di Bruno Di Pilla – Si mettano una mano sulla coscienza, gli evasori fiscali. Per la mancanza di soli tre miliardi s’è dimesso il ministro dell’istruzione Fioramonti, sin dall’inizio critico per la scarsità di fondi destinati al suo dicastero. Ricevute fiscali e pagamenti elettronici sono indispensabili, ma non sufficienti. Va condotta senza quartiere la lotta contro chi non vuol saperne, con callida perseveranza, di collaborare alla ripresa di un Paese già tanto provato da calamità naturali, stragi del sabato sera, criminalità dilagante, nonché dalla desertificazione industriale e dalla conseguente fuga di giovani verso lidi stranieri.
Di una maggiore solidarietà delle classi più abbienti, nel cui ambito si annidano i furbi, l’Italia delle culle vuote ha impellente bisogno, anche perché non è ammissibile che i nostri ragazzi rinuncino a metter su famiglia per le precarie condizioni economiche di un tessuto sociale sempre più disgregato ed avaro di offerte occupazionali. Fanno bene gli enti locali a prelevare direttamente dai conti correnti bancari le somme evase da quanti addirittura si vantano, non pagando i tributi, di sfuggire agli inderogabili doveri di solidarietà economica, sancìti dagli artt. 2 e 53 della Costituzione. Possibile mai che questi signori si commuovano solo udendo l’inno nazionale prima delle competizioni sportive, oppure esaltando a chiacchiere storia, arte, paesaggi e virtù della terra e del popolo cui appartengono? Cuore ingrato, quello degli evasori. Da parte loro, Parlamento e Governo hanno il sacrosanto dovere di riaffermare con forza il principio solidaristico e tutelare, con lo strumento legislativo, quel che resta dello Stato sociale di keynesiana memoria, specie incentivando le giovani coppie a crearsi un nido e mettere al mondo pargoli che sappiano far crescere non solo i livelli demografici, ma la stessa speranza in un futuro meno inquietante. E pensare che, per la ripresa del ciclo economico, basterebbe il recupero del 50% dei denari illegalmente sottratti al fisco.