di Francesco Castellini – Pd e Forza Italia hanno perso le elezioni. E si sa la sconfitta rende nervosi. Dunque, per buttare fuori tutta la rabbia che frigge in corpo, cosa c’è di meglio che sbavare e vomitare rancore contro gli incauti “usurpatori” attraverso i “propri” potenti mezzi di informazione?
Tanto che adesso, ogni volta che si guarda un tg, Rai o Mediaset che dir si voglia, è tutto uno sbrodolare di insulti a senso unico, cattiverie, improperi che spesso rasentano la pura e gratuita villania.
Un tale travaso di bile che alla fine rischia di ottenere l’effetto opposto fra la gente, rendendo perfino simpatici coloro che fino a ieri apparivano un po’ spocchiosi, al punto tale di non essere mai considerati degni di apprezzamento alcuno.
«È la prima volta nella storia di questo Paese, dall’Unità d’Italia, che non c’è un solo giornale che appoggi questo governo. Mai accaduto. Nemmeno uno…». A parlare, a proposito dell’esecutivo M5S-Lega, è il giornalista Paolo Mieli, ospite, qualche sera fa, di Otto e mezzo, la trasmissione condotta da Lilli Gruber su La7. Parole che la dicono lunga sulle condizioni in cui versa la stampa italiana, guarda caso ora omogeneamente “nemica” degli unici due partiti che si sono chiaramente schierati contro il vecchio sistema consolidato.
E sì, perché politica e comunicazione da queste parti hanno sempre agito in combutta e vedersi scavalcare da degli “inermi” comunicatori, privi delle truppe cammellate dei giornalisti, li ha fatti rimanere letteralmente di stucco.
E allora è tutto un coro.
Ai tg di parte si sono affiancati i quotidiani, come il Foglio, Libero, il Giornale o la Verità, più o meno ufficialmente riconducibili a Berlusconi; ma anche ovviamente quegli altri fogli e fogliastriche se la tirano come se fossero la Sibilla, e che orbitano, con una buona dose di arrogante presunzione nella galassia della sinistra partitocratica e di (ex) potere.
Ma tant’è che tutto questo è all’improvviso imploso, letteralmente polverizzato.
Ed eccoci dunque arrivati a quella che si potrebbe definire la guerra dell’“opposizione rancorosa”, che se da una parte ha il merito di mettere in luce le comuni trame della strana coppia Renzi-Berlusconi, dall’altra fa ben capire come funziona in Italia la strategia della comunicazione, non certo legata a ragioni ideologiche o semplicemente dialettiche, ma solo alle ben più pratiche ed egoistiche logiche spartitorie e di profitto, politico ed economico che dir si voglia.