Il conflitto, in Ucraina, visto dal divano, nasconde inumane crudeltà
di AMAR
La vidi per le strade, in mezzo alle rovine, una ottantina di anni fa. Ora la sto vedendo seduto sul divano di casa, sopra lo schermo freddo della TV. Non è la stessa cosa per chi se ne rende partecipe e chi invece in mezzo ci si trova per davvero: però sempre guerra è. Con uguale violenza, i medesimi orrori, le disperazioni, i lutti. L’esodo dei disperati, l’incertezza del domani; il coprifuoco, l’oscuramento, le bombe che fanno macerie e tanto sgomento. La provvisorietà dell’esistere. Mi chiesero in una intervista: Cosa si prova quando le bombe ti scoppiano attorno? Risposi: Hai presente i due operai incaricati di costruire una palizzata? C’è quello che regge, con la mano, il palo da conficcare in terra e l’altro che ci mena sopra botte da orbi con la mazza. Ecco, somigliavamo all’operaio che tiene il palo: ad ogni mazzata un brivido di paura. Bomba uguale mazzata, uguale trepidazione, con tutto il corpo rattrappito.
Il tristo ululato delle sirene ti sorprendeva pure nel sonno. E via, di corsa, a cercare riparo; il rimbombo cupo, quasi macabro, degli aerei in avvicinamento. “Zitto un po’!” Esserci dentro (per chi c’è stato) e invece stare di fronte al teleschermo, ci corre quanto corre tra l’ordine naturale delle cose e il suo sconvolgimento. Le immagini sono le stesse, le sensazioni diverse. Terni allora, Kiev oggi. Un subbuglio di sentimenti, la rabbia della riprovazione assoluta per l’ingiustizia del proditorio assalto. Il pensiero angosciato che torna indietro e si impregna di misericordia per le file dei disperati in fuga dalla guerra che ti corre dietro e vuole assassinarti.
Vedi e ricordi e il parallelo ti fa maledire chi usa la forza delle armi per la sua voglia di prevaricazione, di potere assoluto, di rifiuto verso tutte le regole civili e democratiche. E’ la tragedia immane che devi presagire di fronte alla aberrante minaccia nucleare. Ti fa tremare l’esistenza. Pericolo mortale per la generazione presente e per quelle a venire. Quasi non bastassero le sofferenze imposte al popolo ucraino, prevaricato con intenti da pulizia etnica, da decimazione militare, ogni misericordia rimossa.
La speranza della pace ancora remota, mi riporta alla memoria episodi, incancellabili, rimasti scolpiti negli annali della storia moderna: Storia di eccidi quasi innominabili, compiuti dall’homo homini lupus. L’esperienza tragica della 2a guerra mondiale ne può indicare una sequela. A dover scegliere, eccone tre tra i massacri più efferati, compiuti, in Italia, per ordine ed opera dei criminali impegnati, al mio tempo di fanciullo come oggi, nel’imporre, a mano armata, la loro barbarie. Dunque, le Fosse Ardeatine, le stragi di Marzabotto, il sangue versato a S. Anna di Stazzema. Il richiamo può essere utile per sancire lo stesso disprezzo verso i criminali nazisti, operanti in Italia nella metà del 900, parimenti ai criminali neo sovietici impegnati alle porte dell’Europa.
Il 23 marzo 1944, in Via Rasella, a Roma, un attentato, con un ordigno nascosto in un raccoglitore di spazzatura, uccise 30 militari tedeschi. L’azione non ebbe alcuna incidenza sulle vicende belliche. Per rappresaglia, il giorno appresso, furono massacrati 355 italiani, rastrellati nelle carceri, tra prigionieri politici e detenuti comuni. Nessuno di loro coinvolto nell’inutile atto dinamitardo. L’esecuzione avvenne, cinque innocenti alla volta, dentro le vecchie cave di pozzolana, lungo la via che conduce ad Ardea. Poi, per nascondere lo sciagurato delitto, fecero saltare l’ingresso con la dinamite. Alle Fosse Ardeatine è stato costruito un mausoleo che rende onore ai caduti, a perenne rimembranza.
Altro esempio di empietà che la guerra produce, è ciò che accadde a S. Anna di Stazzema, un borgo sulle colline della Versilia, in provincia di Lucca. Il 12 agosto 1944, durante la solita caccia ai partigiani, furono uccisi dalle S. S. 560 persone, tra le quali 139 bambini. La testimonianza della estrema ferocia di certe azioni compiute in tempo di guerra.
Nell’atrio del Municipio di Cuneo, c’è una lastra di marmo sulla quale sta scolpita l’ invettiva ad ignominia, rivolta da Piero Calamandrei al comandante in capo delle forze di occupazione naziste in Italia (1943 – 45) Albert Kesselring, responsabile di quelle sopra elencate e di molte altre “ignominie”. Dice: L’avrai camerata Kesselring il monumento che pretendi da noi italiani ma con che pietra si costruirà a deciderlo saremo noi. Non coi sassi affumicati dei borghi inermi straziati dal tuo sterminio non con la terra dei cimiteri dove i nostri compagni giovinetti riposano in serenità … ma soltanto col silenzio dei torturati più duro d’ogni macigno soltanto con la roccia di questo patto giurato tra uomini liberi che volontari si radunarono per dignità e non per odio decisi a riscattare la vergogna e il terrore del mondo.
La vergogna e il terrore che in ogni parte del mondo, la guerra sempre procura. In Ucraina oggi e altrove chissà nel prossimo domani, se l’attuale “sterminatore” (della razza dei Kesselring) non verrà fermato, le sue armi fatte tacere. Armi che ormai non conoscono confini e provocano calamità contro l’uomo e a danno della natura. Fermate quel terribile crimine che insanguina l’Ucraina e la libertà, significa anche tutelare la PACE.