Di A M A R – Non sono stato mai bravo nel raccontare le favole. Neppure ai miei nipoti, men che meno ai miei figli. Oggi però una storia vera, in forma di “apologo”, la voglio narrare. Comincia, com’è duopo, così : C’era una volta, a Terni – sulla scheda elettorale di domenica c’era ancora – un Partito che, di cognome, faceva Comunista. Ha segnato di rosso acceso una lunga storia sociale, con la classe operaia che, da queste parti, ad ogni elezione, andava in paradiso. Il proletariato rappresentava lo zoccolo duro di una ideologia dogmatica. Nei giorni di festa (politica) solenne, ad ogni balcone, insieme allo stendardo della Ternana calcio, sventolava la bandiera con al centro gli attrezzi del mestiere: la falce del contadino e il martello del metalmeccanico.
Quando, in Italia, era uso dire “Ha da venì Baffone”, a Terni era già arrivato. Nel Consiglio comunale degli anni ’80 del secolo scorso, mica, nel medio evo, il P.C.I. aveva da solo circa il 50% dei rappresentanti. Insieme ai socialisti hanno regnato a lungo sul trono amministrativo della città e impresso alla comunità locale il loro marchio di fabbrica: la cultura siderurgica. Il plebiscitario suffragio universale dava loro il diritto – dovere di esprimere il Sindaco e così è stato dal 1946 al 1990. Dunque, politicamente una forza della natura.
Non servivano, per vincere nell’urna, accorati appelli strappalacrime. Bastava far girare la parola d’ordine che, oltre alla perentoria “indicazione di voto”, comprendeva, zona per zona, i numeri di lista (allora non si scriveva il nome e cognome) dei candidati che, nelle stanze dei bottoni, s’era deciso di far eleggere. Ogni trasgressione rimossa. Tutto quanto puntualmente programmato, si traduceva in termini di consenso, il più possibile, senza sbavature. Sopra a quel simbolo, i voti cadevano come in autunno dagli alberi le foglie.
Insomma, le generazioni si tramandavano il “testimone”, al pari dei corridori di staffetta nelle piste d’atletica. L’atmosfera politica e partitica, nella conca ternana, restava immobile quanto l’aria che respiriamo. Poi, un venticello disobbediente ha cominciato a soffiare; e soffia, soffia, dalla anzidetta maggioranza quasi bulgara, si è passati all’1% raccattato domenica 10 giugno. Si, avete letto bene, uno per cento! Delle decine di migliaia di “croci” sulle schede, ne sono rimaste 506 e quelle l’odierno PICCI’ ha ottenuto. Meno di Casapound. Per significare che una vicenda è finita, a Terni, s’usa dire: E’ passato l’angelo e ha detto amen!