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You are at:Home » E’ mancata la testimonianza di fede democratica
Opinioni

E’ mancata la testimonianza di fede democratica

adminBy adminFebbraio 17, 2023Updated:Febbraio 17, 2023Nessun commento4 Mins Read
 

Domenica scorsa ha vinto il “pensiero” del NO alla partecipazione

di Adriano Marinensi

Lo abbiamo detto e ripetuto all’infinito: La democrazia è il governo del popolo. Ma, se il popolo rinuncia ad esercitare il suo diritto – dovere persino nelle occasioni elettorali, allora il Paese di quel popolo rischia di finire su una diversa strada. La strada della delega di primato e della autoritaria gestione delle decisioni amministrative. Per esempio l’Italia odierna.

 
 

L’altra sera, durante un dibattito televisivo post voto , una signora non giovane, ha ricordato, con vigore, che, nel lontano tempo delle prime elezioni politiche nazionali del dopoguerra, proprio in Italia (18 – 19 aprile 1948), l’affluenza alle urne fu del 92,19%. E l’alta percentuale ha messo malinconicamente a confronto con lo stesso dato recente registrato in Lombardia (41,6%) e nel Lazio (37,2%). Un abisso la differenza. Fors’anche la disparità di fiducia nelle Istituzioni intese come presidi di libertà. Che stanno su una sponda diversa dal primariato con basso controllo.

Certo, si potrebbe obiettare che il parallelo tra due dati (e due date) tanto lontani nel tempo, non è proponibile. E’ però proponibile la valutazione della tenuta etico – politica del nostro sistema e del Paese di fronte alla involuzione di uno dei parametri (il voto) sul quale si fonda lo spirito costituzionale. La stima popolare verso il sistemaè il valore minimo dello spessore democratico. Non possiamo più sfuggire da questa ombra pesante quanto una maledizione.

L’astensionismo elettorale porta anche all’indifferenza politica diffusa, alla presenza egocentrica nella collettività, al negazionismo delle forme partecipative. Ed al solidarismo inefficace di maniera. Mentre la forza dello stare insieme trae significato e contenuto dal dovere civico e dal grado di coinvolgimento del cittadino, di ogni cittadino, all’interno di un progetto di sviluppo che non lasci indietro nessuno. Un progetto che contempli un modello economico – produttivo finalizzato equamente al sostegno della produzione di ricchezza ed alla sua destinazione sociale.

In una organizzazione civile di per sé alienante, c’è bisogno di recuperare la dimensione e i valori comunitari e quindi la diserzione dalle urne è elemento non marginale della fuga sul sentiero stretto dell’egoismo che prescinde dall’impegno democratico, senza il quale la libertà diventa prossima alla congerie delle discordanze. Che nulla ha a vedere con il pluralismo delle idee e la indipendenza di espressione.

E allora, l’interrogativo che si pone è: Gli italiani non amano più il governo del popolo? Se la stragrande maggioranza del popolo sovrano non risponde più neppure alla chiamata alle urne, allora l’allarme è di colore rosso. Per di più, se i votanti mostrano simpatia prevalente per una classe dirigente, libertariamente apocrifa, che stenta a liberarsi di vecchie nostalgie oligarchiche, la preoccupazione diventa somma di fronte ad un pericoloso smottamento culturale e non soltanto politico. In siffatta condizione, persino chi ha ottenuto un risultato intorno al 30% dei consensi deve sapere che si tratta del 30% del 40%, quindi un risultato mediocre.

Gli aventi diritto al voto delle due più importanti Regioni italiane – la capitale del nord e l’altra storica del Paese – hanno certificato l’esistenza del partito maggioritario del non voto; vuol dire che c’è in atto un processo di involuzione del pensiero democratico. Guai a quel popolo che si incammina, con negligenza, sulla strada della cessione di potestà; guai a quella generazione che volta le spalle alla sua storia recente, al suo futuro fondato sui valori etici e ideali. C’è nell’ asfittica partecipazione elettorale il segno di un aleatorio disinteresse e nascosta una china degradante per algide nebbie. Mentre una caratteristica identitaria della vera democrazia è il vincolo coerente e attivo della gran parte dei cittadini. Con il mondo giovanile alla ricerca di una motivazione ideale e di una speranza concreta. E una giustizia che si tolga dalla testa la parrucca e l’alterigia.

Di fronte a tanto disimpegno diffuso, nessuna forza politica può gridare alla vittoria, nessun partito può rallegrarsi di fronte ad un successo attribuito da un consenso minoritario rispetto alla generalità del Paese. Nessun Governo, responsabile del suo agire, può rallegrarsi per la ratifica cosi ricevuta: quasi due italiani su tre non hanno espresso alcuna fiducia. Tale risultato depotenzia pure il potere legittimo dei governi regionali. Onestamente va riconosciuto che in Lombardia e nel Lazio – vista la esagerata misura dell’astensione – non ha vinto nessuno.

Astensionismo elettorale Elezioni
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