“L'Umbria è una delle regioni italiane con il più elevato indice di vecchiaia: ci sono 221mila ultra 65enni su 891mila residenti. Il numero di accessi di anziani in reparti dove, nella maggior parte dei casi, non dovrebbero stare, come Pronto soccorso e emergenza-urgenza, è cresciuto nell'ultimo triennio del 6 per cento.
I geriatri vogliono collaborare a programmi di prevenzione, cura e assistenza dell'anziano fragile, che non deve essere gestito come una 'patata bollente', da spedire 'da un'altra parte ma non qui'. Scontiamo la scarsezza di ambulatori geriatrici, la disomogeneità dei servizi sul territorio, la cronica carenza di personale e l'assenza di un Piano per la demenza”: sono alcune delle istanze emerse ieri nel corso dell'audizione della Commissione Sanità e Sociale dell'Assemblea legislativa, presieduta da Attilio Solinas.
Vi hanno preso parte Patrizia Mecocci, direttore della geriatria dell'azienda ospedaliera di Perugia, Maurizio Luchetti, presidente umbro della Società italiana geriatria ospedale e territorio (Sigot), Stefano Federici, direttoredel distretto di Terni, Serena Amici, neurologo della Usl Umbria 1, Rita Morucci, direttore generale del presidio “Seppilli” dell'azienda Usl1, Riccardo Monti, coordinatore assistenza infermieristica dell'ospedale di Terni, Annamaria Spinelli, geriatra dell'ospedale di Spoleto, Walter Orlandi, direttore generale della sanità umbra, Emilio Duca, direttore dell'azienda ospedaliera di Perugia, Maurizio Dal Maso, direttore dell'azienda ospedaliera di Terni, Pietro Manzi, dirigente sanitario Usl2, Luca Pelini in rappresentanza delle cooperative Asad e Actl, oltre ai consiglieri De Vincenzi e Ricci (Rp), Rometti (SeR), Squarta (FDI), Chiacchieroni e Guasticchi (Pd). “Necessaria una check list di chi fa cosa, come e dove lo fa – hanno detto i geriatri – e serve un approccio multidisciplinare per la cura degli anziani, che non riguarda solo il fisico ma anche l'approccio psicologico, quindi occorre una collaborazione stretta con il medico di medicina generale, con lo psicologo per individuare le fragilità, con l'ortogeriatra per i numerosi casi di frattura delle ossa, con il dietista per un'alimentazione che prevenga ulteriori problemi”. I direttori Duca e Orlandi hanno riconosciuto che “il modello delle cure primarie è inadeguato al cambiamento dei bisogni di salute con il forte incremento dell'accesso di anziani e non garantisce la continuità delle cure. Non ci sono risorse per la geriatria di territorio. Si deve ricalibraree diversificare in base ai nuovi bisogni”.
I direttori Manzi e De Maso hanno evidenziato ulteriori difficoltà relativamente ai contratti collettivi di lavoro: “si tratta di modelli estremamente rigidi – hanno detto – che non prevedono flessibilità. Il Prina (Piano regionale integrato per la non autosufficienza) prevede un'attività integrata sanitaria e sociale, con quest'ultima in capo ai Comuni che però non hanno più risorse. Quindi le aziende sanitarie dovranno probabilmente farsene carico, magari anche esponendosi a osservazioni della Corte dei Conti, dato che non si può penalizzare una utenza che ha nuove urgenze, com'è stato oggi ben evidenziato”. Il presidente della Commissione regionale, Attilio Solinas, ha detto che “da quanto è emerso, è cruciale per il futuro investire nelle professionalità e nei servizi di geriatria, sia negli ospedali che nei territori, perché l'assistenza al paziente anziano fragile ha bisogno di un approccio specialistico specifico, sempre in un'ottica di multidisciplinarietà, vista l'elevatissima domanda di cure in questo ambito di popolazione. Non ha più senso – secondo Solinas – mantenere in piedi reparti 'generalisti' senza competenze specifiche nel trattare l'estrema complessità della persona anziana, che richiede spesso più terapie per diversi stati patologici. Fondamentale è la prevenzione attraverso politiche di invecchiamento attivo e l'applicazione dei Pdta (percorsi diagnostici terapeutici assistenziali) e di linee guida scientifiche per la demenza, patologia sempre più frequente anche nella nostra regione”.