(A.L.)
Il pane perde d’interesse nella dieta e sulla tavola degli umbri.
Motivi? Stili di vita, mode alimentari e la produzione casalinga con farine bio e ingredienti diversi e più salutari. E poi il pane industriale surgelato sempre più diffuso e per niente amato.
Per il pane scoppiavano le rivolte, come quelle milanesi descritte dal Manzoni. Per il pane scoppiavano le guerre: nel 1540, tra Perugia e lo Stato Pontificio, scoppiò la Guerra del sale per una tassa imposta dal Vaticano sul più ricercato dei conservanti e dei condimenti (anche per il pane).
La città perse la guerra, ma da allora, in Umbria, il pane si mangia rigorosamente senza sale.
Nel 1861, secondo Coldiretti, si mangiavano ben 1,1 kg di pane a persona al giorno; ancora nel 1980 si mangiavano 230 grammi a testa al giorno, nel 1990 solo 197, nel 2000 180 grammi, nel 2010 si scende a 120, nel 2012 a 106 grammi per arrivare sotto i 100 grammi nel 2013. Fino agli 80 grammi attuali.
Perché mangiamo meno pane?
Complessivamente la spesa familiare per pane, grissini e cracker in Italia è di circa 8 miliardi all’anno con preferenza per il pane artigianale, che rappresenta l’88% del mercato.
In Italia esistono più di 300 varietà e sono addirittura cinque i pani italiani protetti dall’Unione Europea: la Coppia ferrarese IGP, la Pagnotta del Dittaino Dop, il Pane casareccio di Genzano IGP, il Pane di Altamura Dop e il Pane di Matera IGP. E perchè no quello di Strettura?