La riforma della Pubblica Amministrazione e del conseguente rinnovo dei contratti del pubblico impiego contemplerebbe anche gli orari di lavoro flessibili, portandolo da 36 fino a 40 ore settimanali come nel privato,
ma dando la possibilità ai singoli dipendenti di scegliere autonomamente se continuare a lavorare lo stesso numero di ore attuali o di incrementarle. portandolo da 36 fino a 40 ore settimanali come nel privato, ma dando la possibilità ai singoli dipendenti di scegliere autonomamente se continuare a lavorare lo stesso numero di ore attuali o di incrementarle. Il tema è nel negoziato tra sindacati e governo.
Più lavori e più guadagni. In pratica chi dovesse scegliere di aumentare le proprie ore di lavoro settimanali si vedrebbe aumentare anche lo stipendio in busta paga. L’ipotesi, secondo quanto riporta Il Messaggero, sarebbe arrivata da una parte del fronte sindacale, ma sarebbe vista con interesse dal governo, che tra i suoi obiettivi ha quello di recuperare parte del gap delle ore e dei giorni lavorati rispetto alla media europea.
Sul tema degli orari è intervenuta anche la Cisl. “Occorre superare la legge Brunetta”, ha detto il segretario confederale Maurizio Bernava, “ridando spazio alla contrattazione su materie come la flessibilità, gli orari di lavoro, l’organizzazione, la mobilità”. La scadenza per queste trattative “tecniche” è stata fissata per il prossimo 15 settembre, poi il ministro della Funzione Pubblica Marianna Madia, convocherà entro la fine del mese una riunione politica con i vertici dei sindacati per provare a trovare un accordo definitivo.
Il nodo più delicato da sciogliere resta quello delle risorse. Al momento il governo ha stanziato 300 milioni di euro, mentre altri 300 milioni sono quelli messi a disposizione dagli enti locali per il rinnovo.