Anche quest’anno, il 10 marzo 2016, si celebra in tutto il mondo la Giornata Mondiale del Rene per sottolineare l’importanza che le malattie renali rivestono nell’ambito delle malattie croniche.
Le nefropatie sono in costante e inesorabile aumento; l’ultimo rapporto americano stima che nell’ultimo quinquennio le malattie renali siano aumentate negli USA, passando dal 10% al 13% della popolazione. Gli studi internazionali mostrano una prevalenza della Malattia Renale Cronica (MRC) nella popolazione generale (adulti) che si attesta intorno al 10% e, dopo un aggiustamento per età e sesso, in Italia si attesta in media intorno al 6.3%. In Umbria, ammettendo una popolazione di 900.000 persone, l’entità di questa malattia potrebbe essere stimata in circa 40.000 persone di cui ben 27.000 con una insufficienza renale (circa il 3%).
La MRC rappresenta un'importante causa di morbi-mortalità nella popolazione generale e costituisce un problema di salute pubblica. L’interesse verso la MRC deriva, oltre che dalla sua diffusione, dalla constatazione che è possibile un suo contenimento nell'incidenza e nella sua progressione con adeguate misure di prevenzione primaria, secondaria e terziaria.Spesso purtroppo non si presta la dovuta attenzione a questa malattia che decorre in maniera subdola, quasi sempre senza alcun segno o sintomo. Eppure sarebbe molto facile diagnosticarla in tempo con la sola esecuzione della creatinina (applicando adatte formule matematiche facilmente reperibili dovunque, si potrebbe anche stimare la funzione renale globale dell’individuo) e con il dosaggio della albuminuria.
Ciò avrebbe una ricaduta fondamentale per una serie di motivi, prima di tutto sociali. Le nefropatie non curate portano infatti quasi inesorabilmente alla dialisi. In Italia ci sono circa 45.000 dializzati con circa 160 persone ogni milione di abitanti che entrano in dialisi ogni anno. Parliamo di intere famiglie distrutte dalla malattia con un corteo di dolore, sofferenza e difficoltà infinite. Ma anche per le finanze dello Stato si tratta di un grave impegno: il CENSIS stima che ogni paziente dializzato costa alla società ben 35.000 euro l'anno! Un salasso impressionante che in parte si potrebbe ridurre ridando speranza a molti pazienti che, se trattati in tempo e con l’aiuto dei nefrologi, potrebbero evitare la dialisi.
La MRC è una condizione clinica pericolosa per due motivi : 1). può essere il preludio allo sviluppo dell’End Stage Renal Disease (ESRD), ovvero lo stadio finale della malattia renale, laddove la dialisi e il trapianto costituiscono i trattamenti di prima scelta, 2). amplifica il rischio di complicanze cardiovascolari (CV). Sempre maggiori sono infatti le evidenze della stretta correlazione fra MRC anche nei suoi stadi più iniziali e la comparsa di eventi cardiovascolari. Il paziente con MRC rappresenta infatti un paziente ad alto/altissimo rischio CV nel corso naturale della malattia. Questo sfavorevole profilo è giustificato dalla contemporanea presenza di fattori di rischio CV “tradizionali” (ipertensione arteriosa, dislipidemia, diabete mellito di tipo II etc), che costituiscono di per sé causa frequente di MRC, e fattori di rischio CV “peculiari”, più caratteristici del paziente con altre patologie (solo a titolo di esempio possiamo citare le cardiopatie: se in un cardiopatico è presente anche un'insufficienza renale il suo rischio di morte aumenta di ben 10 volte, e il suo rischio di ricoveri e problemi intercorrenti è di circa 5-6 volte più alto). La MRC pertanto diviene un fattore di comorbidità rilevante, per molteplici condizioni cliniche ad alta prevalenza nella popolazione generale ed è un marcatore e amplificatore di un rischio ben più ampio di quello tradizionalmente nefrologico legato alla progressione della MRC.
E’ per questo che la creatinina viene definita come «il colesterolo del terzo millennio» ed è per questo che i nefrologi italiani, come quelli di tutto il mondo, si sono mobilitati per sensibilizzare la forze sociali, le autorità sanitarie e la popolazione a considerare le malattie renali come un vero e proprio killer da prevenire e identificare precocemente.
E’ da sottolineare che questa è una vera e propria epidemia mondiale. E’ quindi un vero e proprio problema sociale di politica sanitaria e quindi è necessario che chi ha a cuore lo stato di salute della popolazione italiana corra ai ripari per considerare la malattia renale un'emergenza da affrontare seriamente, coinvolgendo i nefrologi e i pazienti in un’alleanza fatta di sistemi di trattamento e di prevenzione. Recenti articoli sia di “The Lancet” che di “JAMA” hanno evidenziato come la malattia renale sia una causa non riconosciuta ma molto evidente di comorbidità e mortalità e che pertanto deve essere combattuta.
Lancet: l'Insuffcienza renale è la quinta causa di perdita di salute in Italia Volume 386, No. 9995, pp743–800, 22 August 2015.
JAMA: Negli USA l'Insuffcienza renale è al nono posto per case di morte prima del cancro al colon (oggetto di estese campagne di screening) e prima dell’inquinamento atmosferico. January 19, 2016, Vol 315, No. 3 >
L’assistenza al paziente con MRC si sviluppa in un arco temporale piuttosto lungo che necessita di frequenti osservazioni e correzione delle molteplici alterazioni metaboliche che accompagnano la IRC (Anemia, acidosi, metabolismo proteico lipidico glucidico, osseo, polmonare) e soprattutto in maniera preponderante le complesse interconnessioni tra cuore e rene.
Il percorso ideale per una corretta gestione assistenziale del paziente nefropatico, nelle sue diverse fasi, presuppone la realizzazione di alcuni obiettivi:
Identificazione precoce delle persone a rischio di malattia e prevenzione dei fattori di rischio che portano allo sviluppo di MRC.
Formulazione di protocolli condivisi con i MMG per l’invio alle strutture nefrologiche dei pazienti con MRC negli stadi iniziali.
Scelta dei modelli assistenziali: ambulatori espressamente dedicati alla gestione della MRC (obiettivi: rallentare l’evolutività, gestire le complicanze più severe, pianificare e condividere con il paziente e i familiari la scelta del trattamento dialitico, favorire l’inserimento precoce in lista trapianto dei pazienti eligibili; ridurre il numero dei pazienti cronici che iniziano la dialisi in regime di urgenza).
Organizzazione dei centri di dialisi: in termini di assistenza la fase della dialisi. Nell’ottica di rendere il percorso e la scelta della terapia dialitica più corretta e condivisa, è necessaria un’offerta assistenziale, la più ampia possibile, che preveda fra l’altro la possibilità di de-ospedalizzare il paziente (obiettivi: diversificare e personalizzare l’offerta dialitica; favorire la de-ospedalizzazione).
Fornire l’opzione di una terapia conservativa ad oltranza corredata di cure palliative, in alternativa alla dialisi, per i pazienti che rifiutano il trattamento dialitico o per quelli già in età molto avanzata con gravi co-morbilità che non si gioverebbero di una terapia dialitica.
Per ottenere questi risultati è però necessario che i reparti di nefrologia siano potenziati, affidando a loro la lotta alle nefropatie, che gli ambulatori di nefrologia siano potenziati e interconnessi funzionalmente e organicamente con gli ambulatori dei MMG per arrivare ad intercettare e trattare milioni di soggetti affetti.
Le linee guida dell'Istituto Superiore Sanità hanno ben descritto e determinato, licenziando Linee Guida apposite, che, con l’indispensabile aiuto dei MMG che potrebbero seguire e monitorare la funzione renale di molti pazienti definiti non progressivi, e quindi a basso rischio di IRC, si potrebbe ovviare a molti problemi legati alle complicanze sia indotte dalla IRC sia provocanti la IRC. E’ esperienza comune che molti farmaci possono interferire con la funzione renale, come gli inibitori della pompa protonica usati per la protezione antiacida dello stomaco, i cui warning si moltiplicano in letteratura, l’associazione tra antidolorifici non steroidei (i cosiddetti FANS) e bloccanti il sistema Renina Angiotensina così frequentemente usati come anti-ipertensivi, l’uso di farmaci potenzialmente nefrotossici come i nuovi anticoagulanti, la metformina etc. Altre situazioni possono essere potenzialmente dannose per una IRC, come la disidratazione indotta da problemi gastrointestinali o giornate calde che inducono sudore e riduzione del senso di sete negli anziani.
Il primo sospetto di malattia renale dovrebbe essere in qualche modo adeguatamente valutato. Nel bollettino dell’ordine dei medici di Perugia è stato ben definito quale possa essere il corteo laboratoristico che potrebbe accompagnare la visita nefrologica che si basa essenzialmente sul corredo biochimico e che è in grado di definire e valutare correttamente una malattia renale. Senza adeguati controlli la visita nefrologica rimane spesso sterile e poco produttiva, costringendo i pazienti a ritornare e rifare il percorso di accertamenti. Dopo l’inquadramento del nefrologo i MMG potrebbero farsi carico del paziente sia direttamente sia attivando canali di comunicazione con lo specialista che potrebbe dare consigli sia telefonici, sia via internet, con modelli da sperimentare e da valutare che già si stanno sperimentando in altre realtà italiane. Anche l’arrivo di personale amministrativo, spesso in esubero in altri comparti, negli ambulatori specialistici potrebbe contribuire e non poco allo snellimento di procedure burocratiche che sempre più impediscono il buon risultato della visita nefrologica.
Successivamente alle linee guida ISS il ministero ha licenziato un decreto sulla malattia renale cronica che prende in considerazione tale patologia e detta norme per un buon uso degli ambulatori nefrologici.
L’ambulatorio nefrologico è attualmente la chiave di volta per il trattamento di tale patologia. Intercettare il paziente in ambulatorio, trattarlo ed inquadrarlo con la collaborazione fondamentale del MMG e ricoverarlo in caso di necessità è la sola strategia per ridurre la progressione delle nefropatie verso la dialisi. Se le stime a livello nazionale sono esatte, si può stimare che in Umbria ci siano almeno 45.000 i pazienti con nefropatia ed insufficienza renale (classe DOQI 3), assolutamente troppi per qualunque intervento del solo nefrologo. Tuttavia la presenza di uno specialista in queste fasi della malattia e’ particolarmente importante insieme a una ricca letteratura scientifica al riguardo, e il ritardato coinvolgimento nella cura del nefrologo ha importanti implicazioni etiche sociali e cliniche che debbono suscitare forti preoccupazioni.
Il sottolineare e ribadire questo concetto è uno dei compiti fondamentali della giornata mondale del rene.
Pazienti acuti
Pazienti affetti da Insufficienza Renale Acuta: una patologia importante per mortalità e disabilità residua spesso non tempestivamente trattata (perché non segnalata) dai nefrologi e in costante incremento. Quando i pazienti che sono affetti da insufficienza renale acuta necessitano del trattamento dialitico, il 50% circa muore ed il 25% dei sopravvissuti deve continuare il trattamento dialitico. Sono 180 casi per milione di abitanti i casi di insufficienza renale acuta che necessitano del trattamento dialitico, superiori a quelli che necessitano di trattamento dialitico cronico. A questi casi vengono riservate poche risorse sottovalutando l’impegno enorme di risorse sia umane che di elevata conoscenza che tali pazienti richiedono (spesso con numerose complicanze e patologie in rianimazione e necessitanti di intere equipe di specialisti). E’ conoscenza comune che i pazienti che sono affetti da insufficienza renale acuta nei 5 anni successivi all’evento hanno un maggiore rischio di ICTUS, EVENTI CORONARICI, NEOPLASIE. E’ dato anche sapere che negli ultimi 8 anni le strutture di nefrologia non solo non sono state mantenute iso-risorse (in particolare medici), ma dato l’incremento e il cambiamento importante della casistica non hanno avuto un adeguamento strutturale. Il risultato è stato che esse hanno in cura un minor numero di pazienti che necessitano di una assistenza specialistica, e che questi pazienti sono sempre più in carico a strutture di medicina generale.
Quest’anno l’attenzione è rivolta ai bambini che fortunatamente si ammalano raramente. Tuttavia, per i bambini che si ammalassero, sarebbe necessaria una diagnosi precoce e un’attenzione particolare. È necessario che fin da piccoli ci si abitui a norme semplici ma da perseguire con costanza di igiene della vita. Alcuni filmati sono stati prodotti per sensibilizzare e informare a questo proposito.
Situazione in Umbria
In Umbria si assiste ad un panorama sfaccettato (come emerge dai dati del censimento (in press) e dal registro SIN): si riesce, seppur con molte difficoltà, ad assistere tutti i pazienti che necessitano di dialisi, ma i pazienti faticano molto a trovare risposte soddisfacenti prima dell’ingresso in dialisi poiché sono lunghe le liste di attesa, gli ambulatori non sono omogenei, mancano posti letto nefrologici e non è possibile una continuità della cura nefrologica.
L’Umbria, come si conferma dai dati del registro e del censimento della società italiana di nefrologia, ha il non invidiabile problema di essere la seconda regione con la più alta incidenza di pazienti in dialisi e quindi con un numero spropositato di ingressi ogni anno e di avere l’ancor meno invidiabile record della popolazione dialitica più ampia in Italia.
Se poi teniamo conto dei pazienti che trattiamo in più rispetto a cinque anni fa (963 contro gli 870 di cinque anni fa, circa 90 in più), il costo diventa abissale, equivalente a quasi 3,5 milioni di euro. Il fatto che poi dal 2013 al 2014 il numero di prevalenti si sia ridotto con un aumento degli incidenti significa che la mortalità è aumentata in maniera abnorme. Ciò potrebbe essere ascritto alle modifiche che sono state indotte in molti centri nefrologici con riduzione dell'orario attivo e riduzione del personale, a fronte di un aumento della popolazione dialitica e nefrologica. Infatti mentre i pazienti sono aumentati, la lista di attesa in ambulatorio si e’ allungata (rendendo difficile prendersi cura in maniera continuativa e assidua dei pazienti più gravi), la maggior parte dei pazienti sia cronici sia acuti che necessitano di dialisi sono ricoverati in reparti non nefrologici, il personale è stato ridotto o mantenuto agli stessi livelli con conseguenze, come i dati dimostrano, tragiche.
Inoltre se avessimo la stessa media nazionale italiana di prevalenza e incidenza o, solo come esempio, delle vicine Toscana e Marche, anche in questo caso avremmo dei risparmi enormi che giustificano ampiamente un investimento negli ambulatori nefrologici e nel trattamento della malattia renale cronica con riduzione degli ingressi in dialisi.
La situazione umbra e’ molto seria: la regione non ha più una guardia 24h. Dai dati del censimento SIN emerge che il centro di Perugia è tra i primi 15 centri per complessità in Italia ma è l’unico, tra i centri regionali, a non avere una guardia 24 h che prima assicurava un trattamento continuativo ed esperto, unico in Umbria, che andava ben oltre i confini regionali, abbracciando ampie zone della Toscana e delle Marche. Così sia i pazienti che i medici degli ospedali periferici che abbiano bisogno di un consiglio debbono aspettare che il medico arrivi da casa, con rischi notevoli e ritardi incompatibili con il tipo di attività nefrologica e dialitica (i consigli telefonici da casa sono vietati).
In molte sedi umbre, nonostante ci siano diverse rianimazioni, non ci sono modelli organizzativi adeguati al trattamento acuti, nella ASL1 comprensorio Assisi, Castiglione del Lago e Pantalla non ci sono ne’ letti di degenza ne’ trattamenti per acuti né reperibilità che ricade sotto Perugia (in pratica di notte tutti i pazienti devono arrivare a Perugia dove però è stata tolta la guardia medica 24 ore su 24 e il medico viene chiamato a casa).
A Terni per mancanza di personale i trattamenti acuti sono stati abbandonati dai nefrologi, diventando appannaggio della sola rianimazione. Eppure si tratta di numeri importanti: in generale il numero di pazienti acuti, come dimostra il censimento SIN, è superiore a quello dei nuovi pazienti che iniziano la dialisi ma richiedono elevate competenze, personale multidisciplinare e ore adeguate di trattamento.
A fronte di tutto questo il piano sanitario non cita la nefrologia, non esiste un collegio dei nefrologi, la società italiana di nefrologia e la fondazione italiana del rene, organizzazioni professionali e di stakeholder vari a livello nazionale, non hanno voce in capitolo né mai sono state coinvolte nel concordare strategie regionali. Non esistono procedure riconosciute sul trattamento della malattia, non ci sono criteri di accreditamento specifici, non ci sono protocolli operativi con i Medici di Medicina Generale, non ci sono ambulatori periferici territoriali come invece accade a tantissime altre specializzazioni.
Non sono stati attuati i percorsi e i protocolli operativi dettatati dal DM sulla MRC in particolare il capitolo 2: attività di prevenzione (migliorare le conoscenze della popolazione riguardo all’adozione di corretti stili di vita, con particolare riguardo alla riduzione del sale, formare i MMG, i PLS, gli specialisti e il personale sanitario al fine di identificare precocemente i soggetti in condizione di rischio aumentato per MRC nella popolazione , da indirizzare verso adeguati percorsi di presa in carico , costruire registri di patologia in accordo con la normativa nazionale). A ciò deve essere aggiunto che cartelle cliniche nefrologiche informatizzate dialitiche sono distribuite a macchia di leopardo (Perugia il centro più numeroso e complesso ne è priva), e non parlano tra di loro. L’Umbria non ha più un registro regionale dei pazienti in dialisi e trapianto nonostante gli sforzi di alcuni componenti regionali che tuttavia non sono riusciti ad organizzare una raccolta dati sistematica, e centralizzata. Insomma l’Umbria è rimasta notevolmente indietro rispetto a tante altre regioni che si sono dotate di percorsi nefrologici. Lo studio di epidemiologia nell'insufficienza renale acuta pubblicato sulla casistica di Perugia dimostra che se nel 2007 il numero di pazienti che necessitavano di dialisi per insufficienza renale acuta era non solo aumentato di quasi 4 volte raggiungendo numeri elevatissimi, ma distribuito negli anni passando da un rapporto 1:1 fra Nefrologia ed altri reparti, a 1:2 a sfavore della nefrologia, con raddoppio del numero di pazienti ed incremento del numero delle dialisi di circa l’80%; Questo studio dimostrava inoltre che non ci sono letti nefrologici sufficienti e che solo la metà circa dei pazienti riceveva una terapia adeguata e che, ancora più drammatico, si evidenziava come la mortalità sia maggiore se i pazienti non sono adeguatamente assistiti da equipe specialistiche. La speranza è che la nefrologia entri a pieno titolo tra le specialità mediche ad alta considerazione politica e amministrativa. La nefrologia che, si badi bene, non è solo dialisi, ha il compito di intercettare precocemente i pazienti con malattie renali, impedirne la progressione verso la dialisi ma soprattutto ridurre i rischi connessi al fatto di essere nefropatici (rischi di eventi cardiovascolari, ricoveri ripetuti, infezioni, problemi ossei, anemia). Una volta in dialisi il compito del nefrologo è quello di ridurre le complicanze, ridurre i ricoveri e assicurare la miglior qualità di vita possibile ricorrendo, se possibile, anche al trapianto di rene. La sede di Perugia ha anche apprezzabili e riconosciuti risultati in ambito trapiantologico; l’equipe medica ha professionisti formati e competenti che tanti ci invidiano. La risoluzione non è quella di chiudere un centro di trapianto perché’ effettua pochi trapianti, ma forse la risoluzione è capirne le motivazioni, valutare se sia utile avere un centro trapianti ad alta efficacia viste le lunghe ed interminabili liste di attesa, aumentare la possibilità di fare più trapianti vista la necessità impellente di organi. Il fatto che piccole realtà anche a noi vicine si siano organizzate dimostra chiaramente che in Umbria c’è un problema di organizzazione, e che è necessario crederci e volerlo fare. Sprecare tante alte professionalità, ridurre la conoscenza e l’esperienza che tale tipo di attività comporta, non usufruire della catena ormai collaudata e professionale della rete trapiantologia perugina sarebbe solo uno spreco di risorse e sconvolgente per i pazienti in attesa. Senza dimenticare che l’Umbria ha il vanto di aver completato, grazie alla inesauribile Giuseppina Manuali, il progetto “Una scelta in comune” che permette a tutti di scegliere di diventare donatori al momento del rinnovo della patente e che può dare un futuro diverso alla situazione donatori in Umbria. Speriamo quindi che la nefrologia entri tra le priorità assistenziali, che la politica sanitaria umbra dia segni di cambiamento non solo di rotta ma di mentalità capendo che in sanità, come dice anche GIMBE, il risparmio di oggi potrebbe essere la spesa di domani e che si ravveda proprio in occasione della giornata mondiale del rene.