Di Adriano Marinensi – C’è chi è amante della buona cucina e chi della buona musica: io manifesto una inclinazione dell’anima per la vacanza – d’estate – in montagna. E perciò amo la “risorsa ambientale” più vicina all’Umbria: Il Terminillo. Che, con il completamento della superstrada Terni – Rieti, per noi ternani, sarà ancora più vicina. Sin dalla mia mezza età, salgo lassù e da altrettanto tempo mi rattrista la condizione nella quale – ripeto d’estate, l’inverno non so – versa questa località di enorme pregio naturalistico. Alla cosiddetta “montagna di Roma”, guarda con interesse anche una buona parte dell’Umbria. E un umbro, come me, ha quindi titolo per trattare l’argomento.
L’estate scorsa, il caldo torrido ha spostato molte persone in cerca di ristoro, dal mare verso l’altura. Molti con il cane al seguito – povera bestiola, lui soffre il caldo – e la suocera parcheggiata all’ospizio. Secondo me, dal punto di vista climatico, una vacanza intelligente in termini di salute: umana e canina. Chi è salito sino al Terminillo ha potuto godere, a piacer suo ed a sua scelta, della salubrità, della solitudine e del silenzio. Tre “esse” fantastiche. Un aspetto prezioso per quanti vivono nel caos delle città. Il bosco, con le spettacolari faggete, ossigena l’atmosfera, è il padrone del mondo, inclina la mente al pensiero. E le ombre stanno rannicchiate sotto gli alberi. Il bosco che d’autunno, colora il paesaggio con l’incantevole pennello della natura, mentre le foglie cadono, per lasciare i rami alla neve. Ho cercato il pastore ch’era rimasto ultimo retaggio di vecchi alpeggi, che arrampicava le greggi su per i pascoli scoscesi, estremo crepuscolo della pastorizia: non c’era più. Fine del preambolo falsamente poetico.
Falsamente poetico, perché sul Terminillo – ad onta dei regali che il creato ha elargito – l’organizzazione dei servizi non brilla per efficacia. In sostanza, l’offerta turistica langue. Ed è un peccato mortale. La contraddizione è evidente. Sono state impegnate cospicue risorse in grandi (vanitose?) opere (inutili) e invece neglette le piccole opere (utili). Tra le prime vanno annoverare il Campo d’altura e la faraonica piscina; tra le altre, per esempio, le aree per i gruppi familiari in cerca di attrezzature per il picnic. Quanto meno, camini per l’arrosto, tavoli e panche per desinare. E le zone di sosta lungo il frequentatissimo percorso pedonale. Purtroppo, queste “piccole opere” (utili) sono assenti o in disfacimento, mentre le grandi opere (inutili) sono senza fruitori.
Lo scopo di un Campo d’altura è quello di fornire alle squadre di calcio (diciamo “di prima fascia”) un efficiente punto di riferimento ove effettuare la preparazione estiva. Ricavando un tornaconto dall’afflusso dei tifosi al seguito. Se siffatto impianto non è completato, si trova in luogo di ridotte capacità ricettive, risulta senza alcuna utenza per il resto dell’anno, si ricopre di neve l’inverno, allora occorrerebbe riflettere prima di progettarlo.
Ora è stata realizzata una sontuosa piscina coperta. Anche qui, senza fare prima una “indagine di mercato” per quantificare gli utilizzatori. Pur sapendo che impianti di questo tipo hanno un elevatissimo costo di esercizio, ancor più in alta quota. Considerato che la cosiddetta “stagione morta”, a Terminillo, dura diversi mesi, sarà ora molto complicato trovare un soggetto che si faccia carico della onerosa gestione. Ecco perché mi permetto di scrivere che la montagna (termine appropriato) di risorse ivi impiegate, poteva essere destinata, in modo più appropriato, altrove.
In località “5 confini”, zona decentrata e di particolare interesse paesaggistico, prima della realizzazione del Campo d’altura, un altro progetto molto “pesante” era stato approvato: la costruzione di alcuni residence di esagerata dimensione. Sono stati effettuati i deformanti sbancamenti, la gettata delle fondamenta, con tanto di “tondini” pericolosamente sporgenti, poi uno soltanto ne hanno costruito, lasciando il territorio devastato, in spregio ad ogni legge dello Stato e della natura. C’era un Presidio sanitario fisso, molto usato dalle persone anziane, presenti numerose in estate: lo hanno chiuso. E sostituito, per un paio di settimane, con una ambulanza: sia che ti rompi un braccio, sia il mignolo della mano, ti trasporta all’ospedale di Rieti. Resiste eroicamente il farmacista (non mollare, Raffaele!), solo e solerte dispensatore di consigli per la salute. C’era un Ufficio dell’Ente del Turismo, chiuso anch’esso. C’era un salone destinato all’intrattenimento: si è presentato un problema di inagibilità, risolto con un lucchetto al cancello d’ingresso.
Ho scritto con un gran male in cuore queste cose, soltanto per richiamare l’attenzione dei responsabili amministrativi, animato dalla predilezione amorosa che nutro per il Terminillo. Non ho alcun interesse economico lassù, però mi preoccupa anche lo svilimento del patrimonio edilizio che vanta presenze rilevanti ed è gravato da una condizione generale di scarso uso e manutenzione. Questo fenomeno fa perdere valore al “sistema Terminillo” nel suo complesso. Ribadisco, di non essere testimone oculare della situazione invernale, però – pur facendo le debite proporzioni circa la diversa ampiezza territoriale – destano buona impressione i dati provenienti, per esempio, dalla Val di Fiemme che elencano così le potenzialità attuali: “100 chilometri di piste da discesa, 150 per il fondo, serviti da 50 impianti ultramoderni”.
Conservo agli atti un volume, edito dalla Camera di Commercio di Rieti, presentato in pompa magna, nel lontano 1999. Ha per titolo: “Piano strategico per lo sviluppo dell’area turistica del Terminillo”, stampato in collaborazione con la Scuola di management della Luiss Guido Carli. Nella prefazione si legge: “Il Terminillo (con la messa a dimora di così tanta strategia n.d.a.) diventerà la punta di diamante della provincia di Rieti, un centro turistico globale in grado di soddisfare le esigenze di fasce sempre più ampie di utenti, con una offerta integrata che accompagni i fruitori ad una nuova dimensione della vacanza”. Dal mio modesto e mediocre punto di vista (sempre estivo) e sulla scorta dell’attuale stato dell’arte, mi permetto – a quasi 10 anni di distanza – di qualificare quanto contenuto in quel “Piano strategico”, un concerto alla luna.