di Adriano Marinensi – Era l’anno 1984, addì 7 del mese di giugno caldo assai. A Padova, un politico di rilievo stava tenendo un comizio di fronte alla solita piazza gremita. Il giorno dopo, un giornale scrisse: All’improvviso diventò pallido. Quel politico di spicco si chiamava Enrico Berlinguer, Segretario del PCI, di anni 62. Aveva appena detto: “Compagni, lavorate tutti, casa per casa, strada per strada, fabbrica per fabbrica”. Ebbe una pausa. Un ictus fermò il discorso che lui tentò di riprendere. Invano. Il dramma umano di Berlinguer si concluse quattro giorni dopo e il cordoglio unì l’intero Paese. Più di un milione di persone gli dette l’ultimo saluto, a Roma.
Da Mosca, al funerale del compagno italiano che più e meglio aveva interpretato l’eresia post sovietica, mandarono il compagno russo che più e meglio stava interpretando l’esodo ideologico dallo stalinismo: Mikhail Gorbaciov. Esodo iniziato all’indomani del XX Congresso del PCUS (14 – 26 febbraio 1956). Fu proprio al termine di quella assise che Nikita Kruscev lesse ai dirigenti comunisti presenti, il rapporto segreto intitolato “Sul culto della personalità e le sue conseguenze”. Cancellò il mito di Josef Stalin (morto il 5 marzo 1953), denunciandone i crimini e gli eccessi. Lo stesso Kruscev fu autore dello scontro con J. F. Kennedy durante i terribili 11 giorni della Crisi di Cuba (1962).
Durante le esequie, gli italiani di fede filorussa capirono subito che l’inviato del Cremlino ed allora numero due della gerarchia, era di un’altra generazione e di un’altra corrente di pensiero. Giovane dirigente di partito, Gorbaciov aveva conseguito due lauree (vere), non alle scuole serali o ai corsi per corrispondenza come molti della vecchia nomenclatura sovietica. Quando, nel 1985, fu eletto Segretario generale del Partito, ebbe inizio con lui – il moderato, il riformista – un cambiamento di percorso nel cammino dell’URSS. Cominciò a parlare nei programmi con un sacco di parole nuove: perestroika (ricostruzione), glasnost (trasparenza), uskorenie (accelerazione dello sviluppo economico) e iniziò il decadimento del burocratismo centralizzato e totalizzante.
Ed ancora, rinnovamento nei rapporti internazionali, attraverso un confronto aperto con i Paesi occidentali, nel segno del dialogo. Notevole, nel superamento della guerra fredda e della corsa agli armamenti nucleari, l’incontro Gorbaciov – Reagan del 1986, che pose le basi per l’accordo dell’anno successivo sulla revisione delle installazioni dei missili in Europa. Non gli mancarono, a corredo dei suoi interiori convincimenti rinnovatori, il portamento esteriore, quasi da gentleman ed una moglie, Raissa, misurata ed elegante in stile Casa Bianca. Aveva una figura assai meno corpacciona rispetto a quella dei consueti orsi sovietici, accigliati e scontrosi, che eravamo abituati a vedere. Di notevole importanza il viaggio di Gorbaciov in Inghilterra (dove Primo ministro era Margaret Thatcher) e la buona impressione che ebbero di lui in Occidente, al fine di costruire nuove condizioni d’intesa, almeno all’inizio, tra le diplomazie. Disse la Thatcher: I like Gorbaciov.
In Vaticano, il 22 ottobre 1978, i Reverendissimi Padri avevano posto sul Trono di Pietro, Karol Wojtila, il Papa polacco, testimone del comunismo reale. Da Pontefice guardò con molta attenzione i mutamenti, quasi rivoluzionari, provocati nel suo Paese la Lec Walesa con Solidarnosc che aveva preso vita dagli scioperi del 1980 nei cantieri navali di Danzica. Per quell’anelito di rinnovamento dei modelli politici, tre anni dopo, Wakesa ebbe il Premio Nobel per la pace e fu eletto Presidente della Repubblica di Polonia, per il quinquennio 1990 – 95-
La Diplomazia pontificia avviò una serie di iniziative per favorire contatti della Santa sede con gli Stati e tra gli Stati. L’intento era promuovere la pace, il rispetto della dignità dell’uomo, la salvaguardia del creato. Oltretevere, influente direttore della Sala stampa era Joaquin Navarro – Vals. Fu lui a tirare le fila dello “storico abbraccio” tra il Capo del mondo cattolico e Capo di un Paese comunista: Giovanni Paolo II e Mikhail Gorbaciov si incontrarono il 1 dicembre 1989. E chissà che il colloquio – insieme all’azione condotta dal Papa sui regimi dei Paesi dell’est (la fine della sovranità limitata) – non abbia avuto influenza su ciò che accadde, in Europa, dopo la caduta del Muro di Berlino. Con Gorbaciov Segretario generale del PCUS, si tennero le consultazioni che istituirono, in URSS, il 1° Parlamento, eletto attraverso libere elezioni popolari. E quel Parlamento chiamò Gorbaciov alla carica di Presidente dell’Unione sovietica. Le relazioni tra Vaticano e URSS ripresero ufficialmente nel marzo 1990 ed, a novembre dello stesso anno, il leader del Cremlino ed i Pontefice si trovarono di nuovo insieme, in Vaticano, per riaffermare l’impegno comune nella soluzione dei principali problemi internazionali, ulteriore testimonianza degli storici accadimenti di quello scorcio di secolo.
Il giorno di Natale del 1991, l’ANSA pubblicò questa lapidaria notizia: Il Presidente sovietico Mikhail Gorbaciov si è dimesso. Lui, nel corso dell’ultima riunione del Soviet supremo, aveva detto: “Nell’attuale situazione determinatasi nel Paese, pongo fine alle mie funzioni di Presidente dell’URSS”. L’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche – nata nel 1922 con la fusione di 15 Stati ed il motto “Proletari di tutto il mondo unitevi! – era morta. Tornavano a vivere le Repubbliche indipendenti: L’ Armenia, la Lettonia, l’Estonia, la Lituania, la Bielorussia, la Georgia ecc. ecc. Da ovest ad est, veniva riscritto l’assetto geopolitico dell’Europa, passata attraverso una serie di “rivoluzioni” di pensiero e di struttura istituzionale. Anche la filosofia marxista, il materialismo storico, il centralismo del potere, realizzatisi, a Mosca, durante il periodo dello stalinismo e del socialismo reale, si potevano considerare dissolte.