È morta la sua amante Sabrina Minardi, custode di molti segreti scottanti
di Adriano Marinensi
A volte ritornano in cronaca. Per esempio, i personaggi di rilievo che hanno fatto parte della storia criminale del recente passato. È morta, giorni addietro, Sabrina Minardi, per molti anni, l’amante di Enrico De Pedis, detto Renatino, boss di elevato rango della famigerata banda della Magliana che imperversò, a Roma e anche in Italia, durante gli anni ’80 del ‘900. Sabrina si è portata appresso molte delle verità legate agli intrighi della banda e della “Roma di mezzo”, conosciuti durante il rapporto amoroso con Renatino.
Ebbe particolare notorietà rivelando alcune notizie pesanti sul sequestro di Emanuela Orlandi, sparita (e mai ritrovata) a Roma, il 22 giugno 1983. Disse che il rapimento era stato organizzato dal De Pedis “per ricattare il Vaticano che aveva fatto sparire un mucchio di soldi della banda della Magliana e di Cosa nostra e dirottati dallo IOR nella cassa di Solidarnosc guidata, in Polonia, da Lech Walesa, amico di Giovanni Paolo II.” Fece queste ed altre rivelazioni la Minardi, ma non trovarono riscontro e non furono utili alle indagini.
Nacque la banda sella Magliana dall’accordo tra quattro criminali: Franco Giuseppucci (er Negro), Maurizio Abbatino (Crispino), Danilo Abbruciati ed appunto Enrico De Pedis. Morì ammazzato Renatino, il 2 febbraio 1990, mentre passava in sella ad un ciclomotore dalle parti di Campo de’ Fiori. Lo avevano sparato perché pare si fosse messo a spartire i proventi del malaffare pro domo sua. E i sodali se la legarono al dito. Si sa, nel cosiddetto mondo di mezzo, certe posizioni dispare, prima o poi, diventano scomode.Venne seppellito al Cimitero del Verano. Dopo poco tempo, ricomparve tumulato nella antica Basilica romana di S. Apollinare.
Che non fosse un segreto, lo si poteva capire dalla lastra di marmo bianco dove era impresso, a chiare lettere, il nome e cognome del sepolto. Dunque, un poco di buono in un luogo sacro. Alla scoperta di quella strana presenza dell’uomo ingiusto nel posto ingiusto, scoppiò un mezzo putiferio e si giunse alla esistenza di una dichiarazione che recitava: “Si attesta che il signor De Pedis è stato un grande benefattore dei poveri ed ha aiutato tante iniziative di bene in questi ultimi anni.” Firmato il Rettore della Basilica.
Non s’era detto evangelicamente che l’albero che dà cattivi frutti va tagliato? Insomma, Renatino, il criminale di prima categoria, che ne aveva fatte più lui a Roma che Carlo in Francia, prese possesso di quell’esagerato posto di riguardo. Allo “scoppio” della notizia, lo estrassero dal sacello e fu cremato in tutta fretta.
Di fronte all’omicidio eccellente (Renatino sparato immantinente), ci fu scompiglio nella banda come in precedenza (13 settembre 1980) in seguito alla eliminazione di Franco Giuseppucci per mano dei pesciaioli (clan Proietti),suoi nemici giurati. Con conseguente sanguinosa rappresaglia da parte dei magliani. E Danilo Abbruciati (er camaleonte) che fine ha fatto? Ucciso pur’esso mentre, a Milano (27 aprile 1982) attentava alla vita di Roberto Rosone, Vice Presidente del Banco Ambrosiano. L’unico dei 4 Cavalieri (blasfemi) dell’Apocalisse, rimasto in vita, è Maurizio Abbatino, protetto (si può dire?) dal sistema carcerario.
A metterla giù, in termini burocratici, va scritto che “la Magliana è la zona urbanistica dell’XI Municipio capitolino e prende il nome dal fiumiciattolo che l’attraversa”. Quartiere popolare, conta poco più di 5.000 abitanti. In antico, Papa Innocenzo III ci fece costruire una villa sontuosa, per le sue venerabili vacanze.
Renatino, di nascita, fu un trasteverino, debuttante come scippatore nel vivere anonimo della megalopoli romana. Fece la prima rapina insieme all’amico Zanzarone e quattro anni se li passò “ar gabbio”. Durante la detenzione, affidò un borsone pieno di armi a Giuseppucci. Il quale si fece fregare la macchina con dentro l’arsenale che finì nelle mani di Maurizio Abbatino, capofila della “batteria” del Quartiere S. Paolo. C’erano tutti gli estremi per una sontuosa baruffa; invece, i tre – De Pedis, Giuseppucci e Abbatino – stringono un accordo di solidarietà canagliesca e, in pratica, fondarono la banda della Magliana. Uscito da Regina Coeli, anche De Pedis prese servizio effettivo, portandosi appresso l’amico fidato Danilo Abbruciati. E iniziarono le gesta dell’associazione per delinquere.
Mischiata tra le variegate mascalzonate della cricca malefica, una ce n’è che ha del grottesco. Il 25 novembre 1981, nel corso di un sopralluogo nei sotterranei del Ministero della Sanità, la Polizia scopre una corposa “santabarbara”: fucili, pistole, mitragliatori, cartucce e bombe a mano. Perbacco, Renatino sepolto in Basilica e una armeria nascosta al Ministero! Fosse l’opera della stessa banda? E si, proprio opera della “Magliana”. Dietro compenso fisso di un milione al mese, avevano trovato quel sicuro nascondiglio ed un fedele custode del prezioso arsenale. Prezioso per la banda ed i Nuclei Armati Proletari. Poi dicono la fantascienza.
Ma, torniamo, per concludere, al boss De Pedis. Ed alla domanda irrefrenabile: Perché quella commedia della traslazione del disonorevole nella cripta onorevole di Sant’Apollinare? Un guazzabuglio. il birbaccione era stato avviato sulla strada del paradiso, attraverso il viatico del riposo eterno dentro l’urna venerabile.
Renatino fece beneficenza anche alla moglie Carla Di Giovanni e all’amante Sabrina Minardi, lasciando un consistente patrimonio in denaro e beni immobili, pur non avendo lui frequentato mai un normale luogo di lavoro e guadagnato un quattrino pulito- L’ultimo mistero gaudioso di una vita spericolata, piena zeppa di arcani, rimasti nascosti nel lungo elenco dei coni d’ombra della italica storia contemporanea. Ed ora sepolti insieme a Sabrina, la “donna del capo”.