di Francesco Castellini – Un asse tra Vincenzo Bianconi e Andrea Fora, che darà corso ad un “cantiere civico”, con sede in Consiglio regionale.
Ed ecco quindi i due sconfitti, autocandidatisi, (entrambi alla fine eletti ma senza leve in mano), che stanno lì a studiare come mantenere in auge la propria visibilità acquisita per caso, nonostante la debacle che li ha visti capitolare nella Caporetto che come uno tsunami ha travolto e si è portato via tutto il centrosinistra.
Di questo riferisce il Corriere dell’Umbria. Riportando a chiari lettere di come proprio Andrea Fora prenda le distanze dall’intesa Pd-M5S, liquidando come “un’alchimia letale il patto costruito in cinque giorni che ha stravolto un percorso avviato da tre mesi e un Pd che non ha saputo mettersi in discussione al proprio interno ricandidando gran parte dei consiglieri uscenti”.
Che dire? Viene in mente la facile battuta: “Quando l’insuccesso dà alla testa”.
Come altro definire queste parole di Fora certamente dettate da una buona dose di acredine e da uno scontato risentimento verso il comportamento altalenante dei Dem, che prima lo candidano alla poltrona più alta e poi lo disarcionano senza tanti complimenti, sottostando supinamente alle direttive grilline?
Ma c’è da chiedersi, se solo per il fatto di essere stato eletto in Consiglio grazie alla “generosa” ospitalità di Bianconi, e di aver ottenuto comunque quel tanto agognato seggio d’“oro”, basti ora a fargli rivestire i panni del deus ex machina dell’intero panorama politico locale?
Con l’autoacquisito diritto di appropriarsi in questa “civica” maniera dell’intero patrimonio della Sinistra in Umbria?
Insomma più che un progetto serenamente concepito, questa impulsiva reazione dà più l’idea di una stizzosa rivalsa, che sa tanto di voglia di rappresaglia e infantile, banale, tentativo di vendetta.
Perché se è pur vero che la loro lista civica ha sedotto16.800 umbri, è altrettanto certo che senza la complicità e il supporto strutturale di un partito vero alle spalle sarà ben difficile per chiunque farsi notare e ascoltare.
La storia insegna che i tanti personaggi che si sono fatti prendere dal classico “delirio di onnipotenza” (come altro definire la reprimenda all’amico Bianconi “L’unica cosa che devo rimproverare a Vincenzo è l’essersi assunto la responsabilità di questa sconfitta”. E quelle sonore bacchettate al Pd: “Almeno non avremo più candidati dei partiti della nostra coalizione che inseguono gli incontri che faremo nei territori piazzandone altri alla stessa ora e negli stessi luoghi, come è successo in campagna elettorale. Mentre loro saranno impegnati a litigare, noi saremo in mezzo alla gente”), poi alla fine sono destinati a fare magre figure e ad uscire ignobilmente di scena.
E intanto che i “civici” si muovono, sul fronte Pd si assiste ad un’altra autoproclamazione.
Ieri il sindaco di Gualdo Tadino, Massimiliano Presciutti, che per primo aveva chiesto un passo indietro del commissario Walter Verini, si è candidato ufficialmente per guida della segreteria Dem.