Rileggendolo, sembra un monito profetico per la guerra di oggi in Ucraina
di Adriano Marinensi
Era il 5 ottobre 1995. Papa Giovanni Paolo II pronunciò un forte discorso di fronte all’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Una allocuzione severa ed evangelica che ebbe eco universale. Parlò di libertà e di pace, additandone i valori come pilastri della civiltà moderna. La libertà dell’uomo, dei popoli e delle Nazioni, elemento primario di vita e dignità.
“E’ importante ricordare – parole Sue – che la 2a guerra mondiale venne combattuta a causa di violazione dei diritti delle Nazioni.” (l’attacco di Hitler alla Polonia – 2 settembre 1939 n.d.a.). Fece un significativo richiamo alla missione dell’ONU ed alla Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo che “resta – disse – una delle più alte espressioni della coscienza umana nel nostro tempo.” E più avanti soggiunse, “redatta per salvare future generazioni dal flagello della guerra”.
Alla luce di tali ed altri ammonimenti, si può giudicare il conflitto oggi in atto, la sconfitta di quei valori universali. Alla violenza delle armi, Giovanni Paolo II contrappose la civiltà dell’amore, fondata sui principi della pace e del dialogo tra Stati sovrani. Dunque, rispetto della libertà, per garantire la pacifica convivenza internazionale. Una esortazione alta ed illuminata che, riferita alla situazione di oggi in Ucraina, appare profetica da parte di un Pontefice proclamato Santo.
Però le voci dei Santi non hanno ascolto al Cremlino del sovietico Vladimir Putin che di guerra ne ha scatenata una sanguinosa e distruttiva, aggiungendo ricatti e soprattutto minacce rivolte all’intera comunità mondiale. E’ l’avvento al potere dei signori della guerra, capaci di violazioni ad ogni principio umano e legale. E quando si tradisce la pace è facile diventare criminali di guerra. Quei signori non si curano dei sacrifici imposti, delle vittime civili e militari, degli sconvolgimenti sociali, del terrore che le loro azioni armate infliggono. Muovono le “uniformi” come marionette tragiche. Non frappongono ostacoli di etica e giustizia alle scelleratezze.
Ne risultano distrutti edifici pubblici e privati, ospedali, scuole, fabbriche sconquassate e posti di lavoro perduti, incalcolabili deficit finanziari, milioni di persone costrette ad un esodo biblico. Nuove povertà, popolazioni ricacciate nel sottosviluppo (il grano bloccato ch’era destinato agli africani). Enormi risorse da destinare alla ricostruzione, sottratte al benessere dei cittadini.
C’è il rischio di dissesto per grandi economie, ma, ai signori della guerra non sovviene alcuna preoccupazione. Ci sono arsenali da smaltire e loro vanno avanti a cuore duro, ammesso che ne abbiano uno. Seguono logiche legate all’uso della forza, prevaricando qualsiasi sentimento di misericordia. Questo ed altro oggi sta accadendo in Ucraina. E – per l’intero Pianeta – nel cielo dell’avvenire volano uccelli neri.
Un Paese che decide di massacrarne un altro e si pone altero contro gran parte dello schieramento internazionale, mostra il vero significato d’ogni dittatura, del governo senza democrazia che respinge qualsiasi pluralismo nella gestione del potere e, per la sua conservazione, diventa intollerante e aggressivo. E’ il dispotismo dell’uomo solo al comando, il quale rifiuta gli inviti alla moderazione ed al dialogo. Che dovrebbero essere invece le armi giuste da usare per definire la vertenza Russia – Ucraina e porre fine (nell’immediato, sospendere) ad una contesa scatenata senza alcuna giustificazione. Se non quella di sancire il diritto di sopraffazione del più forte e del meglio armato.
La guerra sconvolge pure i rapporti umani, provoca vendette, odio e rancori, difficili da cancellare, umilia la cultura, la solidarietà, il mutuo soccorso, presupposti indispensabili per rendere socialmente coerente lo stare insieme. Al fine nobile di ritrovare ed esaltare, sin dalle piccole comunità, le armonie civili, delle quali ho scritto in altra occasione. E, nelle Istituzioni sovranazionali come l’Europa – garante di decenni di libertà e progresso – realizzare una dimensione unitaria e un ruolo autorevole. Che ascolti e faccia ascoltare gli operatori di pace.
La Gioconda
Ora una fugace aggiunta per sdrammatizzare. Riguarda una vicenda bizzarra, posta tra la storia e la cronaca. La storia narra di un capolavoro d’arte dipinto da Leonardo da Vinci, intorno al 1500. Pare avesse per modella tale Lisa Gherardini, moglie di Francesco del Giocondo, detta appunto La Gioconda. Nota pure come Monna Lisa. Custodita, quasi fosse il tesoro di una banca, nel Museo del Louvre, a Parigi, perché fu Leonardo a venderla al Re di Francia Francesco I. Ha valore economico incalcolato, forse pari a quello del Salvator Mundi (il Cristo in abiti rinascimentali con il dito benedicente) dello stesso artista, venduto all’asta per 450 milioni di dollari.
La cronaca, proprio di questa settimana, ci racconta di un tizio che si è spacciato per invalido e ambientalista, mischiato alle centinaia di visitatori che ciascun giorno ammirano il dipinto, furtivamente ha lanciato addosso un manicaretto alla crema. Nessun danno all’enigmatico sorriso, però l’ennesimo attentato. Che va ad aggiungersi all’attacco con l’acido (1956), al lancio della pietra (1957) e della tazzina da tè (2011). L’episodio più famoso resta il furto compiuto, nel 1911, dall’imbianchino italiano Vincenzo Peruggia, che lo sottrasse al super sorvegliato Museo parigino e se lo tenne sotto il letto per un paio d’anni. Quando mostrò voglia di restituirlo, lo arrestarono.
L’altro giorno, siamo arrivati all’attentato pasticciere (e pasticcione) dell’uomo in carrozzella che è riuscito soltanto ad imbrattare il vetro antiproiettile che tutela La Gioconda. Comunque, un biasimevole atto vandalico contro un monumento dell’arte. E pure gesto di estrema maleducazione nei riguardi di Monna Lisa, cioè Madonna Lisa, vale a dire Signora Lisa. Caro ballista ecologico e misogino, non si tirano torte in faccia ad una Signora. Vergogna!