Dopo l’apertura dell’inchiesta sui presunti fondi dalla Russia al Carroccio – la procura di Milano indaga per corruzione internazionale -, il Pd ha chiesto l’istituzione di una commissione di inchiesta parlamentare sui finanziamenti ai partiti.
La richiesta potrebbe essere sostenuta anche dai Cinque Stelle. Se la proposta dovesse passare, si verrebbe a replicare quanto accaduto con il precedente Mitrokhin, quando nel 2002 venne istituita una commissione di inchiesta parlamentare presieduta dall’allora senatore di Forza Italia Paolo Guzzanti. Dall’indagine della Commissione venne fuori che fin dagli anni Cinquanta il KGB pagava gli informatori, reclutati anche tra i funzionari del Partito comunista italiano.
Come riporta un articolo di Repubblica di venti anni fa
Si parla di oltre 23 milioni di dollari in sette anni, dal ’70 al ’77. Questa la cifra versata dai sovietici ai comunisti italiani, secondo quanto si ricava dal “rapporto Impedian numero 122” del dossier Mitrokhin. Ventitrè milioni di dollari, con un andamento irregolare negli anni, corrisposti nel giardino della villa dell’ambasciatore dell’Urss a Roma nelle mani, in una prima fase, di Anelito Barontini, funzionario del partito e uomo al quale Armando Cossutta, che sovraintendeva al flusso finanziario, delegava le delicate funzioni.
Ci sono i soldi, ma ci sono anche le aziende con una sostenuta attività di export. Infatti in quegli anni il rapporto finanziario con Mosca si articola anche in varie società commerciali, partecipate dal Pci, che hanno in Urss quote importanti del fatturato.
Attività descritte così nel dossier: “Distribuzione di petrolio dall’Urss all’Italia attraverso il gruppo Monti; acquisto di tre trasportatori di ammoniaca dalla società Efim-Breda; costruzione di alberghi in Urss; fornitura di componenti atomiche; cooperazione ad ampio raggio con la società Finmeccanica…”. Anche i socialisti del Psiup hanno chiesto e ottenuto attenzione economica dal Kgb. Quasi quattro milioni di dollari (rapporto numero 126), tra il ’69 e il ’72, sono giunti nelle casse del Partito socialista di unità proletaria, consegnati a Francesco Lami, nome in codice “Aleksandr”. La fonte è un ex agente, “di provata affidabilità”. E, con il Psiup, pure i comunisti di San Marino hanno ricevuto un po’ di sollievo: 100mila dollari è il conto tra il ’70 e il ’77.
Soldi dalla Russia, le ridicole accuse di Zingaretti e compagni
di Giovanni Sallusti
Va bene che l’ipocrisia è la sostanza del dibattito politico italiano, ma questa è eccessiva. Provo a focalizzare ogni parola mentre scrivo: la sinistra italiana accusa un avversario di aver ricevuto soldi da Mosca. La sinistra italiana. Quella erede diretta del Partito Comunista, a cui l’attuale segretario del Pd Nicola Zingaretti non a caso era iscritto. Accusa un avversario di aver ricevuto soldi da Mosca. Ovvero quella capitale da cui fluirono ininterrottamente finanziamenti occulti durante tutta la Guerra Fredda verso le casse della suddetta sinistra italiana. Quasi mille miliardi di vecchie lire dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, li stimò Valeria Riva nel suo “Oro da Mosca” (1999). Anche la versione che i compagni hanno amato raccontare al mondo per lustri, cioè che l’elargizione sovietica fosse cessata all’inizio degli anni Ottanta per volere di Berlinguer, è ormai stata confutata fattualmete (tra gli altri, da Ugo Finetti nel suo “Botteghe Oscure. Il Pci di Berlinguer & Napolitano”, 2016).
Nessuno ha intimato ai dirigenti comunisti e post-comunisti di “chiarire immediatamente” l’esistenza e l’utilizzo di questa valanga di denaro, come fa oggi con titanico sprezzo del ridicolo Zingaretti di fronte all’ipotesi di un sostegno russo alla campagna elettorale della Lega (mentre il finanziamento a tutte le campagne del Pci dal 1948 al suo scioglimento è verità certificata). Nemmeno durante la sbornia manettara di Tangentopoli, quando l’unico partito a salvarsi fu proprio l’unico che riceveva quattrini da una potenza straniera e nemica, il Pci.