di Adriano Marinensi – Nel servizio precedente ho scritto del “gemellaggio storico”, chiamiamolo così, tra la città di Terni e la grande fabbrica dell’acciaio, come risulta dall’album fotografico Terni in posa. Ora vorrei sfogliare l’altro volume Terni illustrata, Cartoline d’epoca che, a parità di merito, presenta il “panorama” locale com’era nel medesimo periodo, dall’inizio del ‘900 agli anni ’50. Una rarità. Le foto sono ugualmente tante: consentono anche il confronto, umano e sociale, tra il come eravamo allora e come siamo oggi. Per chi c’era allora ed oggi c’è ancora (pochi), quasi il mondo rovesciato, dove si evidenziano tutti i segni di un arretrato con il moderno, con le fregole del consumismo, con la teatralità di certa fasulla gioia di vivere. Quella di allora “scomoda”, però autentica.
Incuriosisce il panorama della città, presentato in momenti diversi e ugualmente riprodotto nella struttura urbanistica. Mentre il raffronto tra la Terni del 1901 e l’altra del 1973 appare improponibile. C’è Piazza del Mercato ortofrutticolo brulicante di gente; era frequentata dai piccoli produttori provenienti esclusivamente dagli orti di periferia; al banchetto, dalla parte del venditore, molte le mogli dei “metal contadini”. La Via Vittorio Emanuele del 1921, percorsa dal carretto del verduraio, le bancarelle di Piazza Corona e le donne che portano in testa grossi cesti di merci, la atavica Piazza Clai. Gremiti di frequentatori i Giardini della Passeggiata, in pose successive, dagli anni ’20 in poi; all’ingresso, l’edificio della Scuola d’arte, quando fu Opera Nazionale Balilla (O.N.B.), quindi Gioventù Italiana del Littorio (G.I.L.). Un paio di curiosità: La colf della signora Contessa s’era fidanzata e l’amica Teresita le invia (1901) una cartolina illustrata (che mostra la Chiesa di S. Alò), corredata di “complimenti caldi e sinceri”. Ed il bambino che manda, sempre in cartolina, “tanti bacetti agli zii” e li informa che “l’uovo molto buono è finito e il cappellino mi sta tanto bene”.
Il mezzo di locomozione primaria agli esordi del XX secolo, assai presente nelle immagini, è il tram che sferragliava in giro per la città, dalla stazione ferroviaria al centro urbano, alla “barriera Valnerina” e poi su, su verso Papigno ed oltre. Ecco il villico a Porta Spoletina “co’ lu brecche” (vernacolo autentico) e l’asino alla stanga. Ecco l’ex Stabilimento Alterocca che ha diffuso le immagini di Terni in cartolina verso mezzo mondo e oggi non c’è più. E’ stato un concittadino illustre Virgilio Alterocca: il suo obiettivo – disse – “asservire la cartolina illustrata alla educazione del sentimento e del gusto”, perciò espressione alta dell’arte grafica e fotografica. Una azienda, il Poligrafico e un industriale, Alterocca, che sono nella storia di Terni e con una presenza maggioritaria nel volume “Terni illustrata”. Insieme al Poligrafico, c’era il Politeama Alterocca con i primi grandi spettacoli a Terni. Informa un antico manifesto: Sabato e domenica 2 e 3 febbraio 1889, dalle 9 pom. alle 4 ant., Gran Festival. Ingresso per uomini Una lira e per donne 50 cent.
Notevole il primitivo Palazzo del Comune sul quale troneggiava la Torre dell’orologio in stile antico e di fronte la Chiesa (demolita) e le carrozze col vetturino. Si può ammirare Palazzo Spada attorniato da “intricata verzura”, Ponte Garibaldi chiuso da robusti cancelli e due grintose colonne ai lati. Molte le visioni di riguardo per il “salotto buono” della città, intitolato a Cornelio Tacito ed alla Piazza omonima, prima libera e quasi desolata, quindi con il Monumento ai Caduti al centro e infine abbellita dalla Fontana dello Zodiaco, il simbolo della ternanità, oggi bene incartata da tempo e proibita alla vista. Preveggente, il fotografo che l’ha immortalata da molti punti di vista quand’era al suo massimo fulgore. In Via Primo Maggio, il “marchio” delle macchine da cucire Necchi e la frequentatissima (da noi studenti) Pizzeria Frascati. La odierna Piazza, dove ci sono i Giardini Miselli, si chiamava “fascisticamente” XXI Aprile. E il Palazzo del Governo stava in Via 28 ottobre, la data della “marcia”. La consueta presenza di carrozzelle dinnanzi al Politeama, quando, alla ribalta si esibivano prestigiatori e illusionisti. Sul muro della casa dove nacque il musicista Briccialdi, appare l’insegna di un meccanico che ”Ripara velocipedi e automobili”. Al suo tempo (1910), biciclette forse si, ma due o tre motori in tutto.
Sulla stessa pagina del Terni Illustrata, ecco la Stazione ferroviaria a confronto, nel 1916 e nel 1940, quando ancora le bombe non l’avevano massacrata. Anno 1929, la Chiesa di S. Antonio è in costruzione su progetto di Cesare Bazzani; in quella che oggi si chiama Piazza Buozzi, allora Cavallotti, ti guardava severa la Caserma Brignone del 33° Artiglieria; mentre nei pressi, il Borgo Andrea Costa era proprio un borgo di popolo, a ridosso del torrente Serra senza alcuna protezione e le siepi con i panni stesi ad asciugare. Ecco la foto del colonnato prospiciente il Teatro Verdi, tal quale a quello odierno: unica variante è che, nel 1920, il teatro era funzionante, oggi no.
All’ingresso in città dalla Valnerina, si vede l’Ufficio del dazio che imponeva gabelle ai rurali carichi di uova e pollame, discesi dai paesi lungo il fiume. Passavano di fronte alla Regia scuola professionale (1916) che ha “istruito” centinaia di metallurgici per l’Acciaieria. Nel 1936, afferma una didascalia, dalle finestre del Convitto adiacente la Basilica di S. Francesco, si vedeva una Terni che, in fondo a Via Cavour, appena dopo l’arco antico, era tutta campagna. Osservi le foto (1921) dei Vocaboli Fiori, Spiazzi (“de babbussu”) e Ponte le Cave e ti par d’essere quasi in un tempo senza tempo: case campagnole di nessun pregio edilizio, tranne la spontaneità, strade bianche, la indispensabile fontanella pubblica, il carretto di legno artigianale e il cacciatore con il fucile ad armacollo. L’ultima dagherrotipia viva ritrae la fiera di merci e bestiame, nel 1910, e a fare da didascalia sono le rime in vernacolo del poeta Antonelli: Quann’era la fiera a Campitillu, ce jessimo a compra lu gallinacciu, cioè lu billu e anghi un picurillu pe’ non facce mancà lu cuscittacciu, fattu a sarza d’alice e co’ ddu bocchi de bbona misticanza e de mazzocchi.”
Si può ben dire che i due volumi – Terni Illustrata e Terni in posa – rappresentino un compendio di immagini di straordinario valore culturale. Quel che si dice archeologia industriale e urbana, documenta visivamente realtà sociali e testimonianze di una città che non c’è più. Si fa lezione di storia. La storia di un vissuto dimenticato, ma autentico, proposto attraverso una rassegna fotografica, per i vecchi ternani, anche di notevole impatto emotivo. E per i giovani presenti e futuri, la memoria del passato, utile per collegare le generazioni. Pure i loro usi, i costumi, il contesto culturale, le trasformazioni nel campo del lavoro che – in una comunità industriale – modificano anche i livelli di civiltà. Va ribadito l’onore al merito di chi ha realizzato le due opere, presentate in una ragguardevole veste tipografica. Che le pone a rilievo in biblioteca.
(2. Fine)