di on. Marina Sereni – Matteo Renzi ha incontrato oggi i parlamentari del Pd che hanno sostenuto la sua candidatura nelle convenzioni dei circoli e che ora si stanno impegnando per le primarie del 30 aprile. Alla prima fase hanno partecipato 266.000 iscritti e il 66,7 di loro ha votato per Matteo Renzi.
Cosa c’è dentro questo consenso? C’è innanzi tutto il riconoscimento dei meriti di un leader che, dal Governo, ha saputo imprimere, in una fase molto difficile di crisi e di recessione, una spinta al cambiamento straordinaria e positiva per il Paese. Nessuno come i deputati e i senatori del Pd può testimoniare meglio questo dato della realtà. La XVII legislatura, nonostante la brusca battuta d’arresto sulla riforma costituzionale con tutte le conseguenze negative anche sul tema cruciale della legge elettorale, sarà ricordata per l’enorme mole di riforme non solo approvate ma anche in buona parte avviate nella realizzazione. I numeri positivi – della crescita, dell’occupazione, del reddito disponibile per le famiglie – pur importanti, non sono sufficienti a raccontare quanto il Governo Renzi abbia operato per rimettere in movimento l’Italia, per renderla più moderna e più giusta al tempo stesso. Non è un caso che perfino Andrea Orlando, il principale competitore nel congresso, riconosca i molti risultati raggiunti ai quali peraltro non ha fatto mancare il suo contributo come Ministro. Risultati buoni per il Paese, e soprattutto per la parte più debole e meno garantita: dal sociale al lavoro, dalla scuola alla cultura, dai diritti civili alla semplificazione, con i provvedimenti approvati in questi anni abbiamo cercato di dare più opportunità e più protezione a chi ne aveva di meno. E’ andato tutto a meraviglia? Certo che no, anche perché cambiare sul serio è molto più difficile che invocare il cambiamento. Ma Renzi ci ha provato con grande determinazione e questo è stato e resta il suo principale punto di forza. Nel Pd, tra gli iscritti ma sicuramente anche tra gli elettori, questo è il suo principale e grandissimo merito. Inoltre credo che per molti dei nostri aderenti e militanti – che pure nei circoli hanno spesso espresso parole critiche per la scarsa attenzione dedicata in questi anni al partito, alla manutenzione e all’innovazione della nostra organizzazione – Matteo Renzi sia il segretario ingiustamente fatto oggetto di continui attacchi da parte di una minoranza che ha cercato e alla fine prodotto lo strappo della scissione. Tuttavia la vittoria ampia tra gli iscritti non basta. Ora dobbiamo tutti lavorare per una larga partecipazione alle primarie del 30 aprile e per un’affermazione netta del nostro candidato alla segreteria.
Mi piacerebbe che queste prossime settimane fossero l’occasione per avvicinare gli elettori più convinti ma anche quelli che di Renzi vedono pregi e difetti, qualità e limiti. Per questo spero che Renzi abbia letto con attenzione un piccolo saggio di Massimo L. Salvadori pubblicato da Donzelli nei giorni scorsi. Si apre (e si intitola) con una “Lettera a Matteo Renzi”, di cui riporto uno stralcio, che ho condiviso molto: “Caro Renzi, tenga duro. So bene che è una esortazione superflua, poiché Lei è uno che ha incorporato nel suo carattere la parola d’ordine di Salvemini: «Non mollare». Andrò alle primarie a votare Lei, perché, come ho detto e ridetto, sono tra coloro che credono nella sua leadership e nella sua capacità di fare tesoro degli insegnamenti che le vengono dalla sua esperienza, negli aspetti più positivi e in quelli meno positivi, di segretario e di premier. Concludo questa lettera consegnandole le seguenti parole di Max Weber, su cui ha attirato recentemente la mia attenzione l’amico Michele Salvati: «La politica consiste in un lento e tenace superamento di dure difficoltà da compiersi con passione e discernimento al tempo stesso. E’ certo del tutto esatto,e confermato da ogni esperienza storica, che non si realizzerebbe ciò che è possibile se nel mondo non si aspirasse sempre all’impossibile». Occorre «armarsi di quella fermezza interiore che permette di resistere al naufragio di tutte le speranze, già adesso, altrimenti» non si sarà «in grado di realizzare anche solo ciò che oggi è possibile». «Soltanto chi è sicuro di non cedere» alle difficoltà che gli si parano innanzi, «soltanto chi è sicuro di poter dire di fronte a tutto questo: “Non importa, andiamo avanti”, soltanto quest’uomo ha la “vocazione” per la politica».
Naturalmente le qualità di un leader non sono soltanto la volontà e la determinazione. Queste, per quanto essenziali, sono preliminari. La più autentica misura è data da come egli affronta le circostanze quando diventano più difficili. Tali sono le condizioni in cui versa oggi l’Italia e con le quali occorre misurarsi. Se Lei sarà chiamato a reggere prima la guida del PD e poi, dopo le prossime elezioni, mi auguro anche quella del Paese, dovrà fare i conti con uno scenario complicato, disseminato di molti ostacoli all’interno e all’esterno. La mancata approvazione della riforma della Costituzione, un sistema dei partiti estremamente conflittuale e divisivo nelle stesse coalizioni in competizione, le crepe che caratterizzano la traballante Unione europea – ma si potrebbe continuare – peseranno negativamente sulle spalle dei leader di partito e dei governanti. E dunque un leader forte ha bisogno di affiancare alla volontà e alla determinazione le doti dell’attenzione, della valutazione prudente dei passi da compiere, della capacità di manovra e di trattativa, della disposizione non soltanto a parlare agli altri per trascinarli ma anche ad ascoltare prima di scegliere e di prendere le proprie decisioni. Il governo degli uomini è cosa assai più complessa dell’indicare loro la direzione di marcia, che pure è la funzione di un leader.”