Proseguiamo la nostra serie di interviste ai rappresentanti del governo locale, incontrando Stefano Pastorelli, capogruppo Lega al Consiglio regionale dell’Umbria.
A un capogruppo, oltre che notizie sulle iniziative personali, viene naturale chiedere conto dell’azione espressa della propria formazione. Facciamo dunque una panoramica sugli impegni del Gruppo regionale Lega, iniziando a parlare di Sanità. Cosa si è fatto?
«In Umbria, una volta insediati al governo regionale, abbiamo trovato condizioni critiche in diversi settori, soprattutto nel comparto sanità, e il piano di rimodellamento ad hoc, al quale abbiamo messo mano con l’assessore Coletto, sarebbe già pienamente attivo se non fosse stato improvvisamente rallentato dall’emergenza sanitaria che ha stabilito altre priorità e urgenze, offrendo il destro all’opposizione per speculare anche sui ritardi legati a questa pandemia.
Dal punto di vista del conto economico abbiamo trovato una situazione piuttosto critica, con un buco di qualche decina di milioni di euro. E anche dal punto di vista prestazionale, nel territorio abbiamo rilevato diversi “buchi” in merito a insufficienze ed inadeguatezze del servizio offerto. Alla luce di ciò e nonostante le difficoltà impreviste, il gruppo Lega, con l’assessore Colletto e tutta la maggioranza, si è dato l’obiettivo di poter presentare, massimo entro la fine 2020, inizio 2021, un nuovo piano sanitario, che già da ora si prefigura assolutamente innovativo».
Il tanto decantato modello della sanità umbra aveva, in realtà, delle sfrangiature?
«Purtroppo sì. Una su tutte riguardava il problema delle liste di attesa. Certo, mi si potrebbe dire che sono ancora lunghe – ed è vero – ma certamente la qualità dello stato pregresso, addizionata al rallentamento dovuto all’emergenza, ha fatto totalizzare una situazione doppiamente critica. Premesso questo, l’impegno nostro è spinto al massimo affinché da ora in avanti si cambi radicalmente sistema attraverso diverse visioni e proposte. E si comincia da piccole cose. Già dalla recente visita all’ospedale di Assisi, ad esempio, l’assessore ha saggiato la disponibilità del dirigente sanitario a disporre la prosecuzione dell’orario delle visite mediche oltre quello consueto, ripetendo una delle tante modalità che lo stesso Coletto applicò con successo in Veneto più di dieci anni fa, quando era assessore regionale alla Sanità».
Parlando invece di strutture ospedaliere?
«L’emergenza sanitaria ha richiesto decisioni immediate che, in alcuni casi, ci hanno costretto a deviare da quella che poteva considerarsi una prevedibilità naturale nelle destinazioni e nelle funzioni. Abbiamo comunque riguadagnato il tempo perduto, approvando in Consiglio regionale un Piano ospedaliero che prende atto ed applica, in tema di funzioni e definizioni, le ultime disposizioni ministeriali. Tra esse, quelle relative alla struttura ospedaliera da campo – tanto criticata dalle opposizioni – di cui siamo stati in un certo modo i precursori; si è pertanto ipotizzata non solo una struttura mobile, quindi di pronto impiego ovunque si manifesti un’emergenza sanitaria (anche extra regione e non solo legata alla pandemia), ma anche con la disponibilità di attrezzature sanitarie mobili, rapidamente dislocabili in seguito ad espressa richiesta».
Al tema della sanità si associa spontaneamente quello della denatalità. Quanto è grave? Riesce a sollevare allarme almeno quanto ne ha sollevato la riconferma delle regole sull’interruzione chimica della gravidanza?
«Il calo delle nascite è una questione grave, per l’inevitabile riflesso che avrà, nel tempo, sulla fisionomia sociale ed economica della regione. A tale proposito il Gruppo Lega sta sviluppando in Consiglio regionale una proposta di legge relativa a incentivi economici e di servizio da offrire alle famiglie, per favorire la natalità e il sostegno della prole. Non si tratta, naturalmente, di un provvedimento capace di fronteggiare interamente l’emergenza e soprattutto in un momento di tale difficoltà, ma sicuramente rappresenta un forte segnale di apprezzamento rivolto all’istituto familiare, oltre che un sostegno dello stesso, nel limite delle possibilità.
A proposito poi del “fumo” sollevato attorno alla riconferma regionale delle regole sull’interruzione chimica della gravidanza, ovvero l’obbligo di svolgerla in ricovero ospedaliero, la questione è per noi chiusa. La Regione non ha fatto altro che allinearsi a una direttiva nazionale. Stop! Quello dell’interruzione della gravidanza è un momento di grande criticità, capace di segnare la donna per tutta la durata della vita; un momento non facile da affrontare, anche solo psicologicamente. Il fatto poi che la somministrazione di tale farmaco abortivo sia consentita fino a nove settimane dal concepimento, pone delle questioni puramente mediche – facilmente intuibili – che richiedono un’assistenza qualificata».
Parliamo ora di migranti. Il caso di Gualdo Cattaneo (clandestini inviati a destinazione senza preavviso, sospettatamente infetti da Covid, sfuggiti dal ricovero e poi, in parte, rintracciati) ci fa protagonisti di un’emergenza che pare senza soluzione. Esistono margini di intervento?
«Stiamo purtroppo subendo le decisioni del Governo nazionale attuate dalle Prefetture. La Regione ha scarsa autonomia sul tema, anche se può fare la voce grossa a Roma, per quel poco che può servire.
Il fatto recentemente accaduto in Umbria può valere in senso assoluto, a prescindere dalla circostanza che lo caratterizza. Una Prefettura, quasi senza preavviso, invia venticinque clandestini – perché tali sono – in un comune minuscolo e senza che abbiano trascorso il periodo di quarantena obbligatoria dopo l’effettuazione del test (obbligo al quale siamo tutti tenuti per legge). Avviene poi che ventitré di questi si dileguino immediatamente e in seguito solo due di questi vengano rintracciati a Foligno… e gli altri? No!
La questione immigrazione non può essere gestita in maniera così semplice e semplicistica! Non è possibile ci sia questa disparità di trattamento in merito agli obblighi prescritti dal Governo. Purtroppo la visione del ministro dell’Interno pare non molto attenta a certi aspetti basilari».
Un’altra emergenza, già primaria, che andrà acutizzandosi nei mesi a venire, riguarda il lavoro e in particolare la situazione di artigiani, professionisti, piccole aziende. Lo Stato sembra averli dimenticati. Per loro, cosa si fa in Regione?
«Tutte queste categorie hanno sofferto una crisi lunga dodici anni, aggravata ulteriormente dalla pandemia, quindi ci troviamo, ancora una volta, di fronte a una situazione di estrema gravità. A tutt’oggi la Regione ha fatto la sua parte attraverso i bandi destinati ad elargire provvidenze utilizzando fondi europei mai utilizzati dai governi regionali precedenti, accumulatisi negli anni e quindi disponibili: una volta tanto, dall’incapacità di chi è venuto prima, scaturisce un vantaggio! L’erogazione risulta purtroppo non facile, soprattutto per gli stringenti vincoli di garanzia richiesti dalle banche. Tante attività, nei mesi a venire, vedranno pertanto acuirsi le proprie sofferenze e mi riferisco soprattutto, al turismo e ai settori collegati. È evidente come in questo caso il Governo non abbia fatto quello che aveva platealmente promesso. La annunciata “pioggia di risorse” non si è mai vista. Il cielo non appare ancora sereno, purtroppo! Ma non solo per i piccoli. In Umbria ci sono realtà industriali di tutto rispetto che sono in ginocchio; indebolitesi negli anni, soprattutto per mancanza di commesse sono giunte già traballanti a subire il colpo di grazia inferto dalla crisi pandemica!».
In campagna elettorale, la Lega, con Salvini, promise che appena entrata nel governo regionale, sarebbe messo subito mano alla legge sulle case popolari. Impegno mantenuto?
«Questo è stato fatto. Abbiamo la legge con nuovi criteri, che offrono un respiro diverso rispetto al passato, chiarendo soprattutto alcuni punti che, nelle caratterizzazioni dell’attuale campione sociale di riferimento, apparivano desuete e quanto meno imprecise. La legge, già depositata e discussa in Consiglio, è stata calendarizzata e andrà in aula tra settembre e ottobre. Cosa fatta capo ha!».
Marco Nicoletti