Contro il mortale virus delle tirannie in agguato, unico “farmaco” è il voto
di Bruno Di Pilla
Adesso, dopo le sconcertanti rivelazioni del quotidiano “La Stampa” sui presunti rapporti Lega-Russia, che avrebbero determinato la caduta del Governo Draghi, gli osservatori si chiedono se l’Italia sia davvero un Paese indipendente e libero, oppure una succursale a sovranità limitata, come accadeva negli Stati-satelliti dell’ex Unione Sovietica.
Per carità di Patria, sull’oscura vicenda faccia luce al più presto la Magistratura. Ora più che mai, comunque, in vista delle prossime elezioni, è bene rammentare ai connazionali che il voto (art. 48 Costituzione) non è soltanto un fondamentale diritto, ma anche un sacro dovere civico e morale. Personale ed eguale, libero e segreto, consente ai cittadini maggiorenni di partecipare attivamente alla vita politica del Paese, determinandone la scelta dei 600 parlamentari e la conseguente formazione del nuovo Governo, sul modello già teorizzato dagli illuministi francesi Montesquieu e Rousseau.
Solo i lugubri avvoltoi del Cremlino si augurano che prosperi la zizzania dell’astensionismo, in virtù del quale nuclei ristretti di sovranisti al potere strizzerebbero l’occhio all’implacabile zar moscovita che non ha mai fatto mistero, in un delirio d’onnipotenza, di volere la “morte” delle tolleranti democrazie occidentali, magari per ripristinare l’impero della defunta Unione Sovietica.
“Nero redivivus”, Nerone redivivo? Per scongiurare il rischio mortale delle tirannie in agguato, con la perdita delle libertà individuali faticosamente conquistate dal popolo italiano nel 1945, è necessario votare. Tradisce lo spirito della Magna Charta chi si asterrà dal voto il 25 settembre, violando lo stesso art. 49, che esorta i cittadini ad associarsi liberamente in partiti per concorrere, con metodo democratico, a determinare la politica nazionale.
Affinché si ravvedano, i transfughi dovrebbero essere inseriti, come in origine era previsto, in pubbliche liste di proscrizione. A quanti poi disertano regolarmente le urne, mostrando idiosincrasia e viscerale disinteresse per le sorti del Paese in cui vivono, andrebbe revocata la stessa cittadinanza. Solo ai dittatori, amanti degli squallidi plebisciti, giova la viltà intellettuale degli ignavi.