Di AMAR – Raffaello Sanzio da Urbino, il “pennello divino”, del quale il mondo della cultura celebra, nel 2020, i cinque secoli dalla morte. Raffaello e le numerosa tracce di arte e di vita che di lui l’Umbria conserva. A Città di Castello ed a Perugia dove fu allievo nella bottega di Pietro Vannucci, il Perugino (nato a Città della Pieve). E’ stato l’ artista capace di dipingere imitando alla perfezione la bellezza del creato. Sulla sua tomba al Pantheon sta scritto: Qui giace quel Raffaello del quale, quand’era in vita, Madre Natura temette di essere vinta e, mentre moriva, di morire con lui.
Quattro le sue opere per le Chiese di Città di Castello, tre delle quali conservate altrove. Sono: l’Incoronazione di S. Nicola da Tolentino, la Crocifissione Gavari, il Gonfalone della Santissima Trinità, lo Sposalizio della Vergine, quest’ultimo all’Accademia di Brera. Si tratta di un olio su tavola firmato Raphael Urbinas e datato MDIIII (1504). Ha una estrema somiglianza con analogo Sposalizio della Vergine dipinto dal Perugino. Non pochi furono i pittori locali che subirono l’influsso innovatore del modello artistico di Raffaello. Nacque – come scrisse il Vasari – “in Urbino, città notissima in Italia, l’anno 1483, in Venerdì Santo, alle ore tre di notte.” Ed è morto a Roma quando aveva soltanto 37 anni, nel 1520.
Stava realizzando i celebri affreschi di Villa Chigi e pretese, al suo fianco, la bella Margherita Luti, nota come la Fornarina, perché figlia di un fornaio romano, un volto riconoscibile in alcuni dipinti dell’urbinate, immortalata in diversi ritratti. Del loro incontro, Aleardo Aleardi scrisse: “Il sapiente sguardo il cavaliero affisse lungamente in quella grazia di Dio: notando la superba leggiadria de le forme e il crine e il labbro tumidetto e le molli ombre e la varia ingenuità delle virginee pose”. Ma, gli amori di Raffaelle furono più d’uno. Addirittura, si disse che la scomparsa avvenne “per febbre acuta conseguente a disordinati eccessi carnali”. Aveva dalla sua parte altre doti oltre quelle del pittore; “in lui risplendevano – annota il Vasari – tutte le egregie virtù dell’animo, grazia, studio, bellezza, modestia e costumi buoni”. Lo aiutarono non poco ad emergere nell’ambiente assai competitivo della Firenze e della Roma dell’epoca.
A 17 anni, lo chiamarono magister, avendo già raggiunto un elevato livello professionale, che si legge nella intensa spiritualità di tante immagini. La sorella del Duca di Urbino, una Montefeltro, scrisse per lui la lettera di presentazione che lo introdusse nel mondo dorato di Firenze. A Roma lo chiamò il Pontefice Giulio II della Rovere e gli affidò l’incarico di decorare le Stanze Vaticane (della Segnatura, di Eliodoro, dell’incendio di Borgo, di Costantino). Attorno alla Corte papale c’erano pure Bramante, Signorelli e Michelangelo, intento quest’ultimo ad affrescare la Cappella Sistina; tra questi geni, non mancarono le “gelosie artistiche”. Scrisse lo stesso Buonarroti: “Tutte le discordie tra Papa Julio e me, fu l’invidia del Bramante e di Raffaello da Urbino”. Il Bramante morì nel 1514 e Leone X, succeduto a Giulio, affidò a Raffaello l’incarico di soprintendente alla Fabbrica di S. Pietro. Alla costruzione della più grande Chiesa del mondo, iniziata nel 1506 (consacrata nel 1626, sotto il Pontificato di Urbano VIII) lavorarono “monumenti” della cultura rinascimentale. Venne eretta al posto dell’altra dedicata, 1200 anni prima, dall’Imperatore romano Costantino all’Apostolo Pietro, crocefisso e sepolto nel Circo di Caligola, durante le persecuzioni dei cristiani ad opera di Nerone.
Le ingenti risorse economiche, indispensabili per realizzare la Basilica vaticana, indussero il Papa a cercare nuove fonti di finanziamento. La vendita delle indulgenze era pratica presente in Europa. E lui se ne inventò una addirittura “plenaria”. Insomma, chi aveva all’anima sua peccati che lo avrebbero fatto finire tra le fiamme dell’inferno, poteva guadagnarsi le delizie del paradiso, comprando il perdono. Si attivò un mercato sostanzioso con tanti mediatori locali che si davano da fare nell’elargire la completa remissione d’ogni colpa terrena, trattenendo una parte degli utili. Il monaco Martin Lutero, già molto corrucciato per certi costumi della Curia romana alquanto sopra le righe, ritenne colma la misura e scrisse le “95 tesi” di aperta contestazione che – almeno si dice – affisse sul portone della Cattedrale di Wittenberg (1517).
Ebbe così origine, in Germania, lo scisma protestante del secolo XVI. Poi, venne il Concilio di Trento e la Controriforma con lo scopo di dare una ferma risposta ai luterani, precisando verità di fede e rinnovando i metodi di evangelizzazione. Fu Paolo III Farnese, grande mecenate, ma anche incline al nepotismo (aveva 4 figli) a convocare il Concilio nel 1545; la autorevole Assemblea ecumenica si chiuse nel 1563.
Raffaello e la sua figura dominante nel Rinascimento, Raffaello e i Papi: Come già detto, due i suoi contemporanei: Giulio II (il Papa guerriero) e Leone X (secondogenito di Lorenzo il Magnifico) che riempirono i Palazzi Vaticani di opere d’arte. Tra i dipinti di Raffaello ci sono anche il famoso Ritratto di Giulio II, c’è la Madonna del Cardellino, la Scuola di Atene, la Velata, le Madonne Dolci, all’interno di una produzione enorme e di straordinario valore. Insieme ai maestri ai quali ha dato i natali, l’Umbria può mostrare testimonianze di alta scuola perché – durante gli anni 1400 – 1500 – nella regione lavorarono, tanto per nominarne alcuni, oltre a Raffaello, Giovanni di Pietro detto lo Spagna, morto a Spoleto nel 1528, Benozzo Gozzoli, Bartolomeo Caporali, nato e morto a Perugia, Piero della Francesca di Sansepolcro, Luca Signorelli di Cortona, Piermatteo d’Amelia, Masolino da Panicale, Nicolò Alunno, nato e morto a Foligno.
Maggiore collocazione storica hanno avuto: Bernardino di Betto, detto il Pintoricchio, nato a Perugia nel 1452, esponente di grande rilievo della scuola umbra che ha lasciato prove significative del suo talento;. e il già nominato Pietro Vannucci detto il Perugino, nato verso la metà del XV secolo a Città della Pieve (PG). Tenne due rinomate botteghe a Perugia e a Firenze: Da giovane s’era formato nella bottega del Verrocchio insieme a Sandro Botticelli ed a Leonardo da Vinci. Di tutti questi ed altri insigni autori, si trovano oggi tesori d’arte in molte città e borghi della nostra regione e nei musei del mondo.