Inflitti cinque anni e tre mesi e cinque anni di reclusione a due anziani, rispettivamente di 74 e 82 anni

Il Tribunale di Terni ha condannato due anziani per violenza sessuale aggravata su una colf.
Come riporta oggi Il Corriere dell’Umbria, il collegio giudicante, presieduto da Rosanna Ianniello e composto anche dai giudici Dorita Fratini e Biancamaria Bertan, ha inflitto cinque anni e tre mesi e cinque anni di reclusione a due anziani di Narni, rispettivamente di 74 e 82 anni. Entrambi erano accusati di violenza sessuale su una donna di 42 anni, originaria del Marocco, assunta dai due come collaboratrice domestica perché, data la loro età avanzata e i problemi di salute, potesse aiutarli in casa nelle incombenze di ogni giorno.
Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti in base dalla denuncia sporta dalla donna dopo il suo licenziamento, per fatti avvenuti fino all’aprile del 2018, la stessa sarebbe stata oggetto di pesanti attenzioni a sfondo sessuale e non solo. Abbracci, palpeggiamenti, ma anche graffi e l’imbarazzo – per usare un eufemismo – di essere avvicinata dai due anziani completamente nudi. Scene che la vittima avrebbe immortalato in alcuni brevi video girati con il proprio smartphone e finiti nel fascicolo processuale. E tutto sarebbe accaduto dietro la minaccia che, se avesse rifiutato tali abusi, sarebbe stata cacciata via perdendo così il suo lavoro. In un caso l’intimidazione sarebbe stata rappresentata anche dall’esibizione di un’arma da fuoco, in particolare un fucile.
Una lettura dei fatti più che condivisa dal Tribunale che ha inteso andare ben oltre le condanne – due anni e sei mesi di reclusione ciascuno – chieste dalla pubblica accusa in aula. Un punto di vista che le difese dei due imputati, rappresentate dagli avvocati Arnaldo Sebastiani e Francesco Bassitto, intendono invece ribaltare totalmente in appello. “C’è certamente amarezza per il giudizio di primo grado – osserva l’avvocato Arnaldo Sebastiani – ma anche la ferma convinzione che la ricostruzione reale dei fatti sia destinata, prima o poi, ad emergere completamente”.
Badanti troppo spesso vittime di violenze
ROMA – Si calcola che siano almeno 700 mila le persone occupate come badanti e colf in Italia, un milione secondo altre stime: in nove casi su dieci sono straniere, in uno su sei di sesso maschile. Ma i casi di abusi nei confronti degli anziani assistiti sono relativamente rari, anche perché è la condizione stessa dell’essere immigrati a disincentivarli. Mentre accade invece di frequente che siano proprio loro, colf e badanti, ad essere vittime di veri e propri abusi, sia sessuali che di sfruttamento lavorativo e scarso rispetto per la persona.
Ne è convinto Franco Pittau, coordinatore del dossier statistico immigrazione prodotto annualmente da Caritas – Migrantes e che proprio di recente ha collaborato con l’Inps per un quadro aggiornato delle posizioni previdenziali nell’archivio dell’istituto. Quadri statistici alla luce dei quali il caso della badante marchigiana che costringeva la sua assistita a chiedere la carità per suo conto – così come quello recente dei due coniugi di Terni, anch’essi italiani, che avevano legato al letto la signora ottantenne che assistevano per passare la giornata al mare – appaiono come episodi atipici e isolati.
“Piuttosto – osserva Pittau – andrebbe segnalato un fenomeno di cui non si parla mai: quello delle badanti come soggetti abusati, sessualmente e non solo, dai datori di lavoro. Certo, abusi ai danni degli assistiti possono capitare, fra le tante badanti in Italia, ma di solito gli immigrati fanno di tutto per lavorare bene e semmai può solo accadere che aspirino a contratti migliori, in particolare proprio d’estate”. Al tempo stesso accade invece, evidenzia ancora Pittau, che proprio il lavoro domestico sfugga all’Inps, tornando nel sommerso dopo la regolarizzazione dell’immigrato, perché non vengono più pagati i contributi, tanto da poter essere paragonato ad un fenomeno carsico.
Dal punto di vista delle badanti si mette anche Roberto Marchetti, presidente di un’associazione di volontariato a Ferrara, la “Nadiya”, che presta assistenza proprio a loro, nei casi di malattia o di aiuto all’inserimento. A Ferrara, esemplifica, ve ne sono 5.000, sopratutto ucraine, 1800 delle quali regolari: se vivessero qui con la loro famiglia farebbero l’equivalente di un centro di almeno 10 mila abitanti. Quanti casi di “nera” appaiono sui giornali di una cittadina di quelle dimensioni? “Qui, in cinque anni – risponde – ho sentito solo di due donne che si sono ubriacate una sera. I comportamenti sono frutto di fattori soggettivi, legati al proprio passato e, nel caso degli immigrati, a cosa trovano in Italia”.
Di sicuro però, sottolinea anche Marchetti, c’è una scarsa propensione delle famiglie italiane ad avere un atteggiamento “imprenditoriale” verso il loro lavoro, stabilendo contratti regolari o pagando le ferie cui tutti hanno diritto. “Senza contare l’anziano che, poiché paga, si sente in diritto di pretendere anche prestazioni sessuali – aggiunge – o l’anziana che vede la badante come una figlia, di cui vuole controllare le uscite o l’abbigliamento”. Per questo, conclude, “quando facciamo da contatto chiediamo che i contratti siano firmati davanti ai sindacati e che le persone siano regolarizzate”.
(ANSA)