Sei professori, tutti dell’Università di Perugia, nel mirino della Procura regionale della Corte dei Conti, che chiede loro una condanna al risarcimento, nei confronti dell’Ateneo, di 1,817 milioni di euro. L’ingente importo è stato calcolato, oltre che tenendo conto degli emolumenti ottenuti con le consulenze, sulla base della differenza tra lo stipendio che percepiscono per il tempo pieno e quello che avrebbero incassato per un impiego minore.
In pratica le indagini condotte a livello nazionale dalla guardia di finanza ha messo sotto la lente le posizioni di 411 docenti, i quali, pur avendo un contratto a tempo pieno che implica l’impossibilità della libera professione (così come l’attività di commercio o di industria), hanno svolto consulenze e altri lavori, ovviamente retribuiti (chi vuole svolgere queste attività deve optare per il tempo definito).
Il caso locale vede coinvolti Franco Cotana, Antonio Borri, Vincenzo Pane, Federico Rossi, Josè Maria Kenny e Fabrizio Frescura (tutti in forze al Dipartimento di Ingegneria).
La Procura regionale contesta alcune attività extraistituzionali svolte in cambio di importi rilevanti, diversi per tutti i sei coinvolti, per il periodo che va dal 2011 al 2017.
Si tratta di incarichi esterni, che si configurano come attività libero professionale, dunque presumibilmente incompatibile con il regime di tempo pieno.
Sotto esame anche il danno erariale. Le fiamme gialle, hanno analizzato le dichiarazioni dei redditi e fatture, e trasmesso poi gli atti alle diverse procure regionali.
Della questione si sarebbe dovuto discutere mercoledì di fronte alla Sezione regionale della magistratura contabile; l’udienza però è stata subito rimandata all’8 maggio 2019 per un problema di notifica riguardante la citazione inviata a Frescura, che non si è costituito.
Borri, Cotana, Pane e Rossi sono difesi dall’avvocato Alessandro Formica mentre Kenny da Federica Pasero.