Nel primo trimestre 2025 saldo negativo di 1.079 attività. Crollano commercio, agricoltura e costruzioni. Crescono solo le imprese giovanili e femminili, ma da sole non bastano
Il tessuto imprenditoriale dell’Umbria continua a perdere pezzi. A certificarlo sono i dati impietosi del Cruscotto congiunturale elaborato dal Centro Studi delle Camere di commercio: nel primo trimestre del 2025, il saldo tra imprese iscritte (1.357) e cessate (2.436) è negativo per 1.079 unità. Non si tratta solo di una congiuntura sfavorevole, ma dell’ennesimo segnale di una fragilità strutturale che continua ad aggravarsi.
A prima vista, il calo delle cessazioni rispetto al 2024 (-27,5%) potrebbe sembrare un barlume di speranza. Ma è un’illusione statistica. Più verosimilmente, è l’effetto ritardato degli aggiornamenti anagrafici, tipico dell’inizio dell’anno. Quello che davvero preoccupa è il calo delle nuove iscrizioni (-1,8%), in controtendenza rispetto alla media nazionale che segna un +2,9%. Fare impresa in Umbria, insomma, resta più difficile che altrove.
Tutti i modelli giuridici in perdita
Il saldo negativo non risparmia nessuna tipologia di impresa. Aumentano solo le iscrizioni di ditte individuali e società di capitali (entrambe a +5,3%), ma non abbastanza da compensare le numerose cessazioni. Le società di persone crollano (-25,4%) e le cosiddette “altre forme” scompaiono quasi del tutto (-70%). Insomma, cambia la forma, ma non la sostanza: si chiude più di quanto si apre, ovunque.
Settori tradizionali in crisi nera
I comparti storicamente trainanti dell’economia regionale mostrano tutti segni di cedimento. Il commercio perde 188 imprese nette, l’agricoltura -127, le costruzioni -47. Anche il turismo, nonostante l’attesa ripresa post-pandemica, registra un saldo negativo di -10. Solo il settore assicurativo e del credito riesce a chiudere in attivo (+12), mentre la manifattura, pur segnando un timido +12,3% nelle iscrizioni, non sfugge al saldo negativo (-32). La debolezza è ormai trasversale.
Crescono le imprese… che falliscono

Il dato più inquietante riguarda le crisi aziendali: +88,7% di nuove procedure concorsuali rispetto al 2024. Fallimenti, ristrutturazioni e concordati coinvolgono tutte le tipologie societarie, con particolare incidenza sulle società di capitale (27 fallimenti e 37 procedure di crisi). Costruzioni, commercio, manifattura e turismo sono i comparti più colpiti. Segno che non solo le microimprese, ma anche realtà strutturate stanno perdendo terreno.
Giovani e donne tengono accesa la fiammella

Eppure, in questo scenario a tinte fosche, qualcosa si muove. Le imprese guidate da under 35 crescono del 21,8% (contro un -2% a livello nazionale), e quelle femminili del 9,6% (mentre in Italia calano dell’1,3%). Le nuove iniziative si concentrano in settori dinamici come turismo, servizi alle imprese e commercio. Sono spesso piccole, innovative e agili. Il problema è che rischiano di restare isole in un mare in ritirata.
La doppia velocità del lavoro
Cresce l’occupazione in Umbria (+1,4%), ma solo nelle imprese strutturate. Le microimprese perdono addetti (-1,6%), mentre crescono le piccole, medie e grandi aziende. I settori migliori in termini di occupazione sono turismo, costruzioni e trasporti. Ma la polarizzazione è evidente: chi è solido regge, chi è piccolo arretra. Un campanello d’allarme per una regione dove le microrealtà sono la spina dorsale del sistema produttivo.
L’allarme di Mencaroni: “La resilienza non basta più”
Il presidente della Camera di Commercio dell’Umbria, Giorgio Mencaroni, non usa mezzi termini: “Il saldo negativo di oltre mille imprese in un solo trimestre conferma che il sistema produttivo umbro è sotto pressione. L’aumento dell’88% delle procedure concorsuali e il calo delle nuove iscrizioni segnalano un clima di incertezza che frena la voglia di fare impresa”.
E lancia un appello chiaro: “Non possiamo continuare a contare solo sulla resilienza dei singoli. Serve un piano strategico regionale e nazionale, capace di intervenire con urgenza su credito, innovazione, formazione e semplificazione. Chi ha il coraggio di aprire un’attività oggi in Umbria deve sapere che non è solo. Senza un piano, rischiamo di perdere energie preziose e opportunità decisive”.
Conclusione:
Il primo trimestre 2025 fotografa un’Umbria che resiste, ma fatica. I dati parlano di un sistema che perde vitalità, compattezza e futuro. Eppure, la crescita delle imprese guidate da giovani e donne dimostra che la voglia di fare impresa c’è ancora. Il problema è che da sola non basta. O si costruisce un ecosistema che la sostenga, o si continuerà a contare le chiusure.