A Salvatore Silivestro il Nobel della simpatia. Nel concerto dell’altra sera che ha sfiorato la mezzanotte si sono sentite ovazioni da stadio, tra cui spiccavano i “Bravo Salvatore” urlati a gran voce. Raramente al Morlacchi si è creato un clima così acceso e così partecipativo. Il tradizionale concerto di capodanno, il “Vienna Vienna!” che si ripete da tanti anni ha toccato vertici di comunicatività sottolineati dal saluto del presidente del Consiglio Comunale, Leonardo Varasano, che a nome di tutta la città ha espresso la gratitudine che lega i perugini a un personaggio che, come presidente nazionale dell’A.Gi.Mus ha portato tante occasioni di ascolto sia nel teatro civico del Verzaro che nell’aula magna dell’Università per Stranieri, legata all’AGiMus da un patto cinquantennale. E in tal senso va sottolineata la presenza del neorettore Giuliana Bolli che della collaborazione tra il sodalizio musicale giovanile e l’ateneo internazionale è la prima garante.
L’orchestra ospite era quella dello scorso anno, la nazionale del Kazakhastan, una formazione di grande tradizione russa, con ottoni fermi e squillanti e una compagine di archi compatti ed elastici, capitanati da un primo violino dalla tecnica eccezionale.
Il programma che ha conquistato la sala si è aperto con numeri già troppo ascoltati nel concerto di inizio anno, Mascagni, Verdi e Rossini con usura di frequanza, e un Ciaikovsky e un Bizet di troppo. Ma in mezzo a tutto spiccava il tema augurale del 2019, la musica di Franz von Suppè, italiano di Spalato, il re dell’operetta viennese che, con la sua ouverture della “Cavalleria Leggera” ci ha trasportato nei climi della Belle Epoque.
Ad apertura della seconda parte ecco i valzer e le polke di Strauss. E qui si è aperta una cascata di meraviglie, a partire del grande valzer dell’Imperatore, uno dei più bei ritratti dedicati a un monaca assoluto, il Franz Joseph della Vienna ottocentesca, coi suoi ritmi marziali e la sua affettuosa partecipazione ai destini della città più cosmopolita d’Europa. Ma quando Silivestro ha chiesto a un gruppetto di ascoltatori opportunamente preparati di fare i versi degli uccelli per accompagnare la polka In Krapfenwald, allora si è scatenato il più gioioso putiferio mai udito al Morlacchi in un concerto classico. Atmosfera che si è rinnovata nella polka “I chiacchieroni”, dove tutti, orchestra e pubblico erano invitati a conversare ad alta voce. Attenzione ormai alle stelle per ospitare un pezzo serioso e languido come “Les patineurs”, ma un attimo dopo “Annen polka” ha rinnovato gli estri comunicativi di una musica più che brillante. Il vaporoso Danubio Blu ha rischiato di essere travolto dalla polka “dei sospiri” che ha richiesto ancora una volta la collaborazione del pubblico.
Ma nel frattempo Silivestro si era esibito in una poesia in castigliano, scatenando poi, a sorpresa, un pezzo da corrida, Espana, di Pablo Marquin, con ottoni in positiva evidenza. La Radetzki March è passata quasi come pezzo interlocutorio perché si capiva che la gente voleva riascoltare qualcosa di prima, per sentirsi di nuovo investita della partecipazione. Ecco allora gli uccelli del bosco a siglare un buon anno che lascia sperare ogni bene.
Stefano Ragni