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You are at:Home » A Perugia tre grandi protagonisti della scena cinematografica
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A Perugia tre grandi protagonisti della scena cinematografica

RedazioneBy RedazioneNovembre 21, 2017Nessun commento7 Mins Read
 
 

Sono sempre più frequenti per il pubblico perugino le occasioni di incontrare e dialogare con registi e altri protagonisti della scena cinematografica internazionale, grazie alla proposta del PostModernissimo che anche per la fine di novembre ha in serbo tre appuntamenti davvero imperdibili. Il primo, in programma per giovedì 23, avrà come ospite speciale Sandro Baldoni che presenterà il suo documentario “La botta grossa. Storie da dentro il terremoto”, girato nei luoghi del sisma del 2016. Un docufilm pensato e diretto dal regista originario della frazione di Campi di Norcia, che nel terremoto del 30 ottobre 2016 ha perso la casa: «Volevo indagare cosa succede all’anima delle persone che vivono un’esperienza forte come questa – ha spiegato – La prima parte del documentario è interamente dedicata a Campi e racconta l’esperienza della gestione in autonomia di questa comunità nella fase del post terremoto. Nella seconda ci spostiamo nelle Marche e in tutti quei paesi, come Visso e Ussita, che si sono svuotati perché le persone sono state portate negli alberghi. La terza parte è invece dedicata alla storia di un eremita che vive tra Norcia e Castelluccio e all’esperienza del sisma vissuta in totale solitudine».

Dopo la presentazione al Festival di Venezia, a grande richiesta approda al PostMod l’ultimo film di Andrea Segre che sarà presente per incontrare il pubblico del PostModernissimo martedì 28 novembre. L’evento è organizzato in collaborazione con Banca Etica, ZaLab e Parthénos Distribuzione. Con “L’ordine delle cose” Segre prosegue il suo viaggio attraverso le condizioni esistenziali di chi migra e di chi si trova a confrontarsi con questo attualissimo fenomeno. Questa volta però sposta in modo considerevole il punto di vista: non più la comunità lagunare di “Io sono Lì” o quella montana di “La prima neve” (solo per rimanere ai film di finzione) ma il protagonista è un emissario del Ministero impegnato a trovare una soluzione all’afflusso di migranti dal continente africano.

 

Terzo appuntamento da segnare in agenda è quello del 30 novembre quando l’artista Rä Di Martino presenterà il suo primo lungometraggio “Controfigura” con Filippo Timi e Valeria Golino. È il 1984 e Mino Di Martino è uno dei protagonisti della scena musicale underground romana: prima con i Giganti, poi l’Albergo Intergalattico Spaziale creato con la moglie Edda “Terra” Di Benedetto, il Telaio Magnetico con Franco Battiato… più di trent’anni dopo la figlia, Rä di Martino, rende omaggio alla figura del padre nel suo primo vero film lungo. Anche perché “Controfigura” pare sposarsi perfettamente alle parole della canzone Giallo tropicale, sospeso com’è in una specie di vacanza forzata, in quel limbo dove la finzione copre la distanza tra la realtà e la realizzazione.

Da segnalare che prosegue intanto la rassegna Quarta Parete, visioni ad alta quota, che prevede proiezioni a ingresso gratuito: lunedì 27 novembre “Beyond the edge” di Leone Pooley, martedì 28 “Con le spalle nel vuoto – Vita di Mary Varale” di Sabrina Bonaiti e “La Via Eterna” di Giorgio Gregorio.

giovedì 23 novembre – 21.30

LA BOTTA GROSSA di SANDRO BALDONI

DOCUMENTARIO / DURATA 82 MIN / ITALIA, 2017

Il 30 ottobre 2016 il terremoto ha colpito nuovamente il Centro Italia, già piegato dal sisma di agosto ad Amatrice, con la scossa più forte registrata in Italia negli ultimi 40 anni: magnitudo 6,5, con epicentro tra le province di Perugia e Macerata, in Umbria e nelle Marche, e un raggio d’azione che ha devastato tutta la zona dei Monti Sibillini, dove il regista è nato e cresciuto. Partendo dalla sua casa distrutta e dal suo personale stato d’animo, Baldoni compie un viaggio “da dentro” l’esperienza del terremoto, per cogliere le paure profonde, i traumi, le ansie, le rabbie, le speranze delle persone colpite.

 

martedì 28 novembre – 21.30

L’ORDINE DELLE COSE di ANDREA SEGRE

DRAMMATICO / DURATA 94 MIN / ITALIA, 2017

Corrado è un alto funzionario del Ministero degli Interni con una specializzazione in missioni internazionali legate al tema dell’immigrazione irregolare. Viene scelto per un compito non facile: trovare in Libia degli accordi che portino progressivamente a una diminuzione sostanziale degli sbarchi sulle coste italiane. Le trattative non sono facili perché i contrasti all’interno della realtà libica post Gheddafi sono molto forti e le forze in campo avverse con cui trattare molteplici. C’è però una regola precisa da rispettare: mai entrare in contatto diretto con uno dei migranti.

Per una di quelle coincidenze che accadono solo quando entra in gioco un elemento di ponderata preveggenza, lo stesso giorno in cui il film è stato presentato alla 74. Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, l’Ansa riportava una dichiarazione del Ministro della Difesa Pinotti soddisfatta dei “dati molto confortanti per quanto riguarda gli afflussi sia di luglio sia di agosto”. Dati, ovviamente, che davano gli sbarchi in consistente diminuzione. Questo significava forse che il numero dei migranti fosse ‘miracolosamente’ mutato in consistenza? Assolutamente no. Significava solo che gli stessi avevano iniziato ad essere bloccati dalle forze libiche in cambio di consistenti esborsi di denaro. Il rispetto dei diritti umani faceva parte del prezzo pagato? Con un’alta dose di probabilità no.

 

giovedì 30 novembre – 21.30

CONTROFIGURA di RÄ DI MARTINO

COMMEDIA / DURATA 75 MIN / ITALIA, SVIZZERA, FRANCIA, MAROCCO, 2017

L’intuizione è fantastica: immaginare un remake di The Swimmer (Un uomo a nudo), il film di Frank Perry del 1968, tratto da un racconto di John Cheever. Burt Lancaster in costume che decide di tornare a casa tuffandosi di piscina in piscina, il lusso del denaro e il vuoto profondo dell’animo e degli affetti. Ecco, la di Martino decide di spostare l’ambientazione della storia Marrakech, in quel Marocco che è già stato teatro di altri suoi lavori. Perché – spiega – “Marrakech vuole accontentare tutti, dai miliardari russi, arabi o europei che si sono costruiti un paradiso privato recintato e sicuro, ai vecchi e nuovi hippies che vagano per la vecchia città in cerca di nostalgia”. La felicità per tutti, regalata a metri cubi d’acqua, piscina dopo piscina. In questo scenario sospeso tra il Mediterraneo e il deserto, il Burt Lancaster della di Martino è Filippo Timi, attore di presenza e di diaframma. Ma con lui c’è anche una controfigura, chiamata per testare le inquadrature: è Corrado che a poco a poco, prova dopo prova, comincia ad acquisire sempre più consapevolezza del suo ruolo e della sua tenuta scenica. Nel caos del set, mentre tutti, produttori troupe interpreti, si arrovellano e si “confondono”, Corrado pensa di poter diventare il vero protagonista del remake. Ma del film progettato non rimangono che i frammenti, schegge impazzite che si mescolano ai ciak falliti, ai dietro le quinte, i make of più improbabili, i momenti di pausa, tutte le questioni di impalcatura e di apparato. Metacinematografia di un film metacinematografico, cosa vuole dire “meta”? ci si chiede, autoriflessione spinta fino al punto estremo, a quella deriva in cui ogni riflesso è opaco. Del resto di questa partita aperta del “remake”, visto come problematico e impotente atto d’amore, aveva già dato uno splendido saggio Vincent Dieutre con Viaggio nella dopo-storia. Cosa fare e come fare, ancora oggi? E a che titolo? La di Martino ci tiene a moltiplicare e a mescolare i livelli di finizione, giocando con la “realtà” del set. Lo stesso Corrado non è ovviamente una pura e semplice controfigura balbuziente, ma l’artista e fotografo Corrado Sassi. E poi gli attori marocchini che rifanno la medesima scene dei protagonisti italiani, Timi e la Golino, le corse nel deserto e i tuffi in piscina, Timi che bestemmia per i non professionisti a favore di telecamera, un uomo che nuota nell’acqua di una diga come immagine primaria. È abbastanza complicato dar conto di tutto, nella follia generale di un “testo” che dichiara in ogni istante la propria impossibilità, l’assurdità stessa di ogni tentativo di chiusura. Il film è una pratica aperta, avventurosa. A cui, forse, non corrisponde un’adeguata libertà visiva. Ed ecco un limite. L’immagine resta uniforme, ancora troppo nitida, netta, nonostante la consapevolezza del disastro.

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