Di Ciuenlai – Nella vicenda della nomina dei Direttori Sanitari, ci sono alcune inesattezze nella ricostruzione della Governatrice.
Primo; La Marini ”dice di non voler essere un Presidente sotto ricatto”. Ma se imposti il dialogo sul “prendere o lasciare”, sul postulato “le nomine sono mie e le faccio io” (com'è nel suo diritto), la parola ricatto, appiccicata sulle spalle di chi dissente, appare, come minimo, non appropriata. Definirla pressione sarebbe stato più adeguato.
Secondo; Catiuscia Marini rifiuta la targhetta di “conservatrice” e rivendica il fatto di aver cambiato tutti e 5 i direttori. Cambiato, mi permetta, è una parola grossa. Sarebbe stato più saggio usare “ruotato”. Orlandi è capo di qualcosa in sanità da 20 anni, Duca fa da tempo la spola tra gli apicali di Asl e della Regione, Casciari ha solo cambiato zona, Del Maso ha solo cambiato Regione e Fiaschini ha già ricoperto in passato questo tipo di incarico. Quindi parlare di novità è un azzardo. Si può sostenere e con buone ragioni, che si sono preferiti criteri come l'esperienza e la competenza a quelli del rinnovamento, ma non che si è proceduto sulla strada del cambiamento. In quella scelta la continuità, che non è un peccato ma una scelta politica che ha una sua dignità, sprizza da tutti i pori. Il confronto dunque è tra chi difende a spada tratta un sistema di governo consolidato (qualcuno impropriamente lo chiama sistema di potere) e chi questo sistema lo vuole cambiare (qualcuno impropriamente dice che lo vuole solo sostituire ).
La verità è che lo scontro mette a nudo la fragilità dell'attuale quadro politico, nel quale non esistono più organizzazioni in grado di tenere, sulla base di valori e obiettivi riconosciuti, i propri aderenti. La prova “provata” è che il Pd, come struttura, ha assistito inerme a questo scontro senza poter nemmeno, non dico trovare, ma solo provare a cercare una soluzione tra le parti. Non è colpa dei segretari e dei suoi organismi dirigenti, è colpa di una cultura che ruota attorno alle figure individuali dei leader di corrente o di gruppo e rifiuta qualsiasi approccio collegiale o, peggio, collettivo (che bestemmia che ho detto!!!). Così in questa vicenda i “capotreni” lanciati a tutta velocità l'uno contro l'altro, hanno pensato che prima o poi qualcuno cambiasse binario. Nessuno l'ha cambiato e si è arrivati al disastro. Quello che sta succedendo in queste ore non va preso in considerazione. Le due navi da battaglia sparano bordate a sostegno delle proprie tesi. Per capire cosa succederà davvero bisogna aspettare che finiscano le munizioni.
Le soluzioni sono tante. Da un accordo sulle nomine nelle altre strutture di competenza della Regione, a soluzioni di ingegneria istituzionale (per esempio una sola Asl e una sola Azienda Ospedaliera concepite col sistema della tetrarchia con due direttori di A e due di B), a modifiche negli assetti di Giunta e di Consiglio, a candidati “unitari” alle comunali e chi più inciuci ha più ne metta. Una o più di queste o un po' di tutte queste potrebbero dare “la quadra”. Ma il primo passo lo deve fare la Governatrice. La sua Giunta non è più nè stabile, né maggioritaria e tocca a lei trovare una via di uscita per garantire la stabilità di Governo. Nessun altro può toglierle le castagne dal fuoco. E' la maledizione dei leader “sei re comanda e fa da te”.