Compulsivi non sono più soltanto i giovani, ma anche bambini e adulti
di Adriano Marinensi
Il fenomeno calamitoso che all’origine sembrava circoscritto al mondo dei teen agers (sarebbe già stato un grave impatto psicologico), ora ha invaso il campo dei giovanissimi di scuola elementare (e degli adulti poco maturi). Insomma, la questione verte sull’uso smodato dello smartphone. In dotazione e quasi sempre in mano ce l’hanno in numero esagerato. Vagano spesso – braccio conserto e mano all’orecchio – ogni attenzione compromessa. E se li incroci a gruppi, occhio alle collisioni: loro sovente sono tra le nuvole e astratti dall’immediato di ciò che è adiacente,
Nel mondo di adesso, se non possiedi almeno uno (talvolta due) di questi congegni d’avanguardia – detto alla Crozza – Briatore – sei fuoriiii. E’ fuori pure il fanciullino appena uscito dalla materna, al quale, per il sesto compleanno, che gli vuoi regalare? Uno smartphone multifunzioni, ovviamente. C’è però una valutazione da fare. Parte dal parere scientifico espresso da un luminare della materia: ha affermato che l’uso sfrenato del cellulare, soprattutto la mattina al risveglio, invadendo in modo massiccio il cervello di informazioni, genera ansia e tecnostress.
Eccolo un malanno grave sopravvenuto nel tempo recente, il tecnostress. L’ho trovato definito così: “Malattia dell’adattamento causata dall’incapacità di far fronte alle nuove tecnologie informatiche in modo sano ed equilibrato”. Siamo alle solite, lo strumento innovatore a disposizione, all’inizio rappresenta una conquista, poi diventa di utilizzo ossessivo e degenerato. Pare faccia coppia con la nomofobia, il terrore di restare sconnessi, privi cioè, anche per poco, del nuovo amico dell’uomo. A proposito, mi viene in mente la barzelletta che ho trovato su un settimanale: Due cani guardano i loro padroni, adulti e bambini, tutti impegnati con il cellulare all’orecchio. Un cane dice all’altro: Non siamo più noi gli amici dell’uomo! Ha ragione il cane.
Da qualche tempo, a letto, insieme all’uomo (oppure alla donna ed ai minori) ci va lo smartphone. La sera sul comodino e il giorno a spasso, al lavoro e in ogni luogo. Il telefono dipendente si riconosce dal comportamento che lo impegna in modo non più governabile. Al risveglio, tende il braccio verso il suo nuovo amico, lo cerca ansioso con la mano e tosto inizia a muovere le dita alla rincorsa smaniosa di notizie e messaggini (questi ultimi, non di rado, emerite cretinate) che si diffondono persino nottetempo. Poi, a colazione con il cellulare appoggiato alla zuccheriera: il tecnologico continua a trasmettere e l’appena bene alzato ad ascoltare. Che pena, ragazzi!
In tal modo, il cervello umano viene sottoposto ad un sovraccarico di informazioni, molte inutili. Lo smartphone ti conduce per mano, attraverso l’iperconnessione, in un mondo virtuale, dove esistono anche pericolosi invasori di campo fraudolenti, qualcuno al limite della criminalità. A farne le spese, sono molto spesso i minori. Attenzione! E’ ancora la scienza che avverte: L’ascolto eccessivo del cellulare “rappresenta un interruttore che spegne e riaccende il cervello, alterandone i bioritmi e aumentando la produzione dell’ormone dello stress”.
Siccome l’inconveniente alla salute non viene identificato subito dal paziente, rischia di cronicizzarsi nel breve tempo. I malati che destano allarme sociale sono – lo ripeto – i giovani che iniziano ad usare il “cozzone” (mediatore) dalla prima infanzia. Basterebbero, io credo, le poche cose qui sopra riportate per inserire il problema della nuova dipendenza in una campagna che faccia opera di convincimento al fine di uscire da questo labirinto virtuale che sta aggiungendo una droga alle altre introdotte dalla modernità deviata. Con rischio di ulteriori smarrimenti.
A Terni, il piatto socio – politico piange
Ora dalle “malattie generali” a quelle urbane. Terni, per esempio, appare afflitta dal pensiero seduto. Trattasi di un modo abulico di percepire i problemi comunitari. Cioè una forma plurima di torpore spirituale e operativo che rende tiepida la volontà. Così il cittadino diventa molto interessato ai fatti propri (il cazzisuista) e poco a quelli della collettività. Persino le nuove generazioni hanno smarrito la strada della contestazione. Movida docet! Sembra abbassarsi il livello di solidarietà sociale, mentre aumenta l’insicurezza per i reati connessi alla diffusione della droga. Sono in crescita le povertà. C’è un malessere che merita seria attenzione politica.
Il provincialismo culturale ha fiaccato il confronto democratico. Una situazione che ha favorito l’affermarsi di un metodo amministrativo mediocre, nascosto nel Palazzo polveroso del potere locale, lontano dalle esigenze popolari. E’ quasi uscita di scena l’azione propositiva dei Partiti e quella propulsiva del Sindacato. La capacità di intrapresa produttiva è rimasta al palo.
Mancano sviluppo presente e certezze future. Manca soprattutto l’occupazione comune e di qualità, un problema pesante che allontana i giovani in età lavorativa, insieme alle migliori intelligenze e capacità tecniche. Terni è una comunità isolata persino all’interno del quadro politico regionale. Nel Consiglio regionale continua lo strabismo programmatico che orienta verso il capoluogo umbro le decisioni ed appare evidente la debole rappresentanza ternana. Nel Parlamento nazionale, dove in tempo passato, Terni e l’Umbria hanno tenuto alta la loro presenza, eleggendo personalità di prestigio, oggi, né Terni, né l’Umbria hanno più voce ed ascolto.
E’ un peccato capitale perché si finisce per omologare una condizione di permanente retroguardia culturale, economica, democratica. E si lascia spazio a talune invasioni di campo di sapore personalistico, che non giovano alla realizzazione di un progetto complessivo e popolare.
La buche e le zebre scolorite e morte

Chiudo con la telegrafica osservazione su due titoli recenti, tratti dalla stampa in cronaca dell’Umbria: 1) Spoleto. 4.000 cicche raccolte nei giardini pubblici; 2) Foligno. Buche e tante difficoltà lungo la Via Romana Vecchia. Il problema dei mozziconi di sigaretta, sparsi ovunque, fa interamente carico ai fumatori e va stigmatizzato con un epiteto maiuscolo: VERGOGNA! Per quanto riguarda le difficoltà circolatorie, a Terni, oltre alle buche di carreggiata e marciapiedi, ne abbiamo una vecchia di tantissime primavere. Mi riferisco alla segnaletica orizzontale e in particolare agli attraversamenti pedonali. E ridico, per l’ennesima volta: Signor Sindaco (della peggiore Giunta comunale ch’io ricordi), li vogliamo comprare quattro barattoli di vernice bianca per ritinteggiare le zebre pallide e quelle morte?