Di Adriano Marinensi – Tre anni fa – proprio di questo mese – una notizia lasciò il mondo, per dirla con Manzoni, “percosso e attonito”. Papa Benedetto XVI, aveva convocato un Concistoro per alcune canonizzazioni.
Ai “Fratelli carissimi” disse, tra l’altro: “Vires mea ingravescente aetate non iam aptas esse ad munus Petrinum aeqque administrandum”, cioè, le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte ad esercitare il ministero di Pietro. In sala, molti Cardinali, che non “masticavano” bene il latino, alle prime, non afferrarono il senso di quella straordinaria dichiarazione. Poi, la sorpresa e lo sgomento si espressero in tanti sguardi smarriti. Il Papa stava ufficializzando le sue dimissioni dalla Cattedra di Vicario di Cristo.
Nessuno era preparato a tale annuncio, tantomeno fuori delle mura Vaticane. Lo stupore, per il gesto improvviso e inusuale, si unì alla preoccupazione. Perché, ha deciso di abbandonare il Soglio ? Una ridda di supposizioni, di interpretazioni, di giudizi prese il posto dello sbigottimento. La missione del Pontefice è stata, salvo un paio di eccezioni, sempre a vita. Solo quando un Papa muore se ne fa un altro. A memoria d’uomo, solo Pietro del Morrone, santo eremita, eletto a Perugia, il 5 luglio 1294, con il nome di Celestino V, s’era dimesso dopo pochi mesi, lo stesso anno, per lasciare il Vaticano al meno santo Bonifacio VIII. Oppure, Gregorio XII, allo scopo di porre fine allo Scisma d’Occidente ed alla presenza scomoda degli Antipapi.
La vicenda di quest’ultimo Pontefice merita un inciso. Verso la fine del XIV secolo, era accaduto un impiccio. Sopra la Cattedra papale si ritrovarono in tre : Gregorio XII a Roma, Benedetto XIII ad Avignone e, in mezzo, Giovanni XXIII. Al Concilio di Costanza (1414) Giovanni e Gregorio furono indotti ad abdicare; Benedetto, che non volle cedere la Tiara, venne scomunicato e deposto. Malgrado il provvedimento, due altri Antipapi gli succedettero. Intanto, gli “Eminentissimi ac Reverendissimi” Cardinali avevano fatto Papa Martino V Colonna che riportò la Santa Sede a Roma e il Pontificato all’unità.
“Negli ultimi tempi – sono parole di Padre Lombardi – il vigore di Benedetto XVI è diminuito, sia nel corpo, sia nell’anima”. Però, da una decisione di tanta importanza religiosa e storica, non potevano di certo restare estranei gli accadimenti che, da alcuni anni, avevano scosso fortemente la Chiesa e la cristianità. Gli scandali dei preti pedofili, il carrierismo curiale più consono al potere che al Vangelo, la violazione, da parte dello IOR, delle norme antiriciclaggio, l’arresto del maggiordomo per aver sottratto documenti riservati, poi quello del Monsignore e segretaria al seguito, il disordine persino etico nascosto in taluni intrighi di palazzo avevano aggiunto peso agli anni e accelerato la decisione. Su questo insidioso terreno s’era trovato a camminare, con sempre maggiore fatica, Benedetto XVI, da quando il Conclave lo aveva scelto per affidargli l’alto incarico, il 19 aprile 2005. E, nel discorso di insediamento disse : “Pregate per me, affinché non fugga per paura di fronte ai lupi”. Chi erano i lupi ? Ci fu davvero, in quel Conclave un impegno per un Papato a termine ?
Ad un giornalista tedesco, così s’era espresso, qualche anno prima: “Se un Papa si rende conto di non poter più assolvere ai doveri del suo ufficio, allora ha il diritto e, in alcune circostanze, anche l’obbligo di dimettersi”. Lui se n’era reso conto e, spinto dagli eventi, aveva assunto la sofferta decisione, “in piena libertà di coscienza e per il bene della Chiesa”. Che prevedeva una data : “Dal 28 febbraio 2013, alle ore 20 – specificò – la Sede di S. Pietro sarà vacante”. Per il bene della Chiesa, in quanto alla Cristianità – secondo il suo pensiero – occorreva, a quel punto, un Pastore con notevoli energie e tanto ardimento per completare l’opera iniziata e portata avanti, sulla strada delle riforme, delle verifiche, del riequilibrio spirituale e morale.
Nel film di Nanni Moretti “Habemus Papam”, del 2011, c’è un personaggio (quasi premonitore) in veste bianca, il quale sentendosi inadeguato all’incarico, fugge e cerca di confondersi tra la folla, quasi atterrito dal potere, il suo, che è chiamato ad amministrare. Una metafora, quella di Moretti, che si stacca dalla finzione per approdare a significati sconfinanti nella banalità. Con addirittura il fuggiasco, intenzionato a dare finalmente seguito alla sua vocazione di attore, riacciuffato sul palcoscenico, mentre recita “Il gabbiano” di Cechov e riportato in Vaticano.
La notizia delle dimissioni del Papa, quell’11 febbraio 2013, piombò come la folgore pure nelle redazioni degli organi di informazione. C’era una giornalista dell’ANSA, nella Sala stampa vaticana che per prima dettò il flash rimbalzato in tutto il mondo. Si stava dimettendo il Papa e la notizia sconvolse tutti i palinsesti. Le T V italiane dovettero rincorrersi nelle edizioni straordinarie e le telecamere scatenate in Piazza S. Pietro. Impazzito il Web e invaso il campo di Twitter e Social network. Ci fu comunque e dovunque un profondo rispetto per la determinazione assunta da Papa Ratzinger.
La prima tappa dell’ ormai ex Pontefice va da Roma a Castel Gandolfo, in elicottero. Una partenza e un viaggio semplice, quasi ordinario al cospetto invece di un avvenimento enorme, destinato a mutare un tratto non marginale della storia della Chiesa. Esce di scena un protagonista che dice ormai di essere “un pellegrino all’inizio dell’ultima tappa”. Poi, tornerà nel Convento delle suore in Vaticano, dove vivono due Apostoli vestiti di bianco che non s’era mai visto. La Sede vacante durerà poco. Mercoledì 13 marzo 2013, questa volta non per finzione, Habemus Papam ! E’ il primo non europeo, Jorge Maria Bergoglio, classe 1936, gesuita argentino, che vorrebbe “una Chiesa povera per i poveri”. Non per caso, ha scelto il nome semplice, mai usato prima, di Francesco, senza alcun numero romano al seguito. Francesco e basta, come il Santo umbro della povertà, della rivoluzione spirituale e della misericordia.