Una diagnosi precoce permetterà ad una bambina nata all’ospedale di Perugia di usufruire di un piano terapeutico in grado di garantire oltre alla sopravvivenza una buona qualità di vita. Lo fa sapere l’Ospedale di Santa Maria della Misericordia a Perugia.
La neonata, affetta da una malattia rara di carattere metabolico, ha permesso lo studio del “caso” di Maria (nome di fantasia) per trovare una soluzione terapeutica per la gioia dei genitori che stanno seguendo tutte le attività dei sanitari della Unità di Terapia Intensiva del Santa Maria della Misericordia, orgogliosi di aver individuato la patologia durante uno screening cui vengono sottoposti i neonati da alcuni anni.
“Anche la nostra struttura aderisce al programma di screening metabolico neonatale esteso, per la valutazione di 40 malattie per le quali è riconosciuta l’efficacia del trattamento a fronte di una diagnosi precoce – ha affermato la dottoressa Stefania Troiani, direttrice della Terapia Intensiva Neonatale dell’Azienda opedaliera di Perugia -. Capita di dover indagare quando lo screening è negativo su piccoli pazienti patologici e dobbiamo pensare a malattie anche le più rare al di fuori di quelle comprese nello screening. Ad esempio, di fronte ad importanti ipotonie neonatali dobbiamo pensare all’ atrofia muscolare spinale, per la quale esiste una terapia genica, oppure, come nel caso di Maria, richiedere ulteriori accertamenti, confrontarci con altri specialisti per provare a raggiungere una diagnosi”. Il caso della piccola si presentava con una complessità importante, proprio perché negativo allo screening metabolico, con la neonata che presentava una severa ipotonia ed una ingravescente apatia e sonnolenza”.
Il dottor Paolo Prontera, medico genetista dell’ospedale di Perugia, ha avviato immediatamente delle indagini molecolari, mirate al sequenziamento di geni responsabili di malattie metaboliche rare e da questa complessa indagine, eseguita sul DNA della neonata e dei suoi genitori, eseguite presso il laboratorio di Genetica Medica dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma, è emersa, in tempi rapidi, la diagnosi: un deficit di CAD. “Il gene CAD codifica per un enzima – spiega Prontera – è essenziale per la produzione delle pirimidine e quindi per la sintesi del DNA e dell’RNA; la malattia che ne deriva, se non curata tempestivamente, porta a gravi disabilità intellettive, epilessia e in alcuni casi al decesso”.
“Fortunatamente è stata individuata una terapia da somministra per via orale – spiega la dottoressa Benedetta Della Torre, che fin dal primo giorno ha seguito la neonata. Si tratta della uridina monofosfato, sostanza che le cellule possono usare per produrre le pirimidine e ripristinare uno stato di normalità”.
Di questa rarissima malattia soffrono circa 20 bambini al mondo, ma l’eccezionalità della neonata umbra consiste in una precocissima diagnosi che le ha permesso di iniziare il trattamento già dopo poche settimane dalla nascita, mentre in letteratura si evidenzia che in altri casi Il trattamento è stato iniziato a 2-3 anni, a volte dopo l’esordio di una severa encefalopatia epilettica, quando il cervello aveva già subito dei danni legati al deficit di CAD.
La bambina ha iniziato la terapia all’età di 3 mesi, quando i medici hanno potuto notare, già dopo solo pochi giorni di trattamento, un netto miglioramento delle sue condizioni cliniche, un miglior tono muscolare ed una migliore reattività che fa ben sperare per il suo futuro.
“L’esperienza di Maria e la sua storia, ad oggi unica – ha aggiunto la Dottoressa Troiani – ci fanno sostenere l’opportunità di introdurre nello screening neonatale allargato anche le indagini genetico-metaboliche utili ad identificare un deficit di CAD il prima possibile, visto che la diagnosi precoce potrà cambiare la storia naturale di questa malattia”.