Di Adriano Marinensi – La notizia è piccola, però merita elogio. A Terni, il proprietario di un negozio, ogni fine giornata, espone all’esterno un grosso cesto pieno di buste contenenti il pane rimasto invenduto e, in tal modo, destinato alle persone in stato di bisogno.
Certo, è poca cosa rispetto al fenomeno dello spreco alimentare. Comunque fa da ottimo esempio da seguire se si vuole avviare l’azione di recupero, sia in termini quantitativi, sia di valore, sia di costume sociale. Lo spreco giornaliero di una città come Terni, potrebbe essere utile a contenere il disagio delle vecchie e nuove povertà esistenti in città. se affidato alle Associazioni di volontariato e gestito in maniera razionalmente organizzata.
Per rendersi conto di quanti generi alimentari vanno perduti, bastano alcuni dati. La Coldiretti ha fatto un calcolo riferito all’Italia: il valore complessivo si aggira intorno ai 12 miliardi di euro l’anno. Il 54% lo perde il consumo, il 21% la ristorazione, il 15% il commercio, il restante 10% tra agricoltura e trasformazione. Proiettato a livello mondiale – ce lo dicono i dati della FAO – la perdita si definisce sinteticamente così : 1/3 del cibo prodotto viene dissipato. In un pianeta dove una parte dell’umanità si trova al limite del livello di sopravvivenza, i numeri danno la percezione di un delitto civile.
Il rimprovero solenne lo dobbiamo ascoltare, altrimenti il valore della solidarietà diventa pura enunciazione culturale. Mentre dovrebbe essere doverosa attenzione verso gli emarginati, almeno destinando a buon fine il superfluo. All’inizio di febbraio c’è stata la Giornata nazionale antispreco, iniziativa importante, però passata quasi inosservata, mentre avrebbe dovuto essere l’occasione per riflettere e progettare azioni concrete. Ha detto, di recente, il Ministro Maurizio Martina : “Ogni anno recuperiamo 550 mila tonnellate di cibo, ma dobbiamo fare di più”. Ha piena ragione, in quanto, se sono reali i dati della Coldiretti, esistono ancora, in Italia, ampi spazi ove muoversi con efficacia.
Forse, proprio il Governo dovrebbe attivarsi sul piano della semplificazione burocratica e dell’agevolazione fiscale, al fine di favorire la cessione dei prodotti non più adatti alla vendita. Recuperare gli sprechi significa anche attenuare l’impatto negativo sull’ambiente causato dalle vere e proprie montagne di rifiuti. E’ un altro problema in perenne attesa di soluzione. Terni, tanto per rimanere in casa nostra, di rifiuti ne ha prodotti tanti da “costruirci” una collina. Poi, venuta meno ogni possibilità di ulteriore smaltimento nel sito di Voc. Valle e cessata l’attività dell’inceneritore comunale, il risultato della raccolta viene quotidianamente trasportato ad Orvieto. Un servizio costretto a macinare più chilometri che rifiuti, finisce per scaricare i suoi costi aggiuntivi sulla tassa a carico dei cittadini. E, malgrado la tassa sia elevata, l’igiene del suolo lascia a desiderare. Molte speranze ora sono riposte nella differenziata e nel “porta a porta”.
E’ evidente che le “negatività” prodotte dai rifiuti non si limitano alla raccolta ed allo smaltimento. Interventi sarebbero necessari a monte nel settore della produzione degli incarti e degli imballaggi che ormai hanno pesantemente invaso il mercato al dettaglio e accrescono la massa non recuperabile. In crescita, e non è aspetto marginale, sono gli scarti derivati da apparecchiature elettroniche che ormai vanno assimilati a quelli pericolosi.
Tornando, per concludere, alla questione dello spreco, non va dimenticato un cenno alla nuova legge approvata dal Parlamento francese che considera reato la dissipazione del cibo. Sarà pure una normativa di difficile applicazione, però diffonde un segnale forte che, di sicuro, apporterà modifiche alla situazione attuale. Nel nostro Paese, mezza Camera dei Deputati ha firmato la proposta di legge “per la limitazione degli sprechi, l’uso consapevole delle risorse, la sostenibilità ambientale e il riuso delle eccedenze”. Con i tempi lunghi del Legislatore, ci sarà ancora da aspettare. I proponenti si sono posti anche il problema del “costo sostenuto dalla collettività e il dispendio delle risorse naturali”. L’obiettivo primario resta comunque “il recupero dei prodotti alimentari invenduti a fini di solidarietà sociale”. Ed allora, proprio “a fini di solidarietà sociale”, la piccola notizia citata in apertura, del pane e del commerciante ternano, diventa testimonianza di un gesto nobile da seguire ed elogiare.