di Adriano Marinensi – Durante gli anni del Rischiatutto, di Lascia o raddoppia?, del Musichiere, (ne ho scritto nell’articolo precedente), lo status symbol dell’“abbondanza” economica è stata l’automobile. A Terni, in verità, la prima motorizzazione ad ampio raggio del dopoguerra fu patrocinata dall’Acciaieria. Vendette a rate, ai dipendenti, con ritiro sulla busta paga, un ciclomotore – il Paperino – di modesta cilindrata e fiacco in salita. Sostituì vecchie e defaticanti biciclette che comunque continuarono, ancora per qualche tempo, a percorrere, in file gremite, le strade delle grandi fabbriche.
Finché, il distintivo socio – economico divenne la “6oo” che mandò la classe operaia in paradiso. E pure la “500 giardinetta”, con le portiere che si aprivano al contrario di quelle di oggi, chiamata “belvedere”. Perché? Dicevano: Aspetta che scenda una bella donna con il vestito succinto e capirai. Poi si ebbe – sempre durante gli anni ’50 del ‘900 – l’apparizione degli elettrodomestici. Oggi, nelle case moderne, è tutto incorporato nel monoblocco: i fornelli a gas, il frigorifero, la lavastoviglie. E sopra un ripiano, la TV che, seppure inascoltata, alla donna in cucina tiene compagnia. Una volta, per cambiare canale, dovevi spingere i tasti; ora c’è il telecomando che funziona come bastone del comando per chi ce l’ha in mano.
Nell’elenco delle colf tecnologiche vanno messi pure la lavatrice, l’aspirapolvere, la lucidatrice, il tritatutto, il rasoio elettrico, l’alzaserrande ed altro ancora; dovesse mancare la corrente, seppure per un giorno solo, sarebbe una rovina. Qualcuno di questi “ausili domestici” è nato prima della guerra del puzzone in camicia nera. Ma, qui da noi, la diffusione, a livello generale, si è avuta durante il miracolo economico. Nacque dall’equazione più elettrodomestici, maggiore agiatezza. Affrancarono la massaia da alcune quotidiane occupazioni. Dal lavatoio pubblico alla lavatrice, fu un salto in lungo da record sociale. Diceva un marito in uno spot pubblicitario: “Or che bravo sono stato, posso fare anche il bucato?” E la moglie: “Il bucato in casa c’è chi lo fa meglio di te !” E ringraziava, con sussiego, la fedele lavandaia di latta.
Parallelamente alla prima rivoluzione tecnologica, sono arrivati i detersivi (una calamità nient’affatto naturale!). Il diavolo insieme all’acqua santa. Detersivi che i panni li facevano “bianchi che più bianchi non si può”. E allora giù pure con i detergenti, i brillantanti, gli smacchia, smacchia con la candeggina, tutti in quantità industriale, finiti dentro i fiumi, il mare, i laghi (vedi Piediluco) a massacrare l’ambiente; in combutta con le materie plastiche che, negli oceani, portate dalle correnti, hanno formato enormi isole galleggianti. Per far funzionare il gigantesco insieme dei suddetti “aiutanti” d’ultima generazione (ovviamente non soltanto per loro) ci sono volute crescenti disponibilità di energia e quindi tanti barili di petrolio distillato e non poche centrali nucleari, prolifiche produttrici di scorie e di qualche pauroso incidente atomico.
Nell’epoca quando fui giovane, a sollecitare i consumi e magnificare i ritrovati della tecnica, c’era solo Carosello, nato il 3 febbraio 1957. Si affacciava sul teleschermo, soltanto di sera e con amabile sorriso, quasi volesse chiedere permesso nell’entrare in casa. Lo uccisero che aveva vent’anni onde far posto ad una crescente alluvione di reclame, studiata ad arte, per promuovere prodotti superflui, talvolta con spot demenziali, quasi che il destinatario fosse il gonzo del villaggio. Era giocoso Carosello e in molti ne piangemmo la scomparsa. Giocoso e genialoide, ebbe l’onore di sfilare in mostra al Museo d’arte moderna di New York. Occorreva una penetrazione commerciale più ampia e Carosello non bastava più. Venne chiesto, in un referendum agli italiani, volete che vengano ridotti gli spazi televisivi alla pubblicità in TV? Gli elettori (giugno 1995 – 56%). forse timorosi di perdere le telenovele, risposero NO. Contribuì quel NO pure alla nascita di una miriade di canali, oggi intenti a vendere prodotti d’ogni genere ed a fare da mezzani a maghi e fattucchiere d’ogni risma. Ti regalano i numeri al lotto – sostengono – sicuramente vincenti e i rimedi garantiti per alleviare le pene d’amore. Una gigantesca turlupinatura sul limite del reato penale.
Di tutt’altra pasta la televisione quando ne facemmo la conoscenza. Con lei abbiamo appreso la realtà in tempo reale. Ha compiuto il miracolo di farti vedere e vivere “cose dell’altro mondo”, direttamente dall’altro mondo. Come dire il mondo in una stanza. Prima ce le aveva raccontate la radio, ma vederle fu cosa diversa e di forte impatto emotivo. Nel nostro Paese, la inaugurarono da Torino – ufficialmente il 3 gennaio 1954 – con la comparsa sullo schermo di Miss Cinema a destra e Miss Italia a sinistra: in mezzo colui che sarebbe diventato Mister Televisione e cioè Mike Bongiorno. Era nato quella sera d’inverno, il quinto potere, trasformatosi, durante il resto del secolo, nel “vangelo laico” del popolo: Lo ha detto la televisione!
Fu un passaggio di abitudini dentro le case. E sui tetti delle case s’infittì la selva delle antenne, le nuove bandiere di un patriottismo senza patria. All’inizio furono in pochi i privilegiati: un apparecchio costava quanto uno stipendio medio. L’uscio di quegli invidiati pionieri, spesso era aperto ai condomini per godere insieme la giovialità di Mario Riva (per tutti) oppure, per i maschietti, le grazie semoventi di Abbe Lane, che ballava maliarda al ritmo dell’orchestra diretta da suo marito Xavier Cugat. C’era folla nei bar! Lo stare insieme e gratis dinnanzi a quel “nuovo cinema Paradiso”, divenne il passatempo preferito da molti. Proprio seduti al bar vedemmo, attoniti, da vicino, la luna quando (20 luglio 1969) Neil Armstrong ci mise sopra il piede timoroso.
Il buon costume ed il rigore dialettico erano precetti inviolabili. Alba Arnova, stella del varietà e ballerina un po’ audace, venne tacciata dai “benpensanti” di offesa al pudore per via della calzamaglia che fece una sorta d’ effetto nudo. Carosello, che ho citato poc’anzi, meriterebbe una trattazione a parte. Si presentava gradevole in salotto con quelle sue “macchiette” che parevano cantastorie, ideate dai cartoonist, icone incancellate nell’immaginario collettivo. Nel precedente articolo, ne ho elencati alcuni di quei simpatici pupazzetti ed eccone altri: El Merendero, il messicano che parlava in dialetto veneto, jo Condor e il Gigante amico, il vigile Concilia e l’automobilista Foresto, il Legionario romano, sempre arrabbiato (“Fa’ la guardia nun me piace, ciò du’ metri de torace”). Era la pubblicità come divertimento che, tra l’altro, appassionava tanto i bambini. A letto dopo Carosello. Quindi arrivò il Carosello degli attori. Uno per tutti: l’Ispettore (Cesare Polacco) che non sbagliava mai; però aveva sbagliato a non usare una famosa brillantina. TV in arte povera? Forse. Non si trattava però della fabbrica dei nuovi mostri, partoriti nell’Isola dei famosi e nel “confessionale” del Grande fratello. Nostalgia, nostalgia canaglia !