i danni morali sofferti nei giorni delle marocchinate”. Così la motivazione.
Pensiero pertinace. Mia moglie mi ha intimato: Adesso basta! Ed io ho risposto alla garibaldina: Obbedisco. Al basta! intendeva aggiungere con l’album delle figurine di Giorgia. Pubblicate sul più volte citato quotidiano romano, dal 23 ottobre 2022 in avanti. L’ultima però (13 maggio) non me la sono voluta perdere. Grandiosa: Mezza pagina su sei colonne. L’ho aggiunta alle 133 edite in 208 giorni (più di un giorno si e uno no). La grandiosa ritrae il Pontefice seduto con la Meloni accanto, da soli, lei in atteggiamento confidenziale, un braccio teso a bacchetta verso il fianco di Lui, il sorriso leggiadro e l’espressione che sembra dire: Daje Papa! Politicamente mirabolante.