Nel 2018 complessivamente 286 milioni di euro sono passati dalle tasche degli umbri alle fauci della vorace amministrazione pubblica, qualcosa come 323 euro a testa.
A fornirci la triste notizia è la Cgia di Mestre elaborando dati forniti dal ministero dell’Economia e dell’Agenzia delle Entrate.
La cosa più preoccupante è che in soli 7 anni l’aggravio è raddoppiato e, mentre l’inflazione si è mossa di poco nello stesso periodo, i balzelli sono continuati a lievitare.
E’ una sorta di prelievo forzoso sugli immobili che ha messo in ginocchio il settore dell’edilizia e tutto ciò che gravita intorno ed espellendo una forza lavoro di almeno 10 mila persone solo in Umbria.
Per non parlare dei danni arrecati a commercio ed industria perché in un periodo di crisi economica far pagare di più capannoni e luoghi di lavoro ha depresso ulteriormente i settori produttivi della nostra regione.
Tra Imu, Tasi e Tari gli immobili hanno segnato una perdita di valore che sfiora il 50% perché tutti gli edifici sono sottoposti ad un carico fiscale insopportabile.
Tanto per fare un esempio, l’Ici ora Imu, che dieci anni fa doveva essere abolita, è passata da 4,9 miliardi di euro a 10,2 a livello nazionale.
La ricetta è una sola in Umbria come nel resto d’Italia: eliminare le ruberie, tagliare le spese e colpire i furbi ma sembra che sia un’impresa titanica.