Umbria Mobilità sta “scomoda”, ha debiti per 104.630.114 euro da ristrutturare in dieci anni. Come riferisce oggi Il Corriere dell’Umbria, il buco nero è certificato nell’ultimo bilancio della società di trasporto pubblico locale che gestisce l’infrastruttura ferroviaria di proprietà della Regione (Ferrovia Centrale Umbra) e il proprio patrimonio immobiliare.
Umbria Mobilità si è costituita ufficialmente il 1º dicembre 2010 dallo scioglimento e conseguente fusione di sette aziende umbre: sei aziende di trasporti, ovvero APM ed APM Esercizi (Perugia), ATC TPL e Mobilità (Terni), SSIT Gestione e SSIT Servizio (Spoleto) e Ferrovia Centrale Umbra, più la società strumentale Umbria House.
Oltre ai servizi di trasporto pubblico, Umbria Mobilità annovera tra le sue attività anche la gestione di parcheggi, la manutenzione dei mezzi, la produzione di energie rinnovabili e l’installazione di tornelli.
Umbria Mobilità opera anche al di fuori dell’Umbria. A Roma gestisce il trasporto su gomma della rete periferica (assieme ad altri operatori privati) attraverso Roma TPL. Si occupa inoltre della gestione di parcheggi in sei regioni italiane. La società conta 62 dipendenti.
Per venirne fuori l’amministratore unico uscente, Ferruccio Bufaloni, ha elaborato un piano decennale, che prevede recupero crediti, vendita del patrimonio e parziale stralcio delle partite in piedi con le banche.
Saranno i nuovi gestori a doverlo portare a termine, per evitare il default.
E’ l’ultima chiamata per la partecipata pubblica che ha gestito il tpl locale accumulando centinaia di milioni di debiti in poco più di un decennio. La svolta arriva con la nascita dell’agenzia dei trasporti, venerdì, che permette di risparmiare otto milioni di euro l’anno di Iva previo “patrimonio destinato” per evitare l’aggressione delle banche. C’è il maxi debito da ripianare.
Umbria Mobilità dovrà rifondere gli istituti di credito per 46,5 milioni, i soci pubblici per 11 milioni alla Regione e 2,7 alla provincia di Perugia e i fornitori, che devono riprendere 10,6 milioni. A questi si assommano altri debiti legati a partite tributari e collegati alle partecipate pari a 33,6 milioni. Proprio dalla partecipata romana, Roma tpl, nella prima decade degli anni Duemila si creano oltre 50 milioni di impegni mai sanati. I servizi svolti nel Lazio non sono mai stati pagati dalle istituzioni di riferimento ma venivano messi a bilancio. Sopperivano le banche. E ancora: consulenze, sponsorizzazioni, tangenti.
La Procura ha chiuso le indagini su cinque dei manager della gestione di allora. Arriviamo nel 2012, quanto Um è entrata in crisi di liquidità mettendo a rischio tutto il trasporto su ferro e gomma: Regione e Provincia hanno fatto prestiti per 20 milioni. Qui si è pure acceso il faro della Corte dei conti: 45 amministratori pubblici indagati. La procura perde in primo grado e in appello. Ora il giudizio pende alle sezioni riunite di Cassazione. Ci sono anche altre partite andate a vuoto, vedi i sei milioni di euro spesi dalla partecipata Sbe per un impianto di generazione elettrica ad olio di colza mai decollato. Bufaloni, che ha già messo in piedi il primo piano di ristrutturazione nel 2013 con Santucci – con la cessione, decisiva, dell’esercizio di bus e treni a Busitalia – da amministratore unico ha ulteriormente contenuto i costi e recuperato parte dei crediti romani. Automaticamente riducendo il debito. Ventuno milioni in meno nell’ultimo anno. Il bello viene adesso.
Da qui al 2030 va rispettato il cronoprogramma per azzerare il debito. L’attività odierna di Um consiste negli affitti a Busitalia degli immobili situati in Umbria di quelli su Roma e provincia a Roma tpl e Cotri.
Queste ultime non pagano, si stigmatizza nel bilancio 2019 di Umbria mobilità, chiuso con 53.679 di utile a fronte di importanti accantonamenti per “ulteriori rischi di perdite su crediti”. Il buco nero, cioè, può allargarsi ancora.