Un concerto AGiMus di grande spessore
Sono veramente due grandi talenti le giovani musiciste che ieri sera si sono meritate l’applauso del folto pubblico dell’AGiMus che le considera sue creature di elezione. Non è la prima volta che siamo venuti in molti a festeggiarle per il loro particolare modo di porsi di fronte alle partiture, mostrando una capacità di lettura che certamente hanno maturato al Conservatorio Morlacchi negli anni di studio di musica da camera con Francesco Pepicelli.
Ancor giovani e provenienti da latitudini molto diverse Saiako giapponese e Maria ucraina, ci hanno ricordato che la musica fonde e amalgama. E lo ha ben dimostrato pochi pomeriggi fa anche il coro Voci dal Mondo di Alberto Bustos, la formazione corale che è una delle espressioni più concrete dell’ecumenismo che vige a palazzo Gallenga. Con una bella esposizione di premi vinti, tra cui il riconoscimento “Giuseppe Allegrini” che è una delle più concrete dimostrazioni di mecenatismo privato maturato all’interno dei concerti AGiMus, il duo, che si fregia anche di riconoscimenti conseguiti nel Sol Levante, ha evidenziato quella forte compattezza strutturale che è alla base della sua solidità. Tre le partiture percorso con un fervore quasi bruciante, col pianoforte sempre integrato tra le corde del violino, armoniosamente connessi per un percorso sonoro esaltante. Senza un momento di pausa tra un pezzo e l’altro il duo si era annunciato con una Romanza di Rachmaninov che era di per sé ad alta temperatura.
La musica poi ha continuato a ribollire nella esposizione di una pagina di raro ascolto, la prima Sonata op. 13 di Faurè. Per l’AGiMus di Salvatore Silivestro si è trattato di un completamento del profilo del grane autore francese celebrato nel suo centenario con un concerto vocale e una conferenza. Con queste bellissima pagina di un raffinato, ma bruciante camerismo si è ancora una volta aperta una finestre sulla “Sonata di Vinteuil” che è uno degli enigmi ancora aperti dalla Recherche di Proust. Azzardando una ipotesi peregrina puntiamo sul tema finale dell’Allegro conclusivo, un pigolio sommesso e palpitante che accarezza l’orecchio e potrebbe porsi come frammento di memoria.
Ma come sempre in Proust è tutta una ipotesi. Certezze assolute invece nella costruttività della Seconda Sonata di Brahms percorsa con autorevolezza e incisività fino all’apoteosi finale. Applausi, tutti in piedi con affetto e partecipazione e un bel bis di De Falla come promessa di un auspicato ritorno.
Stefano Ragni