di Alberto Laganà
La ‘Qualità della vita’, la classifica elaborata ogni anno dal Sole 24 Ore del lunedì sulle province italiane in cui si vive meglio, compie 30 anni nel 2019 e ci offre molti motivi di riflessione sullo ‘stato di salute’ dell’Umbria dal punto di vista economico, ambientale, sociale, demografico, relativo alla sicurezza e alle prospettive di vita.
È Milano la città più vivibile di Italia nel 2018. Il capoluogo lombardo svetta per reddito, lavoro e servizi. Al primo posto per depositi in banca pro capite, ha un buon tasso di occupazione e vince come migliore smart city. Anche la cultura sale sul podio, con la spesa media dei milanesi al botteghino.
In fondo alla classifica Vibo Valentia. La provincia calabrese è penalizzata dalle performance legate alla giustizia, ai servizi e alle variabili reddituali. Ultima per durata media dei processi e pendenze ultra-triennali nei tribunali, registra anche una delle più basse spese medie degli enti locali per minori, disabili e anziani.
Dall’analisi dei dati desunti da diversi indicatori come statistiche, dati Istat, report di Banca d’Italia ed altre fonti ufficiali qualificate si ha un quAdro univoco: peggiora la qualità della vita in Umbria, nel 2018 rispetto al 2017, ed è un trend negativo che dura da anni. Inoltre la provincia di Terni è in una situazione peggiore rispetto a quella di Perugia perchè il capoluogo di regione ha innegabili vantaggi sotto molti punti di vista che analizzeremo tra breve.
Tra il 2017 ed il 2018, secondo l’accurata inchiesta, sia la provincia di Perugia che quella di Terni hanno perso una decina di posizioni ciascuno in graduatoria, passando dal 49imo posto al 59imo Perugia e dal 59imo al 68imo Terni scivolando irrimediabilmente verso la bassa classifica delle province italiane.
Il gap con Milano, che quest’anno guida la classifica, è di circa il 20%, un divario che lascia l’amaro in bocca su
come sia stata amministrata in questi ultimi 30 anni la nostra regione.
Analizziamo i dati più salienti.
Per quanto riguarda ricchezza e consumi, su 92 province, quelle umbre figurano al numero 60 (Perugia) e 65 (Terni), vale a dire ha perso 10 posizioni la prima e 9 la seconda rispetto all’anno prima.
Un indice di povertà, o se vogliamo minor ricchezza, ce lo fornisce il dato relativo ai depositi bancari al numero 65
e 76, confermato dal dato del pil pro capite 62 e 73.
Che l’economia non sia florida lo attesta il costo dei canoni di locazione (65 e 68).
A conferma del pesante divario tra Terni e Perugia ce lo fornisce il dato sulla spesa per consumi che situa il sud della regione al 59° posto con 2287 euro mentre il nord fa segnare un buon 25° posto con 2773 euro con una differenza di oltre il 20%.
Per quanto riguarda il tasso d’occupazione Perugia veleggia a metà classifica (43a contro la 62a posizione di Terni; non va meglio per la disoccuazione giovanile con il 23.8% ed il 32,7%, vale a dre il 52° e 75° posto.
Vi sono anche dei dati moderatamente positivi, ma non in modo omogeneo: per gli impieghi sui depositi occupiamo la 15a e 29a piazza, per le start up 16a 20a, per ambiente ed ecosistema urbano 28a e 48a.
Buona la scolarizzazione e per numero di laureati ci distinguiamo: 23 e 28, mentre si spende poco per la spesa sociale 37 e 55. In compenso vi sono ancora parecchie librerie rispetto al numero di abitanti con un buon 6° e 20° posto; così come per il numero di cinema 42 e 58, di spettacoli 26 e 13.
Ma sulle politiche del turismo siamo fortemente carenti con una permanenza sul nostro territorio che ci situa al 72° e 92° posto con poco più di 2 notti di soggiorno per ospite. E’ un mordi e fuggi perchè l’Umbria non sa fare sistema creando un circuito regionale che ‘costringa’ il turista a fermarsi almeno per una sttimana, che è il dato medio del tempo utilizzato per le vacanze.
Più di tante parole contano i numeri, ed i numeri sono impietosi nella sepranza che i nuovi inquilini di Palazzo Cesaroni ne prendano atto e comincino ad agire per invertirwe la tendenza negativa a.ttuale