di Francesco Castellini – In questi anni di crisi si sente spesso dire che, per risolverla, sarebbe necessario un nuovo “New Deal”, con riferimento alla serie di provvedimenti varati dal presidente americano Roosevelt dopo la crisi economica del ’29.
Il “nuovo patto” era caratterizzato da un insieme di interventi sulla spesa pubblica, sulla tassazione, sulla regolazione e sulle politiche monetarie, ed ebbe il merito di rimettere in moto un'economia al collasso, rendendo fra l'altro protagonisti i cittadini, coinvolgendoli direttamente in un progetto comune. Ma il “New Deal” rivelò anche un altro aspetto fondamentale del ruolo della politica, vale a dire la sua forza propulsiva che se ben governata è in grado di cambiare il destino di un Paese. Perché se la politica sa gestire e pianificare, allora sì che può rappresentare una leva di sviluppo, di programmazione, una risposta importante alle prove che ogni epoca riserva.
E a proposito, non c'è dubbio alcuno che oggi tutto giri intorno alla “green economy”. Basterebbe citare uno degli ultimi rapporti dell’International Labour Organization sul settore che mette in luce come la transizione dall’era del petrolio all’economia verde sia in grado di generare dai 15 ai 60 milioni di nuovi posti di lavoro nell’arco del prossimo ventennio.
In questo contesto le figure professionali ricercate sono i professionisti dell’edilizia verde, progettisti, installatori e rivenditori di impianti fotovoltaici, ingegneri e supervisori di turbine eoliche e ricercatori da inserire nel settore dei biocarburanti e della mobilità sostenibile. In questo quadro, non a caso, va ricordato come gli obiettivi sanciti dall’Onu nell’Agenda Globale 2030, in particolare dell’obiettivo 11, chiedano alla politica di impegnarsi per contribuire al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile.
Ed è proprio su questo fronte che da anni si batte Lorena Pesaresi, ex Assessore alle Politiche energetiche nella giunta Boccali. Oggi Lorena Pesaresi è membro della direzione regionale del Pd, membro del direttivo nazionale dell’associazione “Ecologisti Democratici” e già portavoce regionale dell’associazione politica “Sinistra Ecologista”. Insomma tutta una carriera politica impostata sulla difesa dell'ambiente, ma anche sullo studio e sulle opportunità che tale ambito può riservare allo sviluppo, al benessere collettivo, al miglioramento della qualità della vita e di riflesso all'incremento dei posti di lavoro.
Di tutto questo si parlerà questa sera a partire dalle 21 al Festival dell'Unità che si tiene a Spello, che vedrà fra gli altri protagonisti Edo Ronchi e tanti altri studiosi e testimoni di una “nuova era”. Tema, neanche a dirlo, “economia verde e lavoro”. Una bella occasione per guardare al futuro, nella quale Lorena Pesaresi presenterà le sue proposte per l'Umbria.
Nella breve intervista che segue, alcune anticipazioni.
Lorena Pesaresi, cosa l'ha sempre spinta ad interessarsi di queste tematiche? E quali prospettive ci intravvede?
“Siamo di fronte ad un grande cambiamento epocale, sono convinta che invece che piangerci addosso dobbiamo essere in grado di analizzare, interpretare e rispondere in maniera funzionale e costruttiva a questa straordinaria sfida. In Italia grazie ai Governi di centrosinistra abbiamo le leggi giuste e tante, applichiamole per favore! Abbiamo le tecnologie più avanzate, più innovative per la modernizzazione ecologica del nostro Paese, sfruttiamole! Anche per creare nuovi lavori per i nostri giovani, con il recupero, la conservazione, la messa in sicurezza degli edifici esistenti, la riqualificazione energetica per consumare e inquinare di meno, anziché costruirne dei nuovi che restano invenduti (oltre il 30%) e che continuano a consumare suolo e a dissestare un territorio ad elevato rischio di dissesto idrogeologico”.
Si dice che la chiave di successo della green economy dipenda moltissimo da una visione comune tra istituzioni-territori-comunità-imprese. Ma sembra ancora mancare una sinergia efficace.
“Serve un nuovo modo di affrontare i problemi. E' chiaro che l'obiettivo di tutti debba essere volto alla costruzione delle smart cities, in cui questione urbana, questione sociale e questione ecologica s'intrecciano. Progetti che mettono al centro di tutto la qualità della vita. E dunque occorre solo una giusta cultura politica, nel rispetto del bene comune, della persona e della sua dignità di cittadino”.
Lei in un intervento recente ha messo il dito nella dolorosa piaga del terremoto. Ha parlato fra l'altro della necessità di revisionare periodicamente i centri storici.
“Sono convinta che rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, duraturi e sostenibili, sia una priorità non più derogabile. Credo che costruire città intelligenti significhi prima di tutto riqualificazione antisismica delle aree urbane sensibili mappate da secoli… uscendo dalle solite logiche… realizzando programmi di messa in sicurezza, prima e non dopo i disastri umani, dell'immenso patrimonio edilizio storico, pubblico e privato, dei nostri centri storici a più elevato rischio sismico. Non è più tollerabile darsi da fare solo nelle emergenze dopo la morte di centinaia e centinaia di vite innocenti”.
Parliamo un attimo della crisi della politica nel nostro paese. Non trova che sia legata a doppio filo anche alla scomparsa fisica dei partiti tradizionali?
“La fine dei partiti ha ragioni strutturali e contingenti. È l’esito della parabola declinante delle ideologie di emancipazione e liberazione che hanno segnato molta parte del XX secolo. Ed è poi conseguente a scelte politiche specifiche da parte della classe dirigente dei partiti, che hanno portato alla mutazione del Pci, alla scomparsa del Psi e della Dc. Queste scelte hanno peccato spesso di scarsa saggezza perché hanno ignorato un fatto che è importantissimo: le associazioni politiche per resistere e accrescere di influenza devono riuscire a creare una memoria e avere esse stesse una memoria. Dove il governo rappresentativo è forte, come in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, i partiti sono vecchi quasi quanto quei regimi politici e sono strutturati secondo ideologie, lealtà e perfino trasmissione familiare. Non è necessario che il partito abbia una struttura dogmatica ma di certo ha bisogno di un nucleo ideale per esistere e persistere. Per diventare un Partito davvero riformista, facendo delle differenti provenienze di appartenenza politica (Pci Dc Psi) e delle migliori idee riformiste tra cui quelle ecologiste, la vera leva del cambiamento nel Paese e non del soffocamento nelle correnti che alla gente non interessano più. Il pluralismo politico e culturale è altra cosa, come ho imparato facendo politica con passione e nell'interesse del bene comune, ancor prima che delle mie aspirazioni personali. La demolizione della memoria politica è secondo me un fattore della crisi della politica che segna il nostro Paese da vent’anni; un fattore che ipoteca il futuro poiché nemmeno volendolo possiamo inventare soluzioni salvifiche veloci. La rinascita della politica partitica dovrà passare per un’altra strada, quella della progettazione, della pianificazione del bene comune, che richiede una forte e oggettiva riflessione sulle mutazioni in corso nelle società industriali avanzate”.
Sembra di capire che per lei la politica debba uscire dall’angolo e tornare a coprire il suo ruolo di governo della società per mezzo della libera competizione di programmi e idee. In un’intervista rilasciata al quotidiano “la Repubblica” Gustavo Zagrebelsky ha richiamato l’attenzione sulla provvisorietà di questo tempo e l’urgenza di «riportare in onore la politica, affinché le forze politiche non siano più ridotte al mugugno o al mugolio ma parlino, facciano proposte e sappiano rimettere il futuro, la progettualità, al centro del presente».
“Sono pienamente d'accordo con Zagrebelsky. La rinascita della politica vuol dire ripristino del linguaggio politico; riqualificazione del suo ruolo, significa ridare spazio al progetto di governo della società, non per l’oggi soltanto, e senza prostrazione a un’idea dominante che non tollera opinioni discordanti. È questa apertura al possibile che oggi non ha ossigeno. Perché le sfide che la incalzano parlano un solo linguaggio, quello della necessità. Sono quindi sempre più convinta che la rinascita della politica coincida con la ricostituzione del Partito Democratico intorno ad un progetto politico che sia consapevole di questi mutamenti che sono epocali, non solamente a livello nazionale, e soprattutto senza la certezza che si possano governare con gli strumenti con i quali sono stati finora governati. C'è dunque bisogno di un nuovo patto coi cittadini, che li renda partecipi e protagonisti di un cambiamento che li pone al centro di scelte concepite nel rispetto dell'uomo e dell'ambiente che lo circonda”.