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Terni: la movida che tradisce le aspirazioni dei giovani

admin06 Mins Read
 
 
 

Di Adriano Marinensi – Qualche notizia di cronaca “balneare” che però merita una modesta riflessione. Ecco la prima. Nel biennio 2013 – 2014, in Italia c’era un Governo guidato da Enrico Letta. E un momento della crisi economica da far paura, con relative esigenze di cassa per l’Erario.

Si pensò quindi di farsi dare un “contributo” dalla categoria (casta?) dei pensionati i quali godono – e come godono! – di appannaggi superioni alle 90.000 euro l’anno.

 
 
 
 

Infatti, nella legge di stabilità n. 147/2013, il legislatore inserì un paio di commi che autorizzavano il prelievo sulle cosiddette pensioni d’oro. Colpiti all’altezza della tasca posteriore dei pantaloni (punto particolarmente delicato per i tantotenenti), gli esagerati signorotti “senzatetto” (cioè, senza limite di decenza retributiva), se la sono presa a male, gridando all’ attentato costituzionale. Talché, della diatriba è stata investita la Suprema Corte, la quale però – con la sentenza n. 176/2016, emessa a carico dei protestanti – ha dichiarato “non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata”. Ad essere invece pienamente lecito era il prelievo deciso dal Governo, non “configurabile come tributo”, ma da considerare (con)tributo “con finalità solidaristiche”. Insomma, un atto di giustizia alla Robin Hood che toglieva ai ricchi per dare ai poveri.

E’ scesa in campo una masnada di azzeccagarbugli fiscali per dimostrare l’ignoranza costituzionale della Corte costituzionale e ribadire l’illegalità del prelievo, sulla base di una ridda di articoli contenuti nella Carta. Un abbaiare alla luna, in quanto le decisioni dei Supremi giudici sono definitivamente esecutive. Certo, leggendo il “deliberato”, si avverte che un po’ di lana caprina c’è. Nelle argomentazioni dei “contestatori” se ne rileva più del doppio. Forse in conseguenza del fatto che, nel vocabolario degli smodatamente abbienti (e nullafacenti), titolari delle pensioni d’oro (anzi, di platino), il termine SOLIDARIETA’ non esiste.

Quindi il privilegio è mio e guai a chi me lo tocca. Si tratta molto spesso di privilegi creati dagli adoratori (Cicero pro domo sua) del libero mercato e di onore al merito, senza se e senza ma. A tal proposito, illuminanti e contestatrici di tale assunto, mi son parse le parole di Sergio Marchionne, managerissimo che di iperemolumenti se ne intende. Dice: “I mercati non hanno coscienza, non hanno morale, non sanno distinguere tra ciò ch’è giusto e ciò che non lo è”. E, parvemi conseguente aggiungere che le pensioni superiori ai 90 milioni proprio giuste, giuste non sono. Per giustificare il colossale malloppo, qualcuno ha scritto che “nei Paesi civili, ai pensionati è destinato un carico contributivo in ragione delle debolezze connesse all’età ed al deficit di salute”. Premesso che gli acciacchi della vecchiaia e i guai di salute ce l’hanno pure i quiescenti da 1000 euro al mese, meglio sarebbe sostenere che – in un Paese civile – non dovrebbero esistere pensioni di latta e pensioni d’oro. E neppure “bonuscite” multimilionarie. Per esempio, quelle accreditate sui già sostanziosi conti correnti di amministratori e presidenti che hanno ridotto per stracci parte del sistema bancario italiano e parte degli Enti pubblici economici. Non vi pare ?

Come in occasioni precedenti, con un salto in basso, vorrei dedicare poche righe ad un aspetto di vita avente dimensione locale. Mi porge il tema un altro titolo estivo in cronaca di Termi: “Droga a fiumi per la movida. Blitz della Polizia, 7 arresti”. Anche se il fatto è avvenuto a metà luglio, l’informaziome conserva il suo inquietante significato. Non mi è dato sapere se il titolista, con “droga a fiumi” abbia esagerato, però pur se fosse a ruscelli, la “droga per la movida”, sarebbe ugualmente una sciagura. Il titolo seguente, sempre su Terni, è recentissimo: “Al setaccio la movida, nei guai tre locali”. Tempo addietro, quando andò in onda la telenovela, durata diverse puntate, che coinvolse Assessorati e Associazioni di categoria sul tema dell’allungamento dell’orario notturno della movida ternana, mi permisi di esprimere dissenso verso la straordinaria attenzione riservata ad un aspetto marginale della comunità. Anzi, ci aggiunsi una considerazione in spregio alla nuova moda che sa tanto e solo di schiamazzo e sciatteria, con qualche effetto collaterale di degrado urbano (liquido) dentro i portoni aperti. Non ho cambiato idea, pur cosciente che questo è ciò che passa il convento.

Tra le nuove mode della nostra modernità bizzarra, un’altra sta imperversando: l’uso maniacale del telefonino. Mi è capitato, non da molto, di incrociare, in una via stretta del centro città, alcuni ragazzi e di correre il rischio d’essere investito, malgrado si andasse tutti a piedi. Stavano smanettando, in stato quasi ipnotico, sui propri smartphone e quindi astratti dalla realtà circostante. Ho detto a me stesso, di questo passo – in futuro – ci saranno pericoli aggiuntivi per la circolazione pedonale. Invece, non in futuro. Gli statistici hanno segnalato che il repentaglio è già presente. E non solo per chi circola “lento pede”, il sinistro frontale sta davanti l’angolo. Pure in autovettura, dove sono sempre più numerosi i cacciatori di fantasmi, i quali piloti, una mano al volante e l’altra sul cellulare, cercano il pupazzo Pokemon. Oppure sono intenti a ricevere e trasmettere, non di rado per gioco e in modo compulsivo, i messaggini di stampo cretino.

Il fenomeno – attesta con dati di fatto, la Polizia stradale – coinvolge in prevalenza i giovani e quindi il segnale lanciato è di colore rosso: più del 30% di incidenti avviene per abuso del cellulare alla guida. Ovviamente, di ultima generazione, altrimenti sei aut. Si tratta di una constatazione meritevole di attenzione sociale. Se vai a piedi, come andavo io all’incrocio con i ragazzi di cui sopra, al massimo, nel frontale, puoi rimediare una “smusata”; in macchina, le conseguenze diventano molto serie. Ancora le statistiche ci informano che il micidiale marchingegno elettronico (cioè, l’imputato cellulare) è diffuso a livello di arma di distruzione di massa. Nel 2015, ne sono stati acquistati nel mondo qualcosa come 1,3 miliardi (dicesi, miliardi, mica bruscolini) di pezzi, con un sostanzioso aumento rispetto all’anno precedente. Ulteriore crescita delle vendite è prevista per il 2016. Pare si tratti di una epidemia. E il vaccino non è stato ancora inventato.

Siccome, nell’odierno scrivere, sono passato di palo in frasca, la chiusura la vorrei dedicare alla montagna di parole – al netto dei doverosi resoconti dedicati alla cronaca – diffuse dalle emittenti televisive, d’ogni risma, sul doloroso disastro del terremoto. Se fossero stati mattoni, anziché parole, ci avremmo potuto ricostruire le case. Molte, purtroppo erano chiacchiere.

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