di on. Marina Sereni – Le pagine dei giornali sono piene di congetture, scenari, interviste sulle possibilità di modificare l’Italicum e sulle diverse opzioni in campo. Eppure in queste settimane in ogni iniziativa sul referendum abbiamo molto insistito su un punto: la riforma costituzionale non riguarda la legge elettorale la quale, essendo invece una legge ordinaria, può essere modificata in qualunque momento e con una procedura molto più semplice e rapida.
C’è dunque una contraddizione nella nostra impostazione della campagna referendaria? No, c’è il rischio di un corto circuito che va disinnescato prima e meglio possibile. Andiamo con ordine. In ogni confronto tra i sostenitori del Sì e quelli del No arriva un momento (abbastanza presto) in cui questi ultimi citano il “combinato disposto” tra riforma costituzionale e legge elettorale. Personalmente trovo questo andamento del dibattito un sintomo della mancanza di argomenti reali per bocciare la revisione costituzionale approvata in Parlamento e sottoposta al referendum.
Tuttavia poiché in politica contano le percezioni oltre che i fatti credo sia stato giusto nelle scorse settimane dichiarare esplicitamente la nostra disponibilità a mettere mano all’Italicum e addirittura approvare un atto parlamentare che ci impegna in questa direzione. Non sono una esperta di meccanismi elettorali e ho votato l’Italicum pur non condividendo ogni sua parte. Ritenni allora prioritario accettare le numerose mediazioni raggiunte con la minoranza del Pd e con gli alleati, scoprendo poi con rammarico e sorpresa che non erano sufficienti ad ottenere il consenso di tutti. Non sono dunque tra coloro che oggi difendono l’Italicum come “la migliore delle leggi possibili”. Di quel meccanismo apprezzavo ed apprezzo l'equilibrio tra rappresentanza e governabilità che rimane a mio avviso l'obiettivo da perseguire anche nel caso di un intervento di modifica della legge. D'altra parte la Corte Costituzionale sta esaminando il testo e dopo il referendum sapremo anche se ci sono o meno vizi di costituzionalità.
Tuttavia, proprio per sgombrare il campo da equivoci e malintesi, credo non sia impossibile impostare un ragionamento su questa questione anche prima del referendum aprendo un percorso di confronto con le forze politiche che siedono in Parlamento. Non mi convince invece l'ipotesi, adombrata da alcuni del nostro partito, di avanzare noi una proposta ora. Per fare cosa? Per alimentare una polemica contro il Pd che vorrebbe decidere tutto da solo? Per cercare di regolare conti interni al nostro partito che dovrebbero essere invece regolati al prossimo Congresso? Per dare a qualcuno l'alibi per non impegnarsi nella campagna per il Sì al referendum? In un tornante delicato quale quello che stiamo affrontando ci vuole pazienza, capacità di ascolto ma anche chiarezza tra di noi. Lunedì prossimo si riunisce la Direzione Nazionale del Pd. Tra le tante ipotesi circolate di modifica dell'Italicum, se dovessi esprimere una preferenza personale, direi che il cosiddetto Provincellum – proposta elaborata dal collega Parrini – è quella che mi piace di più. Ma non ha molto senso e non credo ci siano le condizioni per entrare ora nel dettaglio, innanzitutto perché ragionare sulla legge elettorale richiede necessariamente un impegno per coinvolgere altri gruppi politici. Mi sembra più serio dunque prendere come Pd semmai un'iniziativa per verificare le idee e le disponibilità di tutti su questa materia. Possiamo farlo tutti insieme nel Pd? Spero di sì come spero che questo aiuti tutto il Pd a schierarsi compatto dalla parte del Sì alla riforma costituzionale, una riforma che tutti abbiamo voluto e a cui tutti abbiamo contribuito. Una riforma di cui il Paese ha davvero bisogno per diventare più efficiente e aperto al cambiamento.