di Bruno Di Pilla – Non è un mago, il Papa, né lo stregone del villaggio globale. Come il pescatore Pietro e tutti i suoi successori, è un uomo con tutte le sue debolezze, chiamato ad essere “servus servorum Dei” e ad implorare pace e rispetto per il creato, specie quando soffiano impetuosi venti di guerra che sconvolgono i rapporti fra popoli. Che c’entrano baciamano (purtroppo talvolta imposti anche dal protocollo), scaramantici approcci ed assalti scomposti ad un sacerdote, sia pure assurto ai vertici della Chiesa? Bene fa Bergoglio, tra l’altro afflitto da cronica sciatalgia, a divincolarsi infastidito da chiunque gli metta le mani addosso per trarne chissà quali benèfici influssi, prodigi mirabolanti o analoghe bizzarrie esoteriche.
D’altronde, come già in altre occasioni, il Pontefice argentino ha subito chiesto perdono per l’umanissima reazione avuta in Piazza San Pietro, per giunta dettata dal timore di finire dolorante a terra, magari “immortalato” da una miriade di cellulari impazziti. Seguano il suo esempio prelati e presbiteri, a volte tentati di eccessivo protagonismo, in particolare quando vengono assediati da persone che, varcando ogni limite razionale, ne esaltano il ruolo, scambiandoli per semidei e pretendendone l’assoluta immunità dagli errori dei comuni mortali. Capita spesso di ascoltare individui allontanatisi dalla fede essendo rimasti scandalizzati dal comportamento non proprio esemplare di consacrati, preti e suore, in cui avevano stoltamente riposto cieca fiducia ed ogni anèlito spirituale. Né sono pochi i “laudatores temporis acti”, coloro che rimpiangono ogni giorno il passato ed i sacerdoti passati a miglior vita, con i quali avevano instaurato rapporti di così intensa familiarità, da ritenerli eterni già in questo mondo. Illusioni pericolose, dalle cui malèfiche conseguenze il primo a mettere in guardia i credenti è proprio lui, Papa Francesco. Non solo a parole, ma mostrando “urbi et orbi” le sue debolezze.