Ucraina oggi: La perversione del tiranno, l’oltraggio alla democrazia
di AMAR
Chi l’ha vissuta, ha patito i suoi tormenti, le crudeltà, le paure, la fame, non può che sostenere indiscutibilmente l’imperativo categorico: La guerra non si deve fare. Chi la provoca è un criminale, senza alcun margine di clemenza nel giudizio dei contemporanei e della storia. I rapporti internazionali vanno risolti con metodi razionali, con il confronto leale e intenti di pace. Le abbiamo viste in TV le immagini di ciò che sta avvenendo in Ucraina, le devastazioni, le disperazioni, l’orrore delle viltà. Sono simili a quelle che vidi, a Terni, tanti decenni addietro. Quando le bombe uccisero, distrussero, costrinsero l’operaio a fuggire dalla sua casa cancellata. E le sirene che ululavano l’angoscia di ciò che stava per accadere.
NO, la guerra NO! No ad ogni conseguenza che produce: L’offesa diretta alle persone, ai principi umanitari, allo sviluppo sociale e politico, alla coesistenza internazionale. Tutte le forme di organizzazione civile sospese e ancor più negate. E’ il tempo dell’odio tra le generazioni presenti, l’inimicizia, se non la vendetta che protraggono gli effetti nei rapporti futuri. In guerra, L’uomo non è più il prossimo tuo, ma il nemico da combattere nella frenesia di desolare. E chi si distingue riceve encomi e medaglie. Al contrario, ed al netto degli eroismi, una enorme associazione a delinquere. Ha ragione purtroppo Thomas Hobbes quando sostiene il suo homo homini lupus. L’uomo che si trasforma in animale feroce e più che può riduce in macerie reali e morali, le macerie del sentimento, della socialità, dell’intelligenza.
E’ la sconfitta della giustizia, del diritto, del sentimento di mutualità, le libertà abolite; la vittoria dell’avversione, del ripudio, del rancore. E’ l’Ucraina di oggi, assalita e massacrata dalla protervia che guida le azioni dei dittatori e dei terroristi. Le democrazie insultate con il ricatto volgare della sussistenza energetica e delle armi di distruzione di massa. Difficile è quantificare i danni materiali che una guerra produce; impossibile valutare le risorse necessarie per la ricostruzione. Risorse sottratte al popolo sconfitto ed al vincitore che delle perdite, degli edifici pubblici e privati devastati, delle fabbriche messe a ferro e fuoco, delle finanze dissipate, dei beni culturali deturpati, non hanno alcuna colpa. Anzi sono le vittime sacrificali della bramosia di conquista e di potere del lupus, principale masnadiere dei misfatti commessi.
Quella guerra di 80 anni fa ci mostrò orribili nefandezze. Non furono misurabili neppure le offese all’ambiente provocate dagli ordigni di ogni tipo. Le foreste incenerite, le falde acquifere intossicate e, come si dice in tempo presente, gli ecosistemi sconvolti. Tante le città seviziate: Stalingrado, Dresda, Berlino, Hiroshima, Nagasaki, Tokyo. Le croci ovunque, in luoghi sacri, nella neve e nei deserti. Tanti gli uccisi senza manco un segno di sepoltura. Si rischia ancora così. Basterebbe fare memoria di quanto accadde allora e oggi riappare come un macabro sudario, se gli operatori di pace non dovessero prevalere. E’ il bilancio sconvolgente d’ogni catastrofe armata, al quale vanno aggiunti gli esodi biblici, gli invalidi per sempre. Dio ci preservi da un’altra uguale apocalisse.