Dopo mesi di silenzio e terapie, il 17enne accusato di aver ucciso con 53 coltellate il capocantiere racconta il presunto inferno vissuto: molestie, minacce e un segreto “di cui si vergognava”
Un coltello in tasca, una decisione che – se confermata – sarebbe maturata nel silenzio e nella vergogna. E una fuga in monopattino dopo aver inferto 53 coltellate. È questo il macabro quadro che da novembre scorso tiene stretto in una morsa la città di Foligno e che ora, con le ultime dichiarazioni del giovane arrestato, si arricchisce di un nuovo, inquietante tassello: il movente, finora taciuto, sarebbe legato a una presunta ossessione sessuale da parte della vittima nei confronti del ragazzo. Ad anticipare la notizia è il Corriere dell’Umbria in un articolo a firma di Francesca Marruco.
Il minore – da poco divenuto maggiorenne – è accusato dell’omicidio volontario aggravato dalla premeditazione di Salvatore Postiglione, 56 anni, capocantiere, con cui aveva lavorato fianco a fianco nei cantieri della zona. Dopo mesi di silenzio, interrotti solo da qualche frase durante i colloqui in carcere e un trattamento sanitario obbligatorio, il giovane ha scelto di parlare.
“Se non lo facevo io, lo faceva lui”
Interrogato alla presenza dei suoi avvocati, Ilario Taddei e Samuele Ferocino, il ragazzo – si legge ancora nel Corriere dell’Umbria – ha raccontato al procuratore dei minori Flaminio Monteleone un rapporto di lavoro che, col tempo, si sarebbe trasformato in una relazione tossica fatta di pressioni psicologiche, avances e paura. “Mi ha offerto dei soldi per fare sesso con lui”, ha dichiarato. Una frase che, da sola, ridisegna la cornice emotiva e psicologica attorno a quel gesto estremo. Ma non solo: in un’altra occasione, ha raccontato, Postiglione lo avrebbe portato a casa sua e gli avrebbe mostrato una pistola. “Forse per spaventarmi”, ha detto. E infine: “Se non lo ammazzavo io, lo avrebbe fatto lui.”
Parole pesanti come macigni, che ora dovranno essere vagliate dagli inquirenti alla ricerca di riscontri concreti. Per ora, nulla di quanto riferito sul fronte delle molestie o delle minacce ha trovato conferma oggettiva. Ma gli investigatori non escludono nulla, e continuano a scavare nel passato recente dei due.
Il “segreto” confessato a un’amica
Un segnale, però, il giovane lo aveva lanciato anche prima del 7 novembre. Aveva confidato a un’amica di avere un “segreto di cui si vergognava”, qualcosa che lo legava a quell’uomo più grande, con cui aveva smesso da poco di lavorare. Nessun dettaglio in più, solo quel peso non detto, che ora torna a galla con prepotenza.
Quella mattina – ricostruiscono gli inquirenti – il ragazzo si sveglia all’alba, prende un coltello da cucina, e si reca al parcheggio di via La Louvière, dove di solito Postiglione lo aspettava per andare insieme in cantiere. Ma quel giorno, non c’era alcun cantiere da raggiungere. Solo un incontro che si sarebbe concluso in una carneficina.
Una città sorvegliata che ha visto tutto
L’intero delitto è stato ripreso dalle telecamere di videosorveglianza installate nella zona. Occhi elettronici che hanno seguito ogni passo: il giovane che si avvicina, che colpisce con violenza inaudita, e poi fugge in monopattino. Le stesse immagini lo inchioderanno poche ore dopo, portando all’arresto da parte della polizia di Perugia, con il supporto del commissariato di Foligno.
La scena del crimine, il parcheggio della zona industriale de La Paciana, racconta da mesi una storia muta ma terribile. La premeditazione, secondo l’accusa, c’è tutta: non solo per l’arma portata da casa, ma anche per la fredda determinazione con cui il ragazzo avrebbe compiuto il delitto.