Di Francesco Castellini – “Todi is a small town in the centre of Italy” ha aperto con successo ieri sera, in anteprima nazionale, il Terni Festival. La nuova pièce di Livia Ferracchiati, prodotta dal Teatro Stabile dell'Umbria, ha esordito allo Studio 1 del Caos. In scena gli attori Caroline Baglioni, Michele Balducci, Elisa Gabrielli, Stella Piccioni, Ludovico Röhl.
Davvero bravissimi. Michele, Stella, Elisa e Caroline, vestono i panni di quattro giovani tuderti, una piccola tribù di trentenni con proprie regole e ritmi. In quattro, allineati, su sfondo bianco, narrano di incontri fatti di routine, di chiacchiere a vuoto e di passatempi inventati, di continui scambi di messaggini al cellulare. E a tratti i veri conflitti affiorano, per poi, ogni volta, dissolversi in fretta, senza continuità di soluzione.
C'è poi un quinto personaggio, (Ludovico Röhl), un documentarista, che connette finzione e realtà: studia e annota le caratteristiche della città e dei suoi abitanti, ne indaga la moltitudine e viene poi colpito dai quattro individui a lui affini, tanto da addentrarsi in sofisticate analisi psicologiche che in verità più che altro lasciano il tempo che trovano.
Ma (ribadiamo) al di là delle performance perfette degli attori, c'è da osservare che tutte quelle “chiacchiere” si rivelano alla fine ridondanti, esagerate, insopportabili e noiose. Perché se è vero che è come ritrovarsi fra i tavolini, in piazza, in un giorno qualunque, travolti dai “rumori” di fastidiosi avventori, c'è da sottolineare una sostanziale differenza, e cioè che al bar, se c'è qualcuno che ti disturba, che ti annoia, paghi il conto e te ne vai, e invece imprigionato fra le quattro pareti teatrali sei costretto a sorbirti per intero tutta quella poltiglia di vacue parole. Il tutto poi condito da una presuntuosa pedanteria. Come altro definire quel proporsi come uno spaccato sociale, applicando il semplice escamotage di trasportare (attenti a non contaminarlo) uno spicchio di realtà sul palco?
La verità è, che a parte le stonature, come l'improbabile “assolo di chitarra elettrica di David Bowie che attraversa la piazza” (si badi bene, con lo strumento non collegato a nessun impianto o amplificatore), o la speculare ed intelligentissima domanda del sagace cronista rivolta ad alcuni residenti “cosa non si può fare a Todi?”, il resto è un pacco senza sorprese. Una storia dalla morale scontata. Perché è chiaro che quel voler rimarcare e ripetere che Todi in fondo non è altro che un luogo dove convivono vizi e virtù, e dunque lo specchio della provincia italiana, anche ad essere generosi nel giudizio, al massimo equivale ad aver scoperto l'acqua calda.