Di AMAR – La notizia di cronaca è tragica e recente. Parla della giovane madre morta, in territorio di Perugia, lungo la Pievaiola, a causa di una buca che l’ha sbalzata dalla moto. Nel resoconto giornalistico si legge: “Il P.M. ha aperto un fascicolo di indagine per stabilire eventuali responsabilità.” E più avanti: “Tra i reati ipotizzabili, potrebbe configurarsi quello di omicidio stradale a carico dell’Ente proprietario della strada.” Nella fattispecie, l’Amministrazione provinciale.
Perbacco, mi son detto, è la stessa argomentazione che sostenni in un articolo pubblicato il 12 novembre 2016 sulla rivista “Umbriasettegiorni”. La tesi non è peregrina e vale soprattutto nei Comuni di piccola e media dimensione, dove i Sindaci ed i Tecnici della manutenzione viaria “non potevano non sapere” del dissesto e quindi avevano l’obbligo giuridico di intervenire per rimuovere il pericolo. Mi permisi di fare squillare un campanello d’allarme nelle orecchie degli Amministratori locali, ai quali è affidato il compito di assicurare la praticabilità e la vigilanza delle strade. Io vivo a Terni, dove la pavimentazione è bucata come una groviera e quindi l’appello del 2016 riguardava, in prima battuta, quel Primo cittadino pro tempore. Non era la mia prima trattazione dell’argomento, perché il problema, a Terni, è di data remota. Però, teneva conto di una novità, intervenuta da poco. Scrissi: “La legge n. 41 del 23 marzo 2016, ha introdotto nel diritto italiano, l’omicidio stradale come reato autonomo e diversamente sanzionabile rispetto al vecchio omicidio colposo. Recita la legislazione innovativa: “Chiunque cagioni la morte di una persona con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, è punito ecc. ecc.”
Il problema sta tutto in quel chiunque. In fatto di imputabilità, comprende pure gli Amministratori locali che, omettendo atti d’ufficio, violano le norme della circolazione? Cioè, violano in quanto non sistemano a dovere le carreggiate ed anche (il ragionamento ebbe quest’altro oggetto) non ripristinano la segnaletica. Allora, si potrebbe configurare l’accusa di omicidio stradale per l’Ente, la morte di una persona che attraversa sopra un passaggio pedonale reso invisibile, a causa della mancata ritinteggiatura? Le “zebre” sono un segnale stradale a pieno titolo. Il comma 3 dell’art. 3 del C. della S. stabilisce che esse “sono la parte della strada, opportunamente segnalata, sulla quale i pedoni godono della precedenza rispetto ai veicoli.” L’art.14, comma 1 aggiunge che “gli Enti proprietari delle strade provvedono alla apposizione e manutenzione della segnaletica prescritta.”
In sostanza, l’interrogativo centrale posto allora, in forma grossolana, riguardante le buche, era e rimane: “Se un cittadino, al volante oppure a piedi, perisce in un sinistro dove le buche risultano causa diretta dell’evento, è possibile – a norma della legge n.41 – chiamare in causa l’Ente gestore?” Togliendo il punto di domanda, io consiglierei ai parenti del “perito” di provarci, sia che trattisi di buche, sia di zebre pallide. Persino in presenza di semplici danni fisici. La 41 indubbiamente trova la sua ragion d’essere nel tentativo di dissuadere chi guida in condizioni alterate dalla droga o dall’alcol, atteggiamento che ha forte incidenza nella statistica dei sinistri stradali. Però, ciò non esclude procedimenti a più ampio raggio. D’altronde, spulciando tra la giurisprudenza possono udirsi voci che affermano: “In tema di responsabilità, di fronte ad un sinistro, non soltanto i soggetti coinvolti sono perseguibili, ma altri che abbiamo violato qualsiasi norma di prevenzione in riferimento alla sicurezza stradale.”
E quando l’incidente provoca danni estremi, come quello della Pievaiola, la buca e chi non ha provveduto ad eliminarla possono diventare “correi” di omicidio stradale. La sentenza in tal senso aprirebbe un percorso giuridico innovativo e soprattutto la rincorsa all’intervento immediato da parte dei cosiddetti “chi di dovere”, a sanatoria di una troppo lunga inadempienza. Scrissi in tal modo nel 2016, e oggi ho provato a replicare nel tentativo di portare un minuscolo contributo alla soluzione del problema. Mettendo insieme buche e zebre che, in tema di sicurezza della circolazione, sono due facce della stessa medaglia.